COSENZA «Prendiamo atto dell’immobilismo del Suo Dicastero dinanzi al grave stato in cui versa la giustizia penale nel Circondario giudiziario del Tribunale di Cosenza e nel Distretto della Corte di Appello di Catanzaro». È quanto scrive in una delibera rivolta al ministero la Camera Penale di Cosenza, che annuncia l’astensione dalle udienze dal 16 al 20 settembre. Nella stessa lettera viene convocata la riunione degli iscritti per venerdì 20 settembre nel Palazzo di giustizia di Cosenza, nella Biblioteca Arnoni. La Camera protesta, in particolare per la formula del maxiprocesso. «In questa terra oramai nota come la “Calabria giudiziaria”, è divenuto (da eccezione tollerata nel sistema penale) la regola che trasforma determinati processi in un contenitore “monstre”, in cui centinaia di presunti innocenti e le rispettive incolpazioni sono agglomerati, dalla cosiddetta “connessione mafiosa”» .
«Questa forma di procedimento – si legge – ritenuta dalle Procure antimafia come l’unico, inevitabile congegno per combattere la criminalità mafiosa si è dimostrata -e continua ad essere- un vero disastro per la organizzazione degli affari penali nel Circondario del Tribunale di Cosenza e nel Distretto della Corte di appello di Catanzaro, in cui, di volta in volta, centinaia di imputati e imputazioni, ammassati in un unico maxiprocesso, sono riversati in Uffici di sezioni penali composti da un numero di giudici insufficiente». La Camera Penale lamenta poi che «Dinanzi al tribunale della libertà di Catanzaro le disfunzioni appena evidenziate comportano che la difesa è di fatto falcidiata della componente più incisiva e persuasiva, l’oralità della discussione, di cui lo sparuto numero di giudici del riesame chiede una sintesi sempre più … “sintetica”».
«Una giustizia così congestionata provoca più vittime: il presunto innocente, nei cui confronti tale organizzazione della giustizia corrisponde alla sua negazione, perché trasforma la misura cautelare in pena preventiva; la Magistratura, in quanto costretta a dare risposta alla domanda di giustizia in condizioni catastrofiche, in pochi giorni se non addirittura in poche ore -si pensi ai tempi del riesame personale – e in assenza di adeguato organico; l’Avvocatura, spogliata delle prerogative di tutela di diritti costituzionali, trasformata in un -mal tollerato- ostacolo all’incedere della giustizia». Vengono poi citati due fatti in particolare: «Il primo fatto: intercettazioni e trascrizioni di sessioni professionali tra un imputato e il proprio legale effettuate nell’ambito dell’assistenza difensiva ed eccentricamente commentate dalla polizia giudiziaria». Mentre nel secondo, caso si racconta dell’«eccentrico comportamento tenuto da un pubblico ministero dell’Ufficio di Procura presso il Tribunale di Verona, che ha tentato di intimorire l’azione difensiva dell’avvocato dell’imputato». Fatto «aggravato dall’ulteriore comportamento tenuto dallo stesso Pubblico ministero che, a fronte della immediata replica (sempre nella stessa udienza) del legale ha tentato di “zittire” l’avvocato prima della decisione del giudice, e gli ha rivolto l’inquisitorio ammonimento: “Lo farà in procura”». Di conseguenza, la Camera Penale, in virtù della situazione, ha deliberato astensione per quattro giorni.
Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x