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‘Ndrangheta, da killer e azionista dei Bonavota a pentito: la svolta di Francesco Fortuna

Un nuovo elemento di spicco delle cosche vibonesi decide di saltare il fosso. Fortuna è stato il “braccio armato” e protagonista dei piani omicidiari del clan di Sant’Onofrio

Pubblicato il: 11/11/2024 – 17:45
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, da killer e azionista dei Bonavota a pentito: la svolta di Francesco Fortuna

LAMEZIA TERME Un killer fidato e affidabile, un “azionista” ed elemento di spicco del clan Bonavota. Figura cardine in un’epoca di omicidi e nuovi equilibri di ‘ndrangheta sul suolo vibonese, e una storia da riscrivere a colpi di Kalashnikov e agguati mortali contro: il piano sanguinario attuato con successo dal clan Bonavota di Sant’Onofrio, realizzato attraverso l’attuazione di tre omicidi di spicco, tutti nel 2004, e sancire le spartizioni del territorio. Ora, Francesco Fortuna, classe 1980, è un collaboratore di giustizia. La sua decisione, risalente a questa estate, è diventata pubblica stamattina nel corso dell’udienza del processo d’appello dell’omicidio Belsito.
Una collaborazione che potrebbe aprire scenari nuovi nel panorama criminale vibonese, l’ennesima degli ultimi anni che certifica una tenuta sempre meno solida, quanto meno di gregari e sodali dei clan vibonesi.

Il braccio armato Fortuna

Tre eliminazioni in poco più di cinque mesi: Domenico Belsito, Raffaele Cracolici e Domenico Di Leo, avvenute rispettivamente il 18 marzo, il 4 maggio e il 12 luglio del 2004, sancendo tra le righe dei terribili agguati una storica alleanza tra il clan di Sant’Onofrio, il cui ruolo decisionale spettava all’epoca a Domenico Cugliari “Micu i Mela” (cl. ’59), naturale “successore”, anche perché cognato acquisito del vecchio boss Vincenzo Bonavota, morto nel 1998, contando sull’apporto fondamentale dei fratelli Nicola, Pasquale e Domenico Bonavota, alleati con il gruppo di Andrea Mantella per “sfidare” i Mancuso di Limbadi e Nicotera, ridisegnando la mappa di potere ‘ndranghetistico nel territorio vibonese.
Il braccio armato è quello di Francesco Salvatore Fortuna, fedele a Mimmo e Pasquale Bonavota, con alle spalle numerosi precedenti, nonché un periodo di latitanza durato poco più di 8 mesi. Fu ritrovato il 23 luglio del 2008 e arrestato dal personale delle Squadre Mobili di Catanzaro e Vibo Valentia, mentre si trovava all’interno di una villetta in località Bitonto a Vibo Valentia. Nel corso della perquisizione, inoltre, nei locali del “covo”, a dimostrazione della sua pericolosità dell’indagato, gli agenti trovarono un vero e proprio arsenale, compreso un “lampeggiante” in dotazione alle forze dell’ordine.

Il piano omicidiario dei Bonavota

Fortuna, però, sarà anche il protagonisti delle ritorsioni dei Bonavota. «Era un loro disegno… Per riprendere potere» spiega proprio Mantella al procuratore di Vibo, Camillo Falvo. Già perché tutti e tre i delitti sarebbero stati deliberati dai fratelli Domenico, Nicola e Pasquale Bonavota, insieme a Domenico e Bruno Cugliari, Francesco Salvatore Fortuna e lo stesso Andrea Mantella. «Tutti questi. Allora, questi sei, questi sei omicidi – racconta – tutti volevano la morte di tutti». Per l’omicidio Di Leo, Fortuna era stato condannato a trent’anni in primo grado ma, in Appello, la sentenza fu ribaltata. La Cassazione aveva poi annullato il verdetto, decretando un nuovo processo d’Appello terminato con i 30 anni inflitti già in primo grado, poi confermati anche in Cassazione. Fu il pentito Mantella a chiamarlo in causa, poi, per l’omicidio di Domenico Belsito per il quale, in primo grado, è stato condannato a 30 anni di reclusione e sta sostenendo il processo d’Appello. Belsito fu condannato a morte perché, già sposato, avrebbe intrattenuto una relazione extraconiugale con la sorella di un altro affiliato. Con lo stesso modus operandi furono eliminati Raffaele Cracolici e Domenico Di Leo, soggetti che criminalmente si contrapponevano alla forza del clan Bonavota. Cracolici, una volta arrivato nella sua proprietà a Pizzo, dopo aver trascorso la notte a casa della convivente, è stato colpito mortalmente da una vera e propria raffica di colpi di fucile a pompa e Kalashnikov che non gli hanno lasciato scampo da distanza ravvicinata. Anche nel caso dell’agguato mortale teso a Domenico Di Leo, alias “Micu ’i Catalanu”, nella notte fra l’11 e il 12 luglio 2004, almeno due killer hanno scaricato sulla vittima numerosi colpi di Kalashnikov da distanza molto ravvicinata, sempre nei pressi della propria abitazione, alla periferia di Sant’Onofrio.

Le dichiarazioni di Barbieri

Oltre a Mantella, però, a fare il suo nome è stato anche il suo ex sodale, Onofrio Barbieri, ex luogotenente del boss Domenico Bonavota, a proposito dell’omicidio di Raffaele Cracolici detto “Lele Palermo”, ucciso il 4 maggio del 2004. «La sera prima dell’agguato abbiamo dormito a Pizzo, io Andrea Mantella, Francesco Fortuna, Francesco Scrugli E Domenico Bonavota. Ricordo che io avevo rubato una settimana prima un camion che è stato utilizzato per nascondere gli esecutori alla vista della vittima e recuperare i killer, mentre a sparare sono stati Francesco Salvatore Fortuna e Francesco Scrugli. All’omicidio ha partecipato anche Andrea Mantella che, insieme a Domenico Bonavota, era appostato in una posizione sopra elevata dalla quale potevano vedere i movimenti della vittima». I primi racconti forniti da Barbieri ai magistrati della Dda di Catanzaro riguardavano anche i piani per uccidere Francesco Cracolici, erede di “Lele” Palermo.  

Il piano per eliminare Francesco Cracolici

«Ricordo che il nostro gruppo, all’incirca negli anni 2005-2006, aveva intenzione di uccidere Francesco Cracolici, in quanto avevamo appreso che voleva vendicare la morte del padre Alfredo. Ho saputo questo fatto direttamente da Domenico Bonavota, nel corso di una riunione in cui erano presenti anche Francesco Fortuna, Andrea Mantella e Francesco Scrugli». Barbieri, in particolare, ha parlato di quelle che erano le intenzioni di un erede dei Cracolici, Francesco, figlio di Alfredo. «Domenico Bonavota ci disse che questa notizia gli era stata comunicata da uno della cosca Iannazzo di Lamezia Terme che, a sua volta, l’aveva appresa non ricordo se dai Giampà o dai Torcasio. Questa intenzione di procedere all’omicidio di Francesco Cracolici fu, in realtà, trascurata e si è protratta fino al 2015, ma poi l’agguato non venne realizzato perché Francesco Fortuna fu arrestato dopo Andrea Mantella e Scrugli, invece, era morto». (g.curcio@corrierecal.it)

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