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le motivazioni

«Bergamini strangolato e posizionato sull’asfalto già cadavere o limine vitae»

Alcuni passaggi rilevanti delle risultanze medico-legali nelle motivazioni della sentenza del processo sulla morte dell’ex calciatore del Cosenza

Pubblicato il: 28/12/2024 – 19:28
«Bergamini strangolato e posizionato sull’asfalto già cadavere o limine vitae»

COSENZA Sono numerosi i passaggi rilevanti emersi nelle motivazioni del processo Bergamini depositato oggi dalla Corte d’Assise di Cosenza, presieduta da Paola Lucente. Per la morte del calciatore rossoblù, lo ricordiamo, è stata condannata l’ex fidanzata Isabella Internò per omicidio in concorso con ignoti.
Diversi paragrafi sono dedicati alle risultanze medico-legali che hanno permesso poi di arrivare a processo. Una figura di primo piano è quella del professore Vittorio Fineschi (insieme alla professoressa Emanuela Turillazzi) a cui le parti offese nel 2016 hanno conferito l’incarico chiedendo se fosse possibile, allo stato degli strumenti tecnologici e delle metodiche di indagine disponibili, accertare sia la causa, sia le circostanze del decesso di Donato Bergamini. «Le numerose attente verifiche sul corpo di Donato Bergamini – evidenzia la Corte – effettuate nel corso del tempo, da ultimo nel 2017, dopo la riesumazione del cadavere, hanno consentito di approdare al risultato in termini di alta probabilità scientifica, della vitalità delle lesioni al collo e della non vitalità di quelle al bacino (altro distretto corporeo sormontato dal camion), in linea con l’ipotesi accusatoria del primo – quasi coevo – strangolamento del povero ragazzo con un mezzo soft, probabilmente previo stordimento con sostanze volatili e, di seguito, del suo posizionamento sull’asfalto, già cadavere o in limine vitae lungo la strada, in balia degli autoveicoli. Tale argomento – spiega sempre la Corte – che costituisce un punto cardine del procedimento che occupa, è stato adeguatamente scardinato nel contraddittorio dibattimentale, mediante l’escussione di tutti gli esperti che si sono succeduti, dei consulenti, dei periti e dei testimoni qualificati, nonché mediante confronti tra essi. Il complesso delle risultanze acquisite ha consentito alla Corte di approdare alla ipotesi accusatoria, quella sostenuta dai periti del Gup escussi in incidente probatorio, consegnata in termini di “alta probabilità scientifica”, vicina alla certezza, nonostante il lungo lasso di tempo intercorso dalla morte del calciatore. Il numero elevatissimo dei prelievi effettuati sul cadavere in stato di corificazione è direttamente proporzionale alla validità scientifica dei risultati cui sono pervenuti. Ma vieppiù – aggiunge la Corte – le risultanze scientifiche prescelte hanno costituito risultati di conferma di altri dati probatori certi a sostegno dell’omicidio, a dispetto dell’ipotizzato suicidio, primi tra tutti quelli di generica e le risultanze delle indagini dei Ris sulla dinamica dell’investimento, inconfutabili e granitici. Le emergenze offerte alla Corte hanno consentito di optare per l’una, piuttosto che l’altra tesi scientifica, senza necessità di disporre ulteriore perizia sulla validità dei metodi immunoistochimici impiegati dai periti del Gup su un cadavere putrefatto, in virtù del principio del libero convincimento del giudice e di insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove».

