Sicuramente non è un bell’esempio quello che, a torto o a ragione, si tenta di attribuire ai magistrati della Procura della Repubblica di Palermo che si occupano del ministro Salvini accusandolo di sequestro di persona per aver impedito di far scendere dalla nave “Diciotti” 150 migranti, ordinando il rimpatrio. Il segretario della “Lega” cerca di opporsi al provvedimento richiamando quel principio sociale che vuole “tutti uguali difronte alla legge”, ritenendolo un suo diritto. Al fianco del Ministro si è schierato il Governo, nonostante su Salvini pensassero parole considerate “pesanti” che coinvolgeranno i magistrati inquirenti. Certo è che non è peregrina dire che il processo potrebbe essere “pericoloso” per il Ministro che, se ritenuto colpevole, rischia anni di carcere. Immaginabile la tensione delle persone coinvolte e del Ministro in carica, considerato che il mandato politico non prevede che si possa agire al difuori della legge.
La documentazione raccolta dalla Procura della Repubblica di Palermo ha fatto in modo che le regole del Codice Penale prevalessero, tanto che il Pubblico Ministero titolare del fascicolo, contesta a Salvini reati pesanti nonostante il Ministro continui a sostenere di avere ordinato il rimpatrio per salvare la vita dei migranti, senza tenere conto che il Tribunale Amministrativo Regionale avesse dato il consenso all’approfondimento e allo sbarco delle persone trasportate. Ma Salvini è stato ed è di tutt’altro avviso. Non lesina parole e “spara cannonate”: “se mi dovessero condannare – ha confidato ad amici – si inneschera’ una battaglia politica da fare”. Intanto i reati che vengono contestati al segretario della Lega rimangono inalterati: sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Da queste accuse Salvini si dovrà difendere.
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