COSENZA «Noi siamo il gruppo delle associazioni di volontariato della Provincia di Cosenza, che da almeno 20 anni sostengono, e ricuciono, gli strappi di un sistema sanitario dilaniato, un sistema sanitario che non è stato sufficiente ad elargire prestazioni essenziali e a garantire i livelli essenziali di assistenza ai nostri cittadini. Siamo quelli che hanno colmato le enormi carenze provocate da anni di commissariamenti e mala gestione, siamo quelli che in pandemia non si sono nascosti, e che avete mandato in trincea al grido di eroi. Siamo sempre quei soliti, ad oggi pare, ignoti…che hanno assistito alla vivisezione dei nostri ospedali, del nostro servizio di trasporto sanitario e alla distruzione della sanità Calabrese distrutta da becere vicende politiche… Ci siamo da ieri….da oggi….e forse non domani perché a quanto pare, le persone che abbiamo sostenuto, i distretti che abbiamo aiutato, i dirigenti che grazie a noi hanno potuto erogare servizi essenziali attaccandosi le medaglie ai colletti e ricevendone meriti, oggi non hanno tempo di ascoltarci, non hanno tempo di ascoltare il grido di centinaia di famiglie che senza il nostro aiuto rimarranno a piedi. A piedi nel senso letterale della parola». Inizia così l’esposto presentato dalle Associazioni di volontariato alla Procura di Cosenza, chiamando in causa il Prefetto, i sindaci della Provincia di Cosenza, Miserendino, direttore di Azienda Zero e, tra gli altri, anche il presidente della Regione nonché commissario della sanità calabrese, Roberto Occhiuto.
«Sono anni – scrivono ancora – che denunciamo la questione del mancato rinnovo delle convenzioni, e sono anni che chiediamo e imploriamo gli enti di competenza, di adeguare le convenzioni alla legge del terzo settore. Il codice del terzo settore – Decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 e ss.mm.ii, inquadra finalmente il terzo settore e sancisce le regole dei rapporti tra essi e gli enti pubblici, e, fra le altre cose, disciplina severamente i rapporti economici ad essi legati. Una delle “regole” imprescindibili, prevede che, gli enti del terzo settore che vogliono collaborare con le pubbliche amministrazioni – non possono assolutamente percepire somme forfettarie per l’espletamento del servizio in essere, ma il solo rimborso effettivamente certificato delle spese sostenute – Questo ci porta al primo punto del nostro esposto, le nostre convenzioni con l’ASP di Cosenza sono scadute da anni ormai, prorogate e prorogate e ancora prorogate, sono anni che denunciamo il problema e che chiediamo i rinnovi con adeguamento alla normativa del terzo settore e di conseguenza adeguamento economico. Le pec inviate ai vari settori non si contano più ormai, talmente ne sono state ignorate da chi di competenza, e questo ci porta invece al problema odierno. Il 2024 ha segnato l’avvento di Azienda Zero e del numero unico 112 in Calabria, un passo epocale nelle cronache della nostra mala sanità, e questo passaggio, cui siamo stati invitati a partecipare, ci ha resi fiduciosi che finalmente qualcosa stesse cambiando».
«Ma ben presto – si legge ancora – ci siamo accorti che il vento di cambiamento ci ha solo sfiorati…noi quegli eroi della pandemia. Fiduciosi in questa nuova era, abbiamo iniziato a chiedere incontri con i vari dirigenti dell’ASP di Cosenza e di Azienda Zero, esponendo il nostro problema e sicuri di avere risposte, ma pare che chi di dovere abbia gia deciso che non siamo più utili e di conseguenza decide di ignorare i nostri appelli. Continuiamo a chiedere noi, continuiamo a mandare pec, a pregare letteralmente i vari dirigenti di interessarsi a questo problema del mancato rinnovo delle convenzioni, e di interessarsene subito perché noi associazioni non possiamo più lavorare illegalmente. Ma anche questi appelli non servono a gran che’ in quanto nessuno ci riceve. Un solo piccolo spiraglio di luce lo abbiamo tramite un incontro informale presso la centrale operativa del 118 di Cosenza, dove però il quadro mostrato è tutt’altro rispetto a ciò che immaginavamo. Da eroi, siamo diventati invisibili, da parte integrante del servizio, siamo diventati non più utili».
