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“giochiamo d’anticipo”

Grimaldi: «Raccontiamo 150 anni di storia italiana attraverso i cimeli della Nazionale di calcio»

Le parole del curatore (nonché scrittore e giornalista) della mostra “Un Secolo d’Azzurro” organizzata a Reggio Calabria dal Corriere e dall’Università Mediterranea

Pubblicato il: 21/05/2024 – 10:52
di Francesco Veltri
Grimaldi: «Raccontiamo 150 anni di storia italiana attraverso i cimeli della Nazionale di calcio»

Mauro Grimaldi è un giornalista sportivo e uno scrittore che può vantare numerose pubblicazioni sul calcio. Ha ricoperto diversi incarichi di prestigio nel Coni e in Federcalcio (attualmente è Amministratore delegato della Federcalcio Servizi e presidente del centro tecnico Federale di Coverciano). È lui il curatore della mostra “Un Secolo d’Azzurro”, la più grande rassegna storica ed antologica sulla Nazionale italiana di calcio che inaugurerà la rassegna di incontri e mostre organizzata dal Corriere della Calabria dal titolo “Giochiamo d’anticipo”.
L’evento si terrà dal 24 al 29 maggio all’Università Mediterranea di Reggio Calabria (partner dell’iniziativa) e vedrà la presenza di istituzioni, medici, docenti, sportivi e pazienti che attraverso una serie di incontri racconteranno lo sport sotto vari aspetti, anche come strumento di prevenzione contro il rischio di neoplasie.
La mostra itinerante (promossa dal 2017 dalla Associazione S.Anna di Aldo Rossi Merighi e Sabrina Trombetti, che è Rappresentata di Interessi alla Camera dei Deputati per lo Sport e il Terzo Settore, e patrocinata da Figc, Anci, Aic, Aiac e Adicosp), ha già toccato diverse tra le maggiori città della penisola, comprende oltre 500 cimeli che ripercorrono 150 anni di storia calcistica italiana e non solo. Dalle casacche, gli scarpini e i palloni degli anni ’30, quelli che portarono in Italia due Mondiali, alle divise indossate da Gianni Rivera, Paolo Rossi, Roberto Baggio, Alex Del Piero, Francesco Totti e Gianluca Vialli, fino ad arrivare a quella del centenario di Paolo Maldini e a quella di esordio a Francia 98 di Gigi Buffon. E poi ancora giornali, documenti, giochi di ogni epoca e tante curiosità.
«Noi decliniamo il calcio sotto forme diverse – ha affermato Grimaldi al Corriere della Calabria – come cultura, didattica, formazione, come aggregazione e socialità, per cui abbiamo pensato di raccontare attraverso un pallone che diventa voce narrante, la storia d’Italia. Non è un caso che attraverso questo evento di Reggio Calabria lo sport più popolare in Italia che attira a sé migliaia di giovani, venga unito a un tema essenziale qual è prevenzione, volta ad anticipare l’insorgere di determinate patologie».

Una mostra non solo per appassionati di calcio.
«Ho visto tantissimi adulti, molti dei quali non tifosi, interessarsi a questa iniziativa. Noi ovviamente ci rivolgiamo soprattutto alle scuole e ai ragazzi informandoli sulle vicende politiche e storiche, dalla monarchia al fascismo, fino alla Repubblica, attraverso le imprese della nazionale, dei loro protagonisti molti dei quali sono diventati dei veri e propri miti, e tutto quello che rappresenta oggi il calcio in Italia e che ha sempre rappresentato in tutte le epoche. Per fare questo ho scritto una trilogia di libri dal titolo “Storie d’Italia, del calcio e della Nazionale” (edito da Dfg Lab, ndr), proprio per far sì che i ragazzi che non conoscono la storia d’Italia possano recuperare questa lacuna grazie al calcio. Alle nostre mostre vengono anche studenti delle medie e delle elementari che si incuriosiscono e fanno domande di ogni genere».

Una mostra con tantissimo materiale delle due vittorie mondiali in epoca fascista dell’Italia di Vittorio Pozzo, ct che lei ha raccontato più volte nei suoi libri.
«Le imprese sportive della Nazionale di quel periodo storico vanno sicuramente lette. Negli anni ’30 si viveva un periodo nazionalista molto forte e quella Nazionale era funzionale all’immagine del fascismo e alla sua propaganda. Il fascismo investì moltissimo sul calcio e su quei valori e, non a caso, le riforme fatte dal regime, i campi sportivi che costruì, la selezione che fece delle persone con al centro il perfetto italiano, e l’attaccamento alla maglia dal punto di vista patriottico, puntavano molto sui valori nazionalisti. Insomma, la gente ci credeva veramente. Quella Nazionale, seppure appartenente a un periodo controverso, ancora oggi resta quella che ha vinto più di tutti, così come lo stesso Pozzo con due mondiali e un’Olimpiade di fila».

