COSENZA Una domenica particolare attende i tre comuni principali dell’area urbana cosentina chiamati a votare un referendum consultivo per decidere se è il caso di fondare una città unica ed esprimere un parere su che nome eventualmente assegnarle. La data referendaria del primo dicembre per me cosentino da quattro generazioni ha un valore contestuale considerato che in quella data nel 1964 la mia famiglia abbandonava Cerisano dove si era costituita per andare a risiedere a Palazzo Orsomarsi negli antichi Padolisi offrendomi la possibilità di crescere e formarmi nel nucleo originario da dove Cosenza e i suoi Casali hanno avuto origine. Ho già avuto modo di esprimermi sulla questione e grazie al nostro Corriere sono diventato opinion leader nella contesa. Oltre ad essere cosentino mi piace rimarcare che ho studiato all’Unical e sono stato residente temporaneo di Quattromiglia di Rende e a Castrolibero sono stato anche residente e lavoratore dipendente per un rotondo decennio. Ho abbastanza senso comune da sapere che nelle tre città tutti mangiano baccalà fritto e umido e ci sentiamo accomunati dal rito dei cuddruriaddri anche se qualcuno li chiama cullurielli, e che se abitanti dei tre diversi comuni passeggiano a Trafalgar Square e si sentono chiedere da un connazionale da dove essi provengano la stragrande maggioranza risponde: “Da Cosenza in Calabria”.
Osservo che era da molto tempo che non si parlava così tanto di funzione e sviluppo della propria città nell’area in cui si vive. E quindi pur se alcuni contestano cause e pretesti d’indizione del referendum, un risultato positivo è stato già raggiunto.
Domenica dopo le operazioni di voto dalle 8 alle 21 sarà il momento di analizzare il battiquorum della reale partecipazione al voto, non per la sua validità legale ma per sostanziare l’adesione alla consultazione che sarà la verifica delle posizioni in campo. In tempi di crescente astensionismo è bene fornire dei dati di parametro utilizzando l’adesione alle urne alle ultime tre elezioni comunali a Cosenza, Rende e Castrolibero, essendo il voto dei municipi quello tradizionalmente più partecipato. A Cosenza le elezioni vinte da Franz Caruso registrarono il 64,4% di partecipazione con una fuga dai seggi di 5000 elettori dalle precedenti consultazioni. A Rende nelle elezioni che videro la sconfitta di Sandro Principe contro “il cosentino” Marcello Manna la consistenza partecipativa ha segnato il 52,40; da evidenziare che al primo turno con 9 candidati i cittadini attivi rendesi arrivarono al 70,96. A Castrolibero ha votato il 67, 89, dato pressoché uguale alle precedenti (67,86) con un’affermazione di 4000 voti per Orlandino Greco che si presume andranno a posizionarsi sul fronte del No considerato il consenso cristallizzato di un amministratore che nella vicenda nel corso degli anni ha cambiato sul punto molte parti in commedia arrivando nelle ultime ore a indossare quella di Ciccio Franco versione boia chi molla. Per un panel di opinioni che abbia un valore è auspicabile che l’affluenza sia al valore delle proporzioni che ho indicato. Al di sotto di queste soglie ci sarebbe molto da ragionare.
Alla fine la campagna referendaria è stata appassionante. Su un dato comune bisogna riflettere. Della città unica a Cosenza in Italia non frega niente a nessuno. Nessuna testata giornalistica nazionale ha dedicato una riga, un frames, un bit alla vicenda. Neanche una dichiarazione dai partiti nazionali o regionali, nemmeno da un responsabile degli enti locali. E lo stesso possiamo dire del dibattito regionale che fedele alla tradizione delle Calabrie ha ignorato la vicenda, fatto salvo qualche opinionista catanzarese che ha tenuto ad evidenziare il suo no lasciando il sospetto di temere la concorrenza di una città modestamente più grande. Il dibattito, che con difficoltà ha raggiunto solo la provincia, dimostra quanto sia provinciale la dimensione dell’area urbana e quanto pesi in ambito italiano e calabrese nonostante la presenza di una delle migliori università del Paese che ne fanno la locomotiva del futuro in controtendenza allo spopolamento meridionale.
Il percorso referendario andava costruito diversamente ma ora la consultazione non va sprecata. Bene ha fatto Simona Loizzo a proporre il tema, bene ha fatto il centrosinistra dell’area urbana a correggerne i tempi e le modalità di attuazione. Stride il fatto che le diverse componenti politiche di opposto orientamento attestate sul Sì non abbiamo avuto il coraggio di tenere manifestazioni comuni. Saranno state evidentemente valutate delle questioni tattiche.
Hanno messo in campo miglior amalgama i sostenitori del No che per le ragioni più svariate hanno cementato la loro battaglia colorandola di messianismo catastrofico con balle tecniche, evocando il Donbass putiniano e persino diffondendo meme di Gianni Morandi come testimonial delle superiorità di Rende su Cosenza alleandosi alle tesi ben diverse delle brave persone della sinistra critica aderenti a Cosenza città policentrica che a mio parere nella loro lotta da quartiere allargato hanno perso la preziosa bussola originaria sbarcando nel populismo da vecchio Melone triestino identitario.
Nella campagna referendaria sono emerse due figure politiche. Quella del senatore Mario Occhiuto e del politico di razza Sandro Principe. Tutti e due dotati di conoscenze urbanistiche hanno duellato da gladiatori. Bene ha fatto il primo a chiarire che non sarà sindaco delle città unificata, male invece ad associare la figura araldica di Giacomo Mancini senior al Sì, e bene ha fatto Giacomo junior a correggerlo da questa distorsione con autorità di discendenza. Principe legittimamente è sceso in campo come in una campagna elettorale per difendere la storia amministrativa di Rende in larga parte legata alla sua famiglia con molti successi e anche nelle recenti derive.
Non concordo con Mario Occhiuto sull’esito del referendum a Rende e Castrolibero. Per il senatore forzista sull’esito politico vale solo la somma unica del totale. Invece mi ritrovo con la tesi opposta di Fausto Orsomarso. Se Rende e Castrolibero a singola maggioranza si esprimeranno per il no, la città unica per annessione forzata non avrebbe senso.
Un dato mi sembra però assodato. Comunque vada il risultato, deve nascere l’unione dei tre comuni da allargare con cronoprogramma a Montalto e tutti i Casali e che vada a costruire una nuova città adeguata al tempo e alla Storia.
In questa campagna referendaria è purtroppo mancata l’autorevole voce del defunto Emilio Tarditi, valente esperto di pianificazione territoriale che trova il seme originario di Cosenza nel viaggio del monaco geografo Leandro Alberti che in un suo libro del Cinquecento esalta l’unicità italiana dell’urbanistica cosentina piena “di contrade, et castelli, che più tosto paiono una città continovata”. Elemento che faceva ragionare il buon Tarditi sul fatto che “la città di domani, che l’Alberti intuì continovata, antico e moderno, storia e scienza, conservazione e innovazione, potranno perfettamente convivere, se davvero lo si vorrà, in un’unica realtà”. Questo dato di fatto va coniugato al pensiero di Toni Negri che ci ha insegnato che la sfida di oggi è “riprendere il comune, ricostruire non più una cosa ma un processo costituente, vale a dire anche lo spazio nel quale si svolge”. Costruiamola questa Nuova Cosenza. Vale la pena di provarci.
Buon voto a tutti, nessuno escluso. (redazione@corrierecal.it)
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