CUTRO Il Tar della Calabria ha annullato un’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Crotone nei confronti di un’impresa, avente sede legale a Cutro e sede operativa in Emilia Romagna, valorizzando il principio che la presenza di rapporti di parentela controindicati non è sufficiente a fondare il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione. Il Tar ha accolto, in tal senso, il ricorso proposto dall’avvocato Gaetano Liperoti chiarendo che «il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata non basta, di per sé, a dare conto del tentativo di infiltrazione – non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell’impresa – ma occorre che l’informativa antimafia indichi, oltre al rapporto di parentela, anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l’autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l’impresa esercitata da loro congiunti». Nel caso di specie, invece, l’interdittiva è stata emessa sulla base di un rapporto di affinità e sulla considerazione che la sede operativa si trovasse in un territorio, quello emiliano, sottoposto al raggio di operatività della cosca cutrese. «Le interdittive antimafia – commenta l’avvocato Gaetano Liperoti – sono un valido strumento di prevenzione volto ad evitare il rischio che la pubblica amministrazione possa essere infiltrata dalle consorterie criminali; viste le rilevanti conseguenze che tali provvedimenti provocano nei confronti delle aziende destinatarie, è stato affermato in giurisprudenza che i rapporti di parentela controindicati non possono essere sufficienti a dedurre l’esistenza di un rischio di condizionamento mafioso». La sentenza, depositata il 29 aprile 2024, è stata emessa dalla Sezione Prima del Tar di Catanzaro, con collegio composto dal presidente Giancarlo Pennetti e dai giudici Arturo Levato (estensore) e Domenico Gaglioti.
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