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L’intervista

Caligiuri: «Povertà educativa elevata? Occorre un patto per la Calabria»

Il direttore dell’Osservatorio sulle Politiche Educative dell’Eurispes: «È necessario cercare di migliorare la qualità del corpo docente»

Pubblicato il: 31/05/2024 – 10:48
di Roberto De Santo
Caligiuri: «Povertà educativa elevata? Occorre un patto per la Calabria»

COSENZA Una vera e propria emergenza che sfugge all’attenzione della politica. Visto che sembra non rientrare nell’agenda nazionale degli interventi da compiere. Manca una strategia di lungo periodo, ma sembrano essere assenti azioni per fronteggiare anche i bisogni attuali che il mondo scolastico ed universitario rivendica. E le conseguenze più vistose si riversano sulla qualità della formazione dei giovani che si tramutano in forti lacune tra gli studenti sia delle superiori, ma anche degli atenei.
Un allarme lanciato, da ultimo dall’Eurispes, che nel “Rapporto sulla scuola e l’università” denuncia un quadro disarmante sullo stato di salute del sistema di formazione. Un dato su tutti. «Nell’88,9% dei casi – si legge nel rapporto – gli insegnanti lamentano carenze “molto” e “abbastanza” importanti nella preparazione generale degli studenti in ortografia e sintassi, il 90% lamenta carenze nella capacità di scrittura, l’86,9% carenze nello sviluppo logico dei temi, mentre la proprietà e la varietà del linguaggio sono carenti secondo il 93,4% dei docenti interpellati».
Un quadro disarmante che fa il paio con i risultati pubblicati nei giorni scorsi sempre dallo stesso Istituto che si occupa di studi politici, economici e sociali, ed operante nel campo della ricerca politica, economica, sociale e della formazione.

I dati calabresi

I dati interessano particolarmente da vicino la Calabria che risulta tra quelle con il maggior tasso di povertà educativa. Stando ai dati raccolti nel rapporto “L’Italia al bivio”, gli analisti dell’Eurispes rilevano che la Calabria registra una quota elevata di adulti con basso livello di istruzione. Con il tasso del 44% di questo indicatore la regione è seconda nella triste classifica preceduta solo dalla Sicilia (48%). Ma non solo, meno di un quarto della popolazione (per l’esattezza il 23,5%) in Calabria risulta in possesso di una laurea. Ed anche in questo caso, solo la Sicilia si piazza peggio: 18% dei siciliani laureati. Ampiamente al di sotto della media nazionale.
Un divario che si manifesta anche per l’alto tasso di dispersione scolastica e per i bassi livelli di apprendimento. Così emerge che oltre 4 studenti calabresi degli istituti superiori su dieci non raggiunge la fascia di adeguatezza in Italiano.
Numeri che indicano quanto sia ancor più delicata la situazione nella regione dove il livello di povertà educativa raggiunge così punte decisamente allarmati. Ne è pienamente convinto Mario Caligiuri, docente di Pedagogia della comunicazione all’Università della Calabria dove è stato fino all’anno scorso coordinatore del corso di laurea in scienze dell’Educazione. Il professore – che è anche direttore dell’Osservatorio sulle Politiche Educative dell’Eurispes – punta l’indice soprattutto sulla qualità di insegnamento offerta dal corpo docente. Un problema, tiene a precisare, che non è l’unica causa dell’attuale situazione ma ne costituisce un elemento «importante». E non riguarda solo la Calabria.

Mario Caligiuri, docente Unical e direttore dell’Osservatorio sulle Politiche Educative dell’Eurispes

Professore, la Calabria continua a risultare tra le regioni con maggiori indici di povertà educativa. Cosa comporta?
«Innanzitutto occorre definire bene in cosa consiste la povertà educativa. Si tratta cioè della mancanza di occasioni di formazione per le giovani generazioni. È un problema certamente nazionale ma che trova nelle regioni regionali e in Calabria, in particolare, indici molto alti. Ed è un dato decisamente preoccupante perché in base al livello di diffusione della povertà educativa si può stabilire, ad esempio, chi tra 10 o 15 anni con molta probabilità potrebbe delinquere. Secondo una ricerca effettuata nella periferia di Napoli, è emerso che i figli di genitori con un basso tasso di scolarizzazione e che hanno continuità con la camorra, che hanno dei familiari arrestati, hanno una possibilità di delinquere enormemente più alta rispetto a quella dei loro coetanei che vivono nella stessa città. Questo indica la dimensione di quanto sia importante assicurare un alto livello di formazione».

