Lunedì mattina mi sono goduto la prosa impareggiabile di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera che informava ed educava sulla grande bellezza che contiene la Grotta del Romito di Papasidero, piccolo paese calabrese con 600 abitanti confinati tra il Parco del Pollino e la Riviera dei Cedri, che ospita preziose rappresentazioni pittoriche come il Bos primigenius e altre magnifiche testimonianze del paleolitico.
Tre le notizie da valorizzare dalla paginata di Stella. Una è nota ai cultori di materia. Nel sito 8 di Papasidero gli studiosi hanno rinvenuto il primo “diversamente abile” della storia dell’uomo. L’abitante del sito, all’alba dell’umanità, rimase paralizzato e accolto dalla sua comunità preistorica ricevendone assistenza e piena integrazione. La seconda notizia riguarda una buona novella, ovvero a Papasidero, lanciando un ponte tra Preistoria e postmoderno, ci sarà una civile e innovativo servizio. Infatti la Grotta del Romito diventerà il primo sito storico archeologico di questo tipo accessibile anche ai disabili. Uno di quei primati che aiutano a rovesciare lo stereotipo della Calabria regione soltanto negativa. La terza questione invece serve a riflettere collettivamente sui beni culturali che abbiamo in dotazione e che non riusciamo a valorizzare come si dovrebbe.
Il sito calabrese posto in un comune molto spopolato, difficile da raggiungere, riesce a tenere in piedi l’economia locale con circa 15.000 visitatori l’anno che diventano per poche ore residenti temporanei di un posto che mostra l’alba dell’uomo immerso in un paesaggio naturale incontaminato. L’investimento dello Stato e della Regione viene riportato “in pochi spiccioli”, tirano la carretta il Parco del Pollino, il piccolo e forse dissestato comune di Papasidero, un pugno di volontari che per fortuna non mancano mai, e gli studiosi di Archeologia dell’Istituto Fiorentino di Preistoria che hanno una tradizione nel proseguire gli scavi che ebbero origine nelle scoperte di Paolo Graziosi. In Francia scopriamo che un sito simile a quello di Papasidero, la Grotta di Lascuax ospita 400000 turisti, 27 volte quelli del Romito contabilizza Stella. I troppi appassionati di pitture rupestri in Francia hanno costretto a creare delle repliche per non danneggiare gli originali che non sopportavano la presenza dei 1.200 visitatori giornalieri. Il confronto è indicativo per comprendere che si può far crescere il turismo ma senza esagerare. Condizione ancora lontana per Papasidero e la Grotta dei Romito che potrebbero essere anche supportate dalle nuove tecnologie per aumentare la loro attrattività.
La Grotta di Lascuax (con i suoi replicanti multimediali che sorgono nel sito originario) è bene dell’Unesco dal 1979. Anche la via Appia, l’altro giorno è stata dichiarata sito Unesco, il sessantesimo riconoscimento italiano. A Roma l’hanno sempre chiamata l’Appia Antica la strada che si congiungeva con Capua, Benevento e Taranto. Un risultato figlio delle battaglie per difendere questo grande patrimonio dalle mire di speculatori e che trovarono in Antonio Cederna, nobile figura di ecologista ante litteram, uno dei principali protagonisti. Era un precursore di Gian Antonio Stella, scriveva anch’egli sul Corriere della Sera. Bene ha fatto Pietro Mancini, nel momento del riconoscimento, a ricordare il ruolo che ebbe il padre Giacomo Mancini nel difendere l’Appia Antica dal sacco edilizio degli anni Sessanta, circostanza dimenticata in questa nostra epoca senza memoria dai giornaloni nazionali. Mancini da ministro non solo ascoltava le tesi di Antonio Cederna ma lo nominò membro del Consiglio dei Lavori pubblici con quanto ne conseguì. Era la politica di Mancini quella di circondarsi del miglior pensiero illuminista chiamando ad operare al suo fianco figure dal calibro di Campos Venuti e Zevi. Di quella celebre e purtroppo dimenticata battaglia di civiltà, Antonio Cederna ha lasciato traccia nel suo libro “Storia moderna dell’Appia antica, 1950-1996: dai gangster dell’Appia al parco di carta” dove scrive: «Il 16 dicembre 1965, il ministro dei Lavori Pubblici, Giacomo Mancini, approvò con modifiche, il Piano regolatore, e destinò finalmente a parco pubblico i 2500 ettari della campagna dell’Appia Antica. È uno degli eventi più importanti della storia urbanistica romana, ma uno dei più disattesi». E ne troviamo riscontro ancora oggi leggendo quello che ha dichiarato in queste ore Paolo Rumiz a Repubblica. Lo scrittore dei luoghi vorrebbe da tempo incontrare il ministro Sangiuliano per invitarlo a proteggere l’Appia antica dal degrado, ma purtroppo l’incontro non è mai avvenuto.
Sono temi che piacerebbe ascoltare nei tanti dibattiti che si svolgono sotto la cadute delle stelle a San Lorenzo, in riva al mare, e nelle piazzate dei paesi brevemente ripopolati.
La Calabria che è omologata all’Italia. Ovvero festival che confinano con la sagra della ‘nduia, trionfo dell’abbinamento di falsi saperi e finti sapori, risuscitazione di star decadute da esibire nelle foto dei social, red carpet da cinema tramutati in campi da calcetto. Le carriere politiche di ogni tipo devono soddisfare elettori e turisti di passaggio. Lo sappiamo tutti, compreso chi scrive e che ne fa uso, che il discorso pubblico oggi si forma in larga parte sui social. E un meme sulla grotta del Romito, sull’Appia Antica da difendere, sul dibattito che sopravvive sulle pagine culturali di giornali di carta e digitale è difficile da far digerire all’algoritmo dei padroni del digitale che preferiscono i magnifici cornuti di “Temptation Island” alle narrazioni di Alberto Angela.
Ma non bisogna essere troppo snob. Leggo che a Soveria Mannelli dal primo al 4 agosto si svolge il Festival del Lamento dove si scherzerà con facezia sul lamentevole atteggiamento meridionale. Ebbene vi affido anche il mio lamento, ma il mio è nazionale. Differenziatelo pure con la vostra autonomia senza pagarmi diritti o ospitalità in hotel quattro stelle. (redazione@corrierecal.it)
(Foto grottaromito.com)
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