Nella notte degli Oscar la Calabria fa il tifo per Giosuè Greco: in corsa il cortometraggio documentario del regista Sean Wang musicato dal compositore calabrese con base a Los Angeles. Nato nel 1990 a Polistena, in provincia di Reggio Calabria, ha studiato al conservatorio di Vibo Valentia. Nell’estate del 2009, ha partecipato con il suo sassofono a un corso organizzato da Umbria Jazz con i professori del college di musica più grande (e prestigioso) del mondo, il Berklee di Boston. «Al termine dell’esperienza, mi è stata offerta una borsa di studio: il vero passaporto per entrare in quella scuola, che altrimenti è inavvicinabile», ricorda.
Era un sogno che si realizzava: «Fin da piccolo volevo vivere di musica. L’aspetto tecnologico, il lavoro in studio, mi attraeva almeno quanto la composizione vera e propria». Da Berklee Greco esce con un diploma in produzione e ingegneria del suono e subito si trasferisce nella capitale dell’intrattenimento. A Los Angeles, comincia a collaborare con vari studi senza mai accantonare la scrittura, fino a quando accetta di comporre la colonna sonora di un cortometraggio su alcune donne che girano l’India rurale per distribuire assorbenti. Il documentario della regista Rayka Zehtabchi, “Period. End of Sentence.”, vince l’Oscar nel 2019. «È stato un momento cruciale. Uno di quelli che dà senso a tutto», commenta Greco. «Rayka è molto amica di Sean ed è stata lei a fargli il mio nome». Durante la pandemia, Wang ha lasciato Los Angeles per tornare dalla famiglia a Fremont, a sud di San Francisco. In quei mesi, ha frequentato assiduamente la casa in cui la sua Nǎi Nai («nonna paterna», in tawanese) e la sua Wài Pó (nonna materna) vivono insieme, condividendo i calmi rituali di una vita fatta di piccole cose. «Anche la colonna sonora è fatta in casa – scherza Greco – Ho lo studio di registrazione nel mio appartamento. Sean veniva qui, parlavamo, ascoltavamo musica, tra una chiacchierata e un piatto di spaghetti».
La delegazione italiana agli Oscar è finalmente al completo a Los Angeles. E si tratta di un gruppo insolitamente folto. Il 10 marzo Matteo Garrone, che con Io Capitano corre per la statuetta al miglior film internazionale, prenderà posto all’interno del Dolby Theatre insieme ad altre undici persone. Al suo fianco ci saranno gli attori protagonisti Seydou Sarr e Moustapha Fall, insieme a Mamadou Kouassi, il mediatore culturale che oggi vive a Caserta e che con la sua esperienza ha ispirato il film.
I tre giovani non si sono separati dal loro regista durante tutta la campagna hollywoodiana, cominciata con la proiezione di fine ottobre al prestigioso Afi festival, patrocinata dal Consolato e dall’Istituto Italiano di Los Angeles, e finita quando si è chiusa l’ultima tornata di votazioni dei membri dell’Academy of Motion Pictures, il 27 febbraio. In mezzo, decine e decine di proiezioni con dibattito finale a cui i ‘fantastici quattro’ di Io Capitano hanno partecipato con generosa e costante dedizione. Negli ultimi giorni, gli impegni legati al film si sono diradati, lasciando più spazio per la vita in città. Giovedì sera amici, familiari e produttori arrivati in forze per sostenere Io Capitano si sono ritrovati per una cena in un ristorante italiano: “Volevamo ringraziarvi tutti – ha detto Garrone, al momento del brindisi -. Domenica, come andrà, andrà. Noi siamo felici di aver vissuto questa esperienza tutti insieme. Nel corso di questi mesi, siamo diventati più che colleghi o collaboratori. Siamo una famiglia”. “Siamo qui tutti insieme: persone che vengono dall’Africa, dall’America, dall’Europa. proprio come per fare questo film. È così che vogliamo il mondo, il futuro”, ha chiosato Kouassi.
Poi appuntamento per tutti sul campo di pallone, per una sfida a calcetto che venerdì mattina ha concluso in modo giocoso e rilassato la lunga permanenza in città. Di sera, l’ultimo appuntamento ufficiale per il regista: Garrone ha partecipato al Museo dell’Academy a una tavola rotonda con gli altri quattro film stranieri in concorso. A gestire appuntamenti, spostamenti, interventi pubblici e interviste, Guendalina Folador, della Archimede Film, la casa di produzione di Garrone. Anche lei domani calcherà il tappeto rosso più famoso del cinema. Ci saranno poi Paolo del Brocco di Rai Cinema, che ha fatto avanti indietro tra Roma, Berlino e Los Angeles negli ultimi mesi (“Ce l’abbiamo messa tutta, con risorse limitate e nessuna distribuzione imponente alle spalle”), e il co-produttore francese Ardavan Safaee di Pathé. Due poltrone sono riservate per la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, e la presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia, appena arrivate da Roma. “Forte di mesi di incoraggianti traguardi e successi, l’Italia del cinema – dice Borgonzoni, impegnata a Los Angeles in una serie di incontri con gli operatori del cinema e dell’audiovisivo americani – è sotto i riflettori del mondo. Dobbiamo sfruttare al meglio questa stagione straordinaria. Andremo a presentare i nostri punti di forza, supportati dagli strumenti messi in campo dal governo per la crescita del settore. Temi di discussione saranno il nuovo tax credit pensato dal ministero della Cultura per migliorare il sistema dell’audiovisivo e i titoli che saranno presenti questa estate nelle sale”. Per la sottosegretaria, “arrivare nella cinquina è già un grandissimo successo, considerando il confronto con titoli che avevano distributori fortissimi alle spalle. Incrociamo le dita per Io Capitano di Matteo Garrone”.
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