Il disagio economico è tra le cause della povertà educativa diffusa in Calabria

Quell’indice così alto in Calabria è frutto del disagio economico o c’è dell’altro?
«È causato da un insieme di fattori. Sicuramente incide il fattore storico, non c’è dubbio. Così come incide il fattore economico, il tasso alto di criminalità diffuso, la debolezza delle istituzioni democratiche. Ma incide anche il livello di irresponsabilità che dimostra la classe docente. Dunque non è un fattore unico a creare questa situazione, ma una serie di elementi che concorrono tutti insieme. Ad esempio quando parliamo della responsabilità del corpo docente non possiamo generalizzare: ci sono docenti straordinari, ma ci sono anche professori che non stanno attenti nella valutazione dei propri studenti. Un assunto che si percepisce osservando alcuni dati: la Calabria è relegata agli ultimi posti per i bassi livelli di competenze acquisite dai suoi studenti, ma poi magicamente è la regione che detiene record sul numero di diplomi di maturità ottenuti con il massimo dei voti. Questa è una evidente prova di irresponsabilità della classe docente. Ed è una cosa imbarazzante. Non si può attribuire ovviamente tutta la responsabilità alla classe docente, sarebbe ingiusto, ma certamente la classe docente ha concorso a questa anomalia».  

La Calabria registra un alto tasso di dispersione scolastica

E c’è anche un tasso alto di dispersione scolastica. Ritiene che ci sia una scarsa fiducia dei giovani calabresi verso la scuola?
«Non proprio. Il dato lo attribuirei a condizioni culturali, sociali ed economiche in cui vivono i ragazzi, piuttosto che ad una sensazione di diffidenza nei confronti dell’istituzione scolastica. Questo perché nutrire sfiducia significa avere già un tasso di consapevolezza e un alto tasso culturale che non penso si rinvenga in coloro i quali abbandonano gli studi».

Dal vostro osservatorio, quali sono le principali difficoltà delle scuole calabresi che si trovano ad affrontare per garantire delle condizioni ottimali di formazione?
«Guardi, già nel 1966 il sociologo americano James Coleman redisse un rapporto alle Autorità statunitensi sulla situazione educativa nelle scuole delle periferie delle grandi città. In quel rapporto il sociologo evidenziò che mettere in piedi interventi per migliorare la qualità delle strutture scolastiche, dei programmi educativi o delle dotazioni tecnologiche serviva a poco se non si interveniva contemporaneamente sulle condizioni sociali, culturali, abitative ed economiche di partenza degli studenti. Credo che questa deduzione si possa applicare perfettamente alla nostra regione. In più Coleman evidenziava che un solo elemento poteva fare la differenza: la qualità dei docenti. Diciamo che come è di tutta evidenza in linea generale in Calabria questa dote non si rinviene».

Secondo lei il processo di accorpamento e di razionalizzazione delle scuole, in qualche modo sta anche questo incidendo sulla qualità della formazione degli studenti?
«Certamente, perché non è che i problemi del contenimento della spesa educativa si possono risolvere con le politiche di accorpamento, risparmiando cioè con il taglio di un singolo preside o di un direttore amministrativo. Bisogna risparmiare sul numero esorbitante di docenti che vengono inseriti all’interno delle scuole elementari e dei docenti che si continuano ad assumere nelle scuole e nelle università a fronte di un decremento demografico che renderà le aule vuote. Se si continua ad assume docenti con le regole attuali, tra 10-15-20 anni a chi insegneranno? Quindi sono delle assunzioni che comportano un evidente danno all’erario, se non si interviene sulle cause dello spopolamento e della denatalità».

I piccoli centri delle aree interne calabresi sono quelli a più rischio chiusura delle scuole

Ma così c’è un rischio di compressione del diritto allo studio in Calabria, soprattutto nelle aree interne?
«Quel concetto vale soprattutto nelle aree interne. Anche qui occorre pensare alla qualità dell’istruzione e non al dato numerico. Il diritto allo studio viene garantito non dal numero di docenti presenti ma dalla loro preparazione. E la qualità dei docenti è legata alla formazione che questi posseggono, dai metodi di selezione che sono stati adottati per sceglierli e dalle attività di verifiche che vengono svolte. Quindi è chiaro che l’attuale sistema scolastico, non solo in Calabria, ma a livello nazionale presenta grosse criticità».

