ROMA La memoria dell’accusa è stata ufficialmente depositata in Cassazione, in vista dell’ultima parola nel processo che vede coinvolto l’ex onorevole Roberto Rosso, ex esponente di Forza Italia e Fratelli d’Italia, accusato di voto di scambio insieme ad alcuni esponenti della ‘ndrangheta. Il caso, denominato “Carminius”, coinvolge anche membri della ‘ndrina dei Bonavota, attiva a Carmagnola, e l’imprenditore Mario Burlò, noto per il suo ruolo nel settore delle esternalizzazioni.
Secondo quanto riportato dalla sostituta procuratrice della Cassazione Cristina Marzagalli, come riportato dalla Stampa, «esiste un non manifestamente illogico convincimento circa l’accordo tra l’allora candidato Rosso e due esponenti della ‘ndrangheta”, ossia Onofrio Garcea e Francesco Viterbo, già condannati in via definitiva. L’accordo prevedeva «il pagamento della somma di 15mila euro – poi ridotta, scrive la magistrata – in cambio del procacciamento di voti in alcune cittadine del Torinese per l’elezione dei vertici regionali piemontesi del 2019».
La procuratrice ha inoltre sottolineato come Rosso fosse consapevole della caratura criminale di Garcea e Viterbo, i quali operavano chiaramente in nome del sodalizio mafioso.
Nel corso del processo, Roberto Rosso si è sempre difeso, respingendo le accuse con fermezza. «Posso essere stato superficiale e imprudente, ma di una cosa sono certo: non ho mai raggiunto accordi con la ‘ndrangheta né comprato voti. La ‘ndrangheta è una terribile piaga del nostro Paese e tale la considero», ha dichiarato l’ex deputato. Tuttavia, le stesse motivazioni che hanno portato alla condanna in Appello – 4 anni e 4 mesi – sembrano pesare su Rosso. In caso di conferma della condanna in Cassazione, l’ex onorevole dovrà tornare in carcere per scontare la pena residua di circa un anno.
Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x