La Corte d’appello di Brescia ha confermato la sentenza di condanna a 1 anno e 3 mesi e 20mila euro di risarcimento nei confronti dell’ex magistrato Piercamillo Davigo per la vicenda dei verbali di Piero Amara relativi alla Loggia Ungheria. Lo riferisce uno dei legali dell’ex membro del Csm, avvocato davide Steccanella, che aveva chiesto l’assoluzione Davigo. I giudici si sono presi 90 giorni per il deposito delle motivazioni. I legali di Davigo presenteranno ricorso alla Corte di Cassazione. L’ex pm di Mani Pulite è imputato per aver divulgato a Roma ad una dozzina di persone le «notizie riservate» contenute nei verbali dell’ex legale esterno di Eni, Piero Amara, a lui consegnati dal pm milanese su una pen-drive in formato word con «modalità quasi “carbonare”», come si legge nella sentenza di primo grado confermata. «Smarrimento di postura istituzionale» scrissero l’anno scorso i giudici. Davigo avrebbe allargato «la platea dei destinatari della rivelazione».
Fra lui e Storari si è «creato un cortocircuito sinergico reciprocamente fuorviante». Con il secondo – assolto in via definitiva perché «convinto di rivelare informazioni segrete a soggetto deputato a conoscerle» e spinto «in errore nell’interpretazione delle norme che regolano la trasmissione degli atti dalla Procura al Csm» – che sarebbe stato «indotto» dal primo a consegnarli cavalcandone «l’inquietudine interiore». «Numerosi indizi suggeriscono» che Davigo «possa essere stato al corrente del contenuto delle dichiarazioni ancor prima della consegna materiale» si legge in un passaggio della sentenza della prima sezione penale confermata che ha sposato la linea della parte civile, l’ex collega Sebastiano Ardita, inserito da Amara fra i membri di “Ungheria”. Il magistrato siciliano, difeso dall’avvocato Fabio Repici, è convinto che l’ex amico sapesse già almeno dal 3 marzo 2020, giorno della riunione della corrente di Autonomia&Indipendenza al Csm per decidere chi votare al plenum sulla nomina del Procuratore di Roma e data della “spaccatura” definitiva fra gli ex amici. Per la sentenza Davigo utilizzò «l’asserita appartenenza massonica» per «fare terra bruciata» intorno ad Ardita ma non è dimostrato che lo abbia fatto in «ragione di personalismi o di intenti ritorsivi». E’ stato condannato a risarcirlo con 20mila euro.
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