LOCRI Sono stati ascoltati i testimoni dell’accusa, tra loro finanzieri e una agente della Polizia, intervenuti nelle prime fasi dopo lo sbarco del 27 ottobre 2023 a Roccella Jonica e al termine del quale furono arrestati Marjan Jamali e Amir Babai, imputati a Locri con l’accusa di essere stati gli scafisti a bordo dell’imbarcazione. La 29enne, che ha ottenuto gli arresti domiciliari che sta scontando a Camini accanto al figlio di otto anni, e il 31enne detenuto in carcere, erano oggi in aula. Ad accusarli tre uomini che secondo i racconti della ragazza avrebbero abusato di lei. L’uomo ha raccontato di aver tentato di difendere la donna e per questo avrebbe subito la ritorsione dei tre che hanno puntato il dito contro i due, accusandoli di essere gli scafisti.
Nel corso della seconda udienza hanno risposto alle domande del pubblico ministero Marzia Currao e degli avvocati della difesa Giancarlo Liberati e Carlo Bolognino i testimoni dell’accusa. I legali si sono soffermati in particolare sulla ricostruzione di quanto accaduto quando i due imputati, insieme ad altre persone, sono stati ascoltati per la prima volta. Il nodo cruciale è quello della lingua parlata dagli imputati e dall’interprete chiamato inizialmente. «Che lingua si parla in Iran?» La domanda che l’avvocato Bolognino ha rivolto ai testi, i quali hanno risposto tutti in modo incerto. «L’iraniano», la riposta data più volte. Nessuno di loro comunque ha fatto riferimento al farsi, la lingua parlata da Marjan Jamali e Amir Babai.
Nel corso dell’esame è emerso inoltre che la 29enne, appena arrivata, non avrebbe parlato alla polizia delle violenze subite. «Non ha raccontato di violenze subite né a noi né ai medici», ha affermato l’agente in servizio a Siderno.
Tanti poi i “non ricordo” in aula: non è arrivata la risposta alla domanda su eventuali altri arresti di donne accusate di aver svolto il ruolo di scafiste. Quello di Marjan Jamali sarebbe comunque stato il primo caso in assoluto. Circostanza evidentemente non ricordata.
«E’ emerso – ha detto l’avvocato Liberati al termine dell’udienza – che ci sono molte discrepanze, intanto che l’interprete utilizzato è un iracheno, della stessa nazionalità degli accusatori, che non parla il farsi, solo approssimativamente ne conosce qualche parola. Questo non fa di lui un interprete di farsi». Sulle violenze non raccontate da Marjan Jamali in un primo momento, Liberati ha detto: «Quale donna musulmana va a raccontare appena scesa da una barca, dopo cinque giorni di viaggio, di aver subito violenze? Poi da una donna che da una vita subisce abusi e soprusi nel proprio paese… aveva ben altro a cui pensare che non a dire che le erano state toccate le parti intime. Una precisazione – ha osservato il legale – da parte della pm fuori luogo».
Liberati, come spiegato in precedenza al Corriere della Calabria, ha rimarcato poi che «i capitani hanno confessato e sono due egiziani». Si trovano in carcere e hanno patteggiato la pena. Con loro c’erano altri due presunti scafisti, due iracheni che sarebbero scappati. «Erano i due iracheni – ha raccontato il legale – i veri emissari dei trafficanti». I due egiziani saranno sentiti come testimoni della difesa. Intanto il processo è stato rinviato al prossimo 28 ottobre. (m.ripolo@corrierecal.it)
Leggi anche: Lucano: «Mi hanno cacciato dal Tribunale di Locri». Il caso durante il processo a Marjan Jamali
x
x