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«I terremoti si possono prevedere»

Gli studi dell’Università di Parma mettono in discussione un vecchio tabù

Pubblicato il: 08/08/2024 – 11:44
«I terremoti si possono prevedere»

La capacità di prevedere i terremoti è sia una certezza, ma anche un tema che da tempo suscita dibattiti. Ora ci sono altri due strumenti a disposizione nel dibattito: due lavori scientifici riconducibili a docenti dell’Università di Parma e pubblicati recentemente sul Journal of Geophysical Research: Solid Earth e su Scientific Reports. Le pubblicazioni sono incentrate su due dei terremoti più significativi di inizio millennio: quello dell’Aquila del 2009 (magnitudo 6,3) e quello del Sichuan (provincia meridionale cinese) del 2008 (magnitudo 7,9). Primo autore di entrambi i lavori è Giampiero Iaffaldano, professore di Geofisica della Terra solida dell’Unità di Scienze della Terra al Dipartimento di Scienze chimiche, della Vita e della Sostenibilità ambientale dell’Università di Parma.
Come riporta Repubblica, la novità che collega i due lavori consiste nel dimostrare che esistono segnali associati ai sismi rilevabili dai Gps (lo stesso sistema che viene utilizzato su mappe e navigatori degli smartphone) molto prima e molto lontano dalla manifestazione delle scosse telluriche. Questi segnali potrebbero essere potenzialmente sfruttati per mitigare il rischio. È consolidato nella comunità scientifica che i moti tra placche alimentino la genesi dei terremoti. Gli scienziati hanno però sempre assunto che non fosse vero il contrario, ossia che i terremoti e la loro lenta fase preparatoria di accumulo di energia (che, insieme, prendono il nome di ciclo sismico) non avessero effetto sui moti delle placche.
«Penso che l’interesse scientifico di questa scoperta – spiega Giampiero Iaffaldano proprio a Repubblica – sia centrato nell’aprire una nuova prospettiva, mai considerata prima, sulla mitigazione del rischio sismico. Per dirla con semplicità, solitamente si cercano segnali precursori nei mesi o nei giorni precedenti i grandi terremoti, e nelle immediate vicinanze di faglie notoriamente attive. Questi studi dimostrano che il ciclo sismico, ovvero il lento accumulo di energia seguito dalle scosse, è in grado di modificare il moto di intere placche tettoniche. Il ciclo viene misurato negli anni attraverso reti di stazioni Gps dislocate a centinaia o addirittura migliaia di chilometri di distanza da quello che sarà in seguito l’epicentro. Questo implica che ci sono segnali potenzialmente precursori avvistabili anni prima e a grandi distanze dai grandi terremoti. La prospettiva di sfruttare questi segnali nelle valutazioni di rischio sismico è qualcosa di assolutamente nuovo».

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