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la ‘ndrina lombarda

‘Ndrangheta a Milano, i riti svelati dal boss e il libro “misterioso” delle regole. «Non ricordo dov’è, è nascosto»

Tra le carte dell’inchiesta della Dda l’intercettazione in cui Giacobbe illustra i vecchi rituali

Pubblicato il: 29/04/2024 – 6:36
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta a Milano, i riti svelati dal boss e il libro “misterioso” delle regole. «Non ricordo dov’è, è nascosto»

MILANO «…una zampa di cavallo alla romana, dove si forma la società si deve sedere con cinque ramoscelli nella mano destra e con cinque nella mano sinistra con parole d’omertà è formata ‘sta onorata società!». «…forma la società dell’invisibile montagna d’oro e bastone d’argento con la società in testa al capo crimine ‘ndrina… lo sapete chi è? È in nome della nostra Santa Santissima Annunziata, la società…». Frasi apparentemente senza senso, parole e formule di riti arcaici, fondamenta di una ‘ndrangheta che pare lontanissima nel tempo. Riemersa, invece, in un dialogo che gli inquirenti della Distrettuale antimafia di Milano sono riusciti ad intercettare, fornendo uno spunto investigativo eccezionale.

Formule e rituali

A formularla è Salvatore Giacobbe, volto “storico” della ‘ndrina milanese al centro della recente inchiesta che, su ordine del gip, ha portato all’arresto di 14 soggetti. È il 16 febbraio del 2020 e il presunto boss si trova – come sempre – al “Baldassarre Cafè” quando illustra a Giovanni Caridi, altro indagato nell’inchiesta, «formule e rituali» scrive il gip nell’ordinanza ma apprende anche della recente scarcerazione di Mimmo Paviglianiti. «Mimmo Paviglianiti è uscito pure!» dice poi uno dei presenti. «E allora me lo ha detto Santi ah! Perché Livio non è passato per niente!» risponde Giacobbe, «ma è là sotto? O qua? Da suo fratello?» chiede poi. «Bravo! Sono contento che è uscito!». Poi l’uomo gli spiega ancora: «Santo mi ha detto “Tonino quando volete venire, venite con Mimmo lui sa dove sta…” “da Santo e poi con Santo possiamo andare a salutarlo… mi pare male andare a mani vuote…».

«Nostra Santa Santissima Annunziata, la società»

Come riporta il gip nell’ordinanza, “Mimmo” è da intendersi Domenico Paviglianiti, «boss pluriomicida legato alla cosca De Stefano che, quando fu estradato dalla Spagna, quest’ultima chiese di non condannarlo poiché il Paese non prevedeva a quel tempo l’ergastolo». Il gruppo continua a discutere di varie vicende, tutte riportate nell’ordinanza firmata dal gip: parlano di un bar a Gioia Tauro, una stradina che passa proprio davanti ad una casa di proprietà di Salvatore Giacobbe. Ma, quest’ultimo, «improvvisamente declama un rito della ‘ndrangheta», annota il gip, divertendo in un certo modo i presenti. «(…) le sa tutte!» dice Caridi «(…) sì, ma sono cose vecchie che sa! Per tenerle a mente… e poi ce n’è eh! Tante!». Ma Giacobbe non si ferma: «(…) forma la società dell’invisibile montagna d’oro e bastone d’argento con la società in testa al capo crimine ‘ndrina… lo sapete chi è?» chiede, «è in nome della nostra Santa Santissima Annunziata, la società». E ancora: «(…) quando formano “i stiddi”… quando formano i capi della ‘ndrangheta… dividono i paesi… quando formano loro, formano tutte le punte… li chiamano ‘ndrine… ancora tutt’ora è così!». A questo punto Caridi si incuriosisce: «Il “picciotto” è il primo step, giusto?» e Giacobbe gli fa eco: «uomo d’onore è uno che non era il figlio del malandrino… che suo padre era malandrino e pure suo nonno era malandrino… era un “Contrasto” …».


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Il libro delle regole

Come riporta ancora il gip nell’ordinanza, lo slancio di Giacobbe non si ferma e continua, anzi, a recitare un altro rito di ‘ndrangheta. «… il cuore mi taglierei non so parlare, dei nostri sogni lontani…e tu lo sai… il nostro compagno di sangue… la parola era che la… cosa si scuriva, no? Tipo una carta!». E ancora: «… davanti a me guarda che ho trovato in questa locale… da piccolino, guarda però le cose… poi là il Tribunale decide e gli dà 15 giorni, 20 giorni, un mese…». Nel corso della conversazione Giacobbe quasi si giustifica di aver dimenticato qualche passaggio e, soprattutto, parla di una sorta di “libro”. «… io ora perché non sono più allenato ma ora appena mi viene l’allenamento in testa… non mi ricordo dove è…. è nascosto… l’ho dato ad Enzo… che l’aveva nascosto… non mi ricordo… lui ce l’ha il posto». E ancora: «… poi tutte le regole che… le regole che avevo… che sapevo io che a mano a mano durante tutta la mia vita li raccontavano pure gli altri…». A proposito del misterioso libro, evidentemente all’interno sono riportate una serie di riti e “regole” di ‘ndrangheta perché, come riporta il gip nell’ordinanza, Caridi dice: «… me lo leggo e lo nascondo poi… e poi ve lo ridò…» e Giacobbe replica ancora: «Là ti spiega pure come… ma per ogni cosa ce n’è… quando ti alzi dalla sedia, quando non ti alzi, quando entri sì! Poi magari uno si conosce certo… va bene… però ogni tanto si domanda entrare, non entrare…».

Cultura della ‘ndrangheta interiorizzata

Per il gip, dunque, la conversazione intercettata «non solo contiene dichiarazioni autoaccusatorie, ma è valida per la sua assoluta chiarezza a delineare più che la natura, quella che potrebbe essere definita la stessa “essenza” mafiosa del gruppo». Da quanto emerso, infatti, non si tratta di «una compagine di calabresi traferiti al nord che, nel delinquere, vogliono semplicemente emulare o scimmiottare atteggiamenti e metodi dei boss della propria terra di origine» annota il gip nell’ordinanza, ma si tratta di soggetti che «hanno culturalmente interiorizzato e condiviso tutto quel nucleo di regole e rituali della ‘ndrangheta più profonda e tradizionale» che costituisce la base stessa su cui i Giacobbe «hanno solidamente costruito – e soprattutto mantenuto – sia le gerarchie interne della propria compagine criminale che, e non secondariamente, i rapporti e le gerarchie “esterne” con altri gruppi criminali». (g.curcio@corrierecal.it)

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