Il basso livello di formazione impedisce di competere al meglio sul mercato del lavoro

È anche la regione che registra uno dei più alti tassi di adulti con basso livello di istruzione. Eppure il mercato del lavoro richiede sempre maggiore preparazione per competere. Potrebbe anche essere questa una delle cause delle difficoltà delle imprese calabresi a rintracciare profili da assumere?
«Questi sono dati ovvi. Quando hai un basso livello di istruzione finisce per incidere sull’economia, sulla democrazia ma anche sulla capacità della criminalità di infiltrarsi sul tessuto sociale. E questo non riguarda solo la Calabria, ma l’intero Paese».

Esiste una specificità calabrese sotto questo aspetto tutto?
«Sì, perché gli indicatori calabresi educativi sono spesso tra i peggiori d’Italia. Quindi questo è un dato oggettivo confermato da tutte le classifiche. Ma il tema del livello basso di formazione scolastico degli studenti non è esclusivo della Calabria, qui si toccano in alcuni casi, non in tutti, le punte più alte, ma è un problema generale».

Che cosa si può fare per consentire alla Calabria di raggiungere lo standard della media italiana?
«Nel mio ultimo libro “La responsabilità disattesa. L’Università della Calabria e la pedagogia: politiche educative e sottosviluppo nell’Occidente” e che attiene questi aspetti, avanzo la proposta di un patto educativo per la Calabria. Un patto che coinvolga tutte le istituzioni pubbliche, i settori privati, il mondo scolastico ed universitario e che ponga al centro di ogni strategia politica complessiva e regionale, l’educazione. Questa è l’idea che propongo. Certo che ovviamente ci vuole un’iniziativa politica in questa direzione».

Ma è questione di risorse o è questione di volontà politica?
«Io ritengo che la questione attenga più alla sfera politica. Le risorse sono importanti ed in alcuni casi fondamentali, ma da sole non consentono di far raggiungere i risultati. Ci sono degli studi che dimostrano in maniera evidente che, per quanto riguarda l’innovazione sociale, non si può basare solo sulle risorse economiche, ma concorrono altre componenti. E questi aspetti sono costituiti non solo dalle scelte politiche che sono fondamentali, ma anche dalla qualità del capitale umano che opera all’interno dei territori. In questo caso stiamo parlando di docenti, ma non solo di questi».

Secondo Caligiuri, occorre puntare molto sulla formazione del corpo docente

Lei punta molto l’indice sulla questione della qualità del corpo docente
«Certo, questo perché tra le componenti essenziali che concorrono a realizzare una “buona” scuola o una buona università ci sono i docenti. Questo perché la scuola la fanno i docenti così come l’Università, non in maniera esclusiva, ma certamente in maniera prevalente».

Lei parla chiaramente di un investimento nel futuro, ma cosa si può fare per migliorare la situazione attuale?
«Occorre lavorare in prospettiva. Partendo dagli elementi di oggi, è fondamentale cercare di migliorare la qualità del corpo docente. E quindi è necessario intervenire dalle scuole primarie e poi, via via, fino a coinvolgere il corpo docente universitario. L’università, infatti, ha grosse responsabilità. Occorre cioè formare al meglio i docenti del futuro fin dall’inizio della loro formazione. Se si arriva all’università con grosse lacune ad esempio in italiano, difficilmente quelle lacune potranno poi essere colmate. Per questo c’è la necessità di lavorare fin dai primissimi anni di scuola. Non sono passaggi semplici che si possono compiere nel breve periodo, ma sono decisivi. Soprattutto alla luce della metamorfosi che sta subendo l’intera società e che coinvolge conseguentemente il mondo della formazione. L’avvento dell’intelligenza artificiale, infatti, poterà ad uno stravolgimento delle professioni. Molte attività finora svolte dall’uomo scompariranno, quelle che rimarranno dovranno essere fortemente modificate e una piccolissima quota di nuovi lavori sarà svolta da personale iperspecializzato. Per questo occorrerà cambiare rapidamente il sistema della formazione. Questa rivoluzione ovviamente non interesserà solo la Calabria. Ma la nostra regione non potrà rimanere indietro e dovrà adeguarsi ai nuovi paradigmi che la rivoluzione ipertecnologica imporrà all’intera società». (r.desanto@corrierecal.it)

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