Anche oggi come allora in Nazionale ci sono i cosiddetti oriundi.
«Come la storia, anche il calcio è fatto di corsi e ricorsi. La lettura di quello che succede oggi è la stessa di quello che si è verificato nel tempo. Gli oriundi di allora erano i figli della prima generazione di emigrati italiani all’estero e il fascismo, con l’intento di creare una nuova Italia, li fece ritornare, almeno questa era la retorica del regime. Poi, ovviamente, le ragioni erano altre. Questa storia degli oriundi che partono negli anni ’30, ma anche ’50 e ’60, come ad esempio Sivori e Altafini, credo che ancora oggi sia un fenomeno da perseguire. Penso anche allo Ius Soli, oggi sono più italiani tanti stranieri nati nel nostro territorio che altri».

La mostra raccoglie oltre 500 cimeli che raccontano i cambiamenti culturali e di costume del nostro Paese. Cosa devono aspettarsi i visitatori che verranno a visitarla a Reggio Calabria?
«Si tratta di una mostra a 360 gradi, racconta la storia di 150 anni d’Italia e non solo attraverso una maglietta o un pallone. Ci sono anche documenti e giornali che fanno comprendere come funzionava la stampa sportiva nel passato, i primi quotidiani “La Gazzetta Sportiva”, “Il Calcio Illustrato” e il linguaggio che è cambiato nel tempo. I giornali del 1900 dedicavano al calcio trafiletti di dieci righe, questo rende l’idea dell’evoluzione che ha avuto questo sport anche nella comunicazione. Insomma, chi verrà a Reggio dovrà essere pronto a una full immersion emozionante e coinvolgente».

La particolarità di questa mostra è che i cimeli potranno essere toccati e non solo osservati.
«È vero, i visitatori saranno introdotti un po’ alla volta dentro gli eventi della storia e potranno avvicinarsi ai protagonisti toccando con mano le maglie, i palloni e tutto il resto. Toccare gli scarpini chiodati del passato o le magliette degli anni ’40 e ‘50 prima di toccare le più recenti che pesano 70 grammi, o ancora vedere il pallone del 1800 che era lavorato in maniera artigianale e poi confrontarlo con quelli di oggi che sono perfetti, fa comprendere tanto del nostro percorso culturale e storico ed è interessante, soprattutto per i più giovani».

Lei ha scritto tanto di calcio e di nazionale, c’è un oggetto in particolare che le provoca maggiore emozione?
«Senza dubbio il pallone del 1934, il “Federale 102” ritrovato da pochissimo e utilizzato nella finale tra Italia e Cecoslovacchia. La sua storia ovviamente è legata al fascismo. Mussolini quell’anno lo fece costruire per i Mondiali in Italia, un pallone che non valeva niente, e infatti molte gare si giocarono con lo “Zig Zag” inglese. Poi c’è anche il mitico pallone della cosiddetta “battaglia di Highbury” tra Inghilterra e Italia sempre del 1934. Insomma, la gente nell’ammirarli rimarrà a bocca aperta, ne sono certo».

La Calabria nella sua storia ha fornito un buon contributo alla Nazionale, penso recentemente a Fiore, Berardi, i campioni del mondo Gattuso, Iaquinta e Perrotta che inaugurerà la mostra.
«Sì, Simone Perrotta sarà con noi il 24 maggio e sono contento di questo, si tratta di un grande calciatore e un esempio per i ragazzi. La Calabria ha dato alla Nazionale tantissimi calciatori di talento con valori sani, genuini, campioni del mondo e d’Europa. Io ho raccontato come fino a un certo punto della storia i calciatori della Nazionale siano stati solo del nord, dopo un po’ si è iniziato ad aprire al sud e i risultati sono stati davvero ottimi. Ecco, prendere parte a questa mostra significa conoscere bene le imprese del nostro calcio e capire anche con quanto lavoro e sacrifici sono state raggiunte». (f.veltri@corrierecal.it)

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