“Difendere la fertilità dall’inquinamento” è il titolo dell’ultimo congresso siculo-calabro della S.I.R.U., acronimo che indica la Società Italiana della riproduzione umana, inclusa nell’Elenco delle Società scientifiche predisposto dal Ministero della Salute e che si occupa della procreazione assistita, intesa come l’insieme delle procedure diagnostiche e terapeutiche nonché delle metodiche dirette a prevenire, curare e risolvere i problemi della infertilità e della salute riproduttiva della persona.
A Messina, pochi giorni fa, ricercatori ed esperti provenienti da ogni parte d’Italia hanno focalizzato l’attenzione sul legame esistente tra inquinamento e fertilità con evidenze scientifiche preoccupanti: «ci sono un serie di fattori inquinanti – spiega Emanuele Ruvio, sostituto coordinatore SIRU Calabria – che riguardano e coinvolgono la fertilità». Nell’incontro di Messina, grazie al contributo di approfondite relazione da parte di endocrinologi e ginecologi dell’Università di Catania, è emerso come le micropaticelle di plastica hanno un effetto sulla fertilità alterando i liquidi seminali e quindi anche gli spermatozoi. Esistono proiezioni precise, se non mettiamo mano al tema dell’inquinamento ambientale, dalla catena alimentare a tutto il resto, c’è la possibilità che fra 40-50 anni gli spermatozoi non feconderanno più e gli ovociti saranno infertili. Sembra fantascienza ma in termini di proiezione possiamo spingerli a parlare di estinzione della specie umana».
Il tema e le proiezione citate appaiono inquietanti. «Concordo – sottolinea Ruvio – è molto inquietante nel senso che noi oggi ragioniamo di proiezioni ma lo scenario potrebbe trasformarsi in realtà se non correggiamo i nostri comportamenti rispettando l’ambiente in cui viviamo».
Sulla fertilità e sui fenomeni che la riguardano gli studi sono continui «allo stato – aggiunge Ruvio – c’è uno studio avviato in Sicilia ma è imminente la partenza di un progetto interregionale che riguarderà Calabria, Basilicata, Puglia, la terra dei fuochi in Campania, e Sicilia. D’altro canto, i siti fortemente inquinati sono numerosi, in Sicilia c’è l’ex stabilimento petrolchimico di Gela, Milazzo e Augusta, in Calabria la Pertusola a Crotone, per non parlare poi della terra dei fuochi. Presto proprio a Crotone organizzeremo un altro convegno scientifico dedicato a questi temi».
E che la natalità sia una emergenza nazionale lo dimostrano i numeri «le nascite in Italia sono in calo – sottolinea Ruvio – e ciò è dovuto a concomitanti fattori, tra cui ovviamente quello economico e sociale». Sulla fertilità e sui servizi offerti il sostituto coordinatore della SIRU sviluppa un ragionamento specifico sulla nostra regione «per le donne che vogliono intraprendere un percorso di fertilità e vogliono affrontare la PMA, la procreazione medico assistita, la Regione – evidenzia Ruvio – spende 9 milioni di euro a beneficio di altre come la Toscana, l’Emilia Romagna e la Lombardia, un buon numero di donne va invece verso la Spagna o altre nazioni». «La ragione – continua Ruvio – è che in Calabria esistono dei centri privati per la procreazione medico assistita, uno a Gioia Tauro e l’altro a Lamezia Terme, ma riescono a soddisfare solo parte della domanda».
Un aspetto singolare se si considera che in realtà proprio la nostra regione avrebbe caratteristiche tali da giustificare più investimenti «pensi – aggiunge Ruvio – che in Calabria clima ed alimentazione sono ideali per la fertilità, esistono casi a Gioia Tauro ma anche a Cosenza di donne provenienti dagli Stati Uniti o dalla Spagna che sono venute in Calabria per diventare fertili. Abbiamo presentato al Presidente e Commissario Occhiuto un dossier per la mappatura della procreazione medica assistita ed attualmente si sta attivando il percorso in funzione dei Livelli Essenziali d Assistenza.
Fino al 1 gennaio del 2025 tutti i ginecologi calabresi o i centri che vogliono attrezzarsi alla PMA, devono fare in modo di essere in linea con le procedure del Centro Nazionale Trapianti e dotarsi di funzioni e standard di qualità per essere poi accreditati. «Ricordiamo – prosegue Ruvio – che se questi servizi partono all’interno del contesto dei LEA ogni donna, anziché pagare per sé le spese per la procreazione medica assistita, avrà un budget di 2.565 euro».
Sulla cornice normativa nazionale, invece, la SIRU sta premendo per una modifica legislativa «tutto è disciplinato dalla legge 40, parliamo di una norma che ormai è in vigore da circa tre decenni e come società scientifica stiamo lavorando affinché il legislatore si determini verso una riforma. Il principio deve essere chiaro, al di là delle dinamiche sociali e delle convinzioni religiose va legittimata e sostenuta la libertà di avere un figlio, se una donna è motivata la scienza deve garantire soluzioni che le consentano di essere madre». (redazione@corrierecal.it)
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