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Il “metodo” Pnrr, i salari bassi e il caso Calabria

L’analisi del Corriere che pone l’accento sull’organizzazione degli acquedotti nella nostra regione

Pubblicato il: 27/05/2024 – 11:46
Il “metodo” Pnrr, i salari bassi e il caso Calabria

Dopo l’uscita dal Covid (periodo in cui il Pil aumentò del 6% nel 2021 e del 4% nel 2022) il rimbalzo dell’economia italiana si è esaurito nel 2023 con conseguente crescita tornata quest’anno sotto l’1%. Il governo prevede più 1%, il Fondo monetario internazionale più 0,7, la Commissione europea più 0,9. È quanto viene evidenziato in una analisi del Corriere della Sera a cura di Francesco Giavazzi che sottolinea come nel 2024 la crescita dipenderà quasi esclusivamente dal Pnrr e dalla capacità del Paese di portare a termine quanto previsto dal piano. Non è però così scontato che l’effetto del Pnrr – 220 miliardi in 5 anni – si esaurisca quando finiranno gli investimenti e si attueranno le riforme. L’obiettivo principale, infatti, era quello di dare respiro all’economia per un periodo molto più lungo di 4-5 anni.
Il Corriere della Sera pone l’accento sull’organizzazione degli acquedotti «in una regione difficile come la Calabria. L’obiettivo era razionalizzare la distribuzione dell’acqua, finora frazionata fra una moltitudine di società idriche locali, tenute in vita solo per garantire posti nei consigli di amministrazione nominati dai sindaci. Il Pnrr ha rimosso il tabù. Nel 2022 una legge regionale ha disciplinato in maniera unitaria l’organizzazione del servizio idrico e di gestione dei rifiuti urbani, creando, per entrambi, un unico ambito territoriale corrispondente al alla regione e gestito da una sola società. Ci vorrà del tempo ma la strada imboccata è quella giusta».
«Il metodo Pnrr, obiettivi e verifiche, è ciò che è mancato al governo – evidenzia il Corriere – nell’affrontare problemi non oggetto del piano. Il livello medio dei salari nelle imprese private è inferiore del 10% rispetto alla Francia e del 20% se confrontato con la Germania». Secondo Marco Leonardi, professore alla Statale di Milano, ciò che manca in Italia sono lavori di qualità: «un lavoro di qualità è tale semplicemente quando è ben pagato. E non c’entra la tassazione: in Germania e in Francia la tassazione è simile, eppure i salari reali sono più alti che in Italia». Il problema è che la situazione sta peggiorando. «Negli ultimi 5 anni, i salari reali in Corea del Sud sono aumentati dell’8 per cento, in Francia sono rimasti stabili e in Germana sono caduti del 4%. Ma in Italia sono caduti del doppio che in Germania. Poiché la crescita di un’economia dipende in gran parte dai consumi delle famiglie, è evidente che se il potere di acquisto dei salari scende, l’economia si contrae». Scrive Leonardi: «Se si hanno imprese troppo piccole, avremo relativamente pochi lavori di qualità. Per decine di anni abbiamo provato invano ad aumentare la dimensione delle nostre aziende, ma continuiamo ad avere imprese troppo piccole e produzioni non abbastanza tecnologiche, anche se vi sono nicchie di eccellenza, soprattutto nella manifattura». Un’altra spiegazione è che in Europa in generale, e in Italia in particolare, nascono troppo poche aziende.

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