Nell’esposto, le associazioni incalzano: «Iniziamo a chiedere risposte, a questo punto, Al Presidente della Regione Calabria Occhiuto, fautore del cambiamento e del rinnovo del sistema 118, unico, riteniamo noi, che possa mettere insieme i tasselli e darci modo di spiegare che, se si continua a non rinnovare le nostre convenzioni, saremo costretti ad interrompere il servizio, sia di supporto al 118 sia il trasporto dei dializzati; e sia chiaro, sono anni che evitiamo di arrivare a questa drammatica soluzione, perché noi, siamo quelli che stanno per strada, in casa delle famiglie, al fianco di chi lotta contro la morte e in noi trova un sospiro di sollievo…e sappiamo perfettamente che interrompendo questi servizi essenziali, la tragedia non tarderebbe ad arrivare. Ciò nonostante, oggi ci troviamo tra l’incudine e il martello, lasciamo a piedi tutti, o lavoriamo illegalmente? Il quesito è semplice, la risposta un po meno, soprattutto che non vuole accollarsi responsabilità…la responsabilità di lasciar morire qualcuno. Notoriamente e storicamente in Calabria, le responsabilità si scaricano sempre sull’anello debole del sistema, in questo caso noi, le associazioni di volontariato. È stato scaricato a noi il problema di decidere, tra la vita e la morte delle persone, o essere perseguiti per stare svolgendo illegalmente un servizio di pubblica utilità». «Dopo giorni di riflessioni, non potendo decidere sul da farsi, e, ritenendo di non dover essere noi a prendere tali decisioni, avviamo una manifestazione pacifica davanti la sede della Cittadella Regionale a Germaneto, comunicando, con largo preavviso a tutti gli organi competenti, che, se nessuno ci avesse ricevuto, nostro malgrado avremmo dovuto interrompere il servizio di cui all’oggetto. Le comunicazioni di cui scriviamo, sono certificate e dimostrate per tramite pec, e il preavviso di sospensione del servizio è congruamente comunico alla Centrale operativa 118 di Cosenza, alla Regione Calabria, all’Asp di Cosenza, alla dirigenza di Azienda Zero e alla Prefettura di Cosenza. Lunedi mattina appena arriviamo nella piazzetta antistante l’ingresso degli uffici regionali, ci viene comunicato di dover parcheggiare le ambulanze nel parcheggio, distante dunque dall’ingresso, ci viene spiegato che non possiamo entrare in quanto non prevista la nostra presenza, e ci viene addirittura chiesto di transitare nel bar 2 per volta». «Premesso che non siamo arrivati carichi di pietre, ne armati, ne male intenzionati, e premesso che noi salviamo vite per strada e riteniamo di essere persone per bene, non riusciamo a capire come sia possibile, ricevere un simile trattamento da parte di una dirigenza votata dai cittadini all’interno di un ufficio pubblico cui ci viene limitato l’ingresso a due a due, come fossimo criminali. È doverosa una ulteriore premessa, nei giorni successivi la nostra comunicazione di interruzione del servizio, l’ufficio predisposto di Azienda Zero, ci convoca in una seduta da tenersi giorno 7- giugno C.A. alla presenza del commissario Miserendino. Ovviamente siamo grati di questa convocazione, ma decidiamo comunque di proseguire nella nostra manifestazione, in quanto, pretendiamo che il Presidente della Regione trovi 10 minuti di tempo per ascoltarci, in quanto, il nostro problema non riguarda solo il comparto 118 che Miserendino gestisce, bensi anche il comparto sociale del trasporto dializzati, per il quale Azienda Zero non potrebbe fornirci soluzioni. Ad ogni modo, questa nostra perseveranza viene additata come sfacciataggine, in quanto la Regione dal canto suo ha risolto il problema facendoci incontrare dal commissario di Azienda Zero, e noi siamo stati impertinenti ad andare li comunque, pertanto ci viene chiaramente spiegato,che il Presidente non ci riceverà».
«Quindi, in buona sostanza, chiediamo incontro tramite canali ufficiali e veniamo ignorati, comunichiamo interruzione di servizio e ci dicono che non si può interrompere un pubblico servizio (anche se con convenzioni scadute da anni), proviamo a manifestare e ci viene impedito nonostante è diritto di ogni cittadino, chiediamo di lavorare legalmente e ci viene impedito anche questo. È chiaro che le circostanze non ci sono favorevoli, anzi, ci pongono nella morsa dell’incudine e del martello, una morsa dalla quale non sappiamo come uscire. Questo esposto, seppur un po’ romanzato forse, è la situazione che attualmente viviamo, dopo anni di onorato servizio, dopo promesse non mantenute dopo investimenti fatti con sudore e tanto lavoro, e si…..investimenti…..non si pensi al terzo settore solo come opera Pia, in questi anni le associazioni della Calabria si sono adeguate, sono cresciute, hanno dato lavoro a tante famiglie, a tanti ragazzi che purtroppo fino a qualche anno fa potevano solo svolgere la loro opera volontaria e di carità, ma che finalmente oggi, grazie alla legge del terzo settore, possono essere considerati dei professionisti, abbiamo avuto finalmente la possibilità di assumere questi giovani dando loro la possibilità di fare ciò che amano ed essere retribuiti. Abbiamo investito acquistato ambulanze di ultima generazione, attrezzature all’avanguardia, ci siamo formati…quando Azienda Zero ci ha chiesto di farlo sostenendo che noi eravamo un valore aggiunto, questa stessa azienda a cui oggi non serviamo più. Concludiamo chiedendo venia per la corposità del testo, che, diversamente non potrebbe essere esaustivo, e per il disturbo arrecato, ma abbiamo bisogno di un sostanziale e concreto aiuto da parte vostra, che ci tuteli e che ci dia la possibilità di rimanere nella legalità. Giorno 7 giugno saremo alla Cittadella, convocati da Azienda Zero, sede in cui ricorderemo che giorno 16 giugno le nostre ambulanze si fermeranno, e in merito a ciò vogliamo sottolineare che non intendiamo assumerci responsabilità in merito l’interruzione del servizio, in quanto lo abbiamo comunicato con largo anticipo, in quanto lo stiamo urlando a gran voce e nessuno ascolta, in quanto un obbligo deriva da un contratto…un contratto scaduto da anni, in quanto riteniamo che in questa vicenda, le responsabilità debbano attribuirsi ad altri, non di certo a noi che da anni ci prendiamo il carico di tenere in piedi un sistema che non funziona e neanche ci tutela. Confidiamo in un vostro intervento, comunicandovi che tutto quanto dichiarato da noi in questa missiva, è ampiamente documento, documentazione che ci riserviamo di fornire su vostra richiesta nelle sedi opportune».
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