Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 23:35
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

l’intrigo fei ch’ien

La mala e il “sistema cinese”. Narco laboratori nel Cosentino e lavanderie per ripulire il denaro

Le procure accendono i riflettori sulla tratta Cina-Italia sul «denaro volante». E la ‘ndrangheta fiuta l’affare

Pubblicato il: 07/07/2024 – 6:59
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
La mala e il “sistema cinese”. Narco laboratori nel Cosentino e lavanderie per ripulire il denaro

ROMA Narco laboratori nascosti in una delle zone industriali del Cosentino, negozi trasformati in lavanderie di denaro sporco. Soldi che spariscono salvo poi rientrare sotto forma di investimento. La Banca d’Italia, in un report, segnala movimenti sospetti di danari dal 2010: circa 10 miliardi in fumo, scomparsi nel nulla. Sul “caso” ha posto l’attenzione la magistratura che da Nord a Sud ha coordinato inchieste volte a far luce sul giro di monete che lega la Cina all’Italia. E quando si parla di guadagni illeciti e di ingenti somme di denaro, la ‘ndrangheta è evidentemente vigile e pronta ad attivarsi. Le lavatrici cinesi per i boss del narcotraffico sono state sotto la lente di ingrandimento degli investigatori in Emilia Romagna. Nel maggio del 2023, un blitz coordinato dalla Distrettuale antimafia di Bologna e condotto dalla Guardia di finanza in sette regioni ha assestato una organizzazione dedita al traffico internazionale di droga. In quella circostanza gli inquirenti avevano accertato «il coinvolgimento di una fitta rete di soggetti di nazionalità cinese dediti, professionalmente e con carattere di sistematicità, al riciclaggio degli ingenti proventi illeciti accumulati dal sodalizio criminale». L’indagine, corposa, aveva acceso i riflettori sul meccanismo dei fei ch’ien ovvero tradotto come «denaro volante», uno dei sistemi minori di trasferimento informale di denaro.
Come si evince dalla relazione semestrale della Dia (primo semestre 2023) l’operazione “Cash Express”, conclusa a Roma il 22 marzo 2023 dalla Guardia di finanza, ha documentato l’esistenza di uno strutturato circuito di riciclaggio internazionale, che ha visto coinvolti soggetti appartenenti alla comunità cinese e soggetti di nazionalità italiana già gravati da pregiudizi per reati tributari, a cui risultavano riferibili diverse società di capitali utilizzate per dissimulare i proventi delle frodi fiscali. In particolare, alcuni appartenenti alla comunità cinese, stanziati a Roma, si sarebbero resi disponibili a ricevere illecite provviste di denaro e a trasferirle in Cina, tramite canali bancari, per poi riconsegnare le somme in contanti ai committenti italiani, decurtate della provvigione per il “servizio” prestato, portando a termine tali complesse operazioni mediante un collaudato sistema di compensazione cd. “ fei ch’ien”, piuttosto diffuso in quegli ambienti criminali.

I soldi nel Porto

Le proiezioni della criminalità in Cina avvengono prevalentemente tramite cittadini cinesi presenti nel territorio italiano. «Anche la ’ndrangheta svolge, nel settore criminale in questione, un proprio ruolo che si concretizza nell’agevolare l’importazione
in Italia dei prodotti contraffatti», sottolinea la Dia nella relazione. Ma l’import non riguarda solo materiale non conforme all’originale. La recente operazione nome in codice “Eureka“, conclusa a Locri, ha consentito di scoprire il sistema messo in piedi dalle ‘ndrine che acquistavano stupefacente in Colombia, Brasile, Ecuador e Panama in arrivo nello scalo calabrese. «I pagamenti – sottolinea Repubblica – avvenivano con operazioni finanziarie gestite da organizzazioni criminali composte da cittadini cinesi. I profitti della commercializzazione dello stupefacente solo tra agosto 2020 a febbraio 2021 sono stati pari a 20 milioni e anche qui, questi soldi, sono stati riciclati con operazioni finanziarie verso il Belgio da cittadini cinesi». Chiaro ed evidente come la ‘ndrangheta continui a giocare un ruolo decisivo in questo scenario ancora da esplorare fino in fondo. Nell’ultimo report di Bankitalia datato 2024 – riporta Repubblica – «sono emersi numerosi casi di truffe a correntisti italiani indotti a trasferire somme su conti esteri per effettuare operazioni di investimento in crypto-assets e attività di trading nella maggior parte dei casi i fondi venivano dirottati verso conti situati in paesi terzi (in particolare verso la Repubblica Popolare Cinese)».

I narco laboratori

Il business della droga non è solo di pertinenza della mala calabrese. La “bianca” evidentemente consente di irrobustire le casse delle ‘ndrine, ma anche i guadagni dalla vendita di altri tipi di sostanze stupefacenti rappresentano un introito di non poco conto per coloro che sono impegnati in questo tipo di attività ma estranei alla criminalità organizzata calabrese. A tal proposito, giova ricordare l’azione di contrasto portata a termine dalla Polizia. Sono tre i maxi sequestri conclusi in sei mesi: una tonnellata di marijuana rinvenuta, tre capannoni industriali trasformati in centrali della droga. La Polizia di Stato, su impulso della Dda di Catanzaro, coordinata dal Questore di Cosenza Giuseppe Cannizzaro e sotto la guida di Giuseppe Zanfini, dirigente del commissariato di Corigliano-Rossano ha permesso di stoppare una rotta della droga che unisce la Calabria all’Olanda. Lo stupefacente prodotto in Italia, nelle province di Cosenza Catanzaro, veniva coltivato in impianti di produzione grazie a delle “serre indoor” a conduzione cinese. Cinque le persone arrestate al termine del blitz, per l’accusa capaci di organizzare la lavorazione e la produzione della marijuana e nel “clonare” il modus operandi tipico della criminalità organizzata calabrese. (f.b.)

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato

Argomenti
Categorie collegate

x

x