I campi di indagine approfonditi dopo i pareri di Fineschi e Turillazzi

Nell’elaborato del 15 febbraio 2016, i campi di indagine che, a parere Fineschi e Turillazzi, dovevano essere approfonditi necessariamente, attraverso esecuzione di esami che ritenevano ancora fruibili, nonostante il tempo trascorso, «erano: a) L’esatta descrizione ed oggettivazione delle lesioni scheletriche del corpo (si ipotizzava che vi fosse in atto un processo di scheletrizzazione del cadavere); b) La valutazione della vitalità delle lesioni cutanee ed ossee. Quanto al primo aspetto, gli studiosi ritenevano opportuna l’esecuzione della Pmct (post mortem computed tomography), che avrebbe fornito un’ottima visione di insieme, anche tridimensionale, delle fratture ossee, visualizzate in situ. Ciò perché, se è vero che la Tac era inusuale nel 1989, tuttavia, successivamente era entrata a far parte delle metodiche ancillari. Peraltro, l’iniezione di mezzi di contrasto nel cadavere consente la visualizzazione degli organi interni. Con riferimento al secondo campo di indagine – spiega la Corte – suggerivano, oltre agli esami istochimici, anche le indagini immunoistochimiche sui prelievi cutanei e di tessuto (blocchetti di tessuto), prelevati in corso di esame autoptico, già disponibili in inclusione paraffinica. Infine, nuove metodiche, che consentivano di studiare i microRNA». Dopo il parere tecnico del professor Aldo Barbaro, il pm di Castrovillari «accedeva – scrive la Corte nelle motivazioni della sentenza – all’istanza proveniente dalla parte civile di riaprire le indagini, mediante la riesumazione del corpo del povero Bergamini». «Veniva disposta una perizia congiunta, previa riesumazione del corpo della vittima con le forme dell’incidente probatorio. I periti nominati dal Gup di Castrovillari non si limitavano alle indagini medico legali, ma, proprio per le loro competenze differenziate, effettuavano una valutazione scientifica sulla dinamica dell’incidente, anche analizzando le risultanze cui erano pervenuti in Ris di Roma e di Messina. Nella relazione conclusiva, depositata in data 15/11/2017 – ricorda ancora la Corte d’Assise di Cosenza – i periti davano atto delle risultanze emerse a seguito dei numerosi accertamenti svolti sulla salma di Denis Bergamini. In particolare, la RX Total body evidenziava una frattura scomposta dell’ala iliaca di sinistra e degli elementi ischio-pubici che apparivano dislocati, una frattura scomposta della testa del femore di sinistra, la lussazione delle articolazioni sacroiliache e una frattura dell’arco laterale della IX costa di sinistra con fenomeni riparativi (da ritenersi quali esiti di una pregressa frattura costale, come tale antecedente all’evento morte). Le indagini radiologiche, pertanto, consentivano di rilevare un aspetto interessante e cruciale: l’individuazione di una lesività localizzata non sull’emisoma destro come precedentemente argomentato dal prof. Avato (il primo medico legale ad effettuare l’autopsia sul corpo di Bergamini a inizio 1990, ndr) in sede di relazione di periziama su quello sinistro. Dalla TC Total Body si potevano, infatti, riscontrare, sul lato sinistro, una frattura piuriframmentata dell’ala iliaca, con porzione laterale dislocata lateralmente, una frattura dell’articolazione coxo-femorale di sinistra, della branca ileo-pubica, ischio-pubica e della testa e del collo del femore, unitamente ad una frattura dei processi trasversi di L3 ed L4. A destra, invece, si rilevava unicamente la diastasi dell’articolazione sacro-iliaca, compatibile con le risultanze segnalate da Avato all’interno della propria relazione (“/a cresta iliaca a destra mostravafrattura parcellare con ancoraggio mediale delframmento'”)». «I dati a disposizione dei periti – prosegue il documento – così come quelli esaminati dai precedenti consulenti, non permettevano, a loro giudizio, di affermare il verificarsi di un trascinamento, sia a causa della localizzazione delle lesioni sulla regione inferiore dell’addome ed a livello delle pelvi, sia a causa dell’assenza di segni (sul corpo, sulla cute e sugli indumenti) riconducibili a un simile fenomeno, come può evincersi dall’analisi dei meri rilievi fotografici. Inoltre, i periti non riscontravano, a carico dei tegumenti e dell’apparato scheletrico, alcuna lesione da urto tra veicolo e corpo, da proiezione e abbattimento al suolo del corpo, nonché – uti supra – da trascinamento, per attrito».

L’esame della glicoforina

Sugli accertamenti relativi alle vitalità delle lesioni riscontrate sul cadavere di Denis Bergamini, la Corte ha ricordato nelle sue motivazioni che i periti nominati hanno proceduto a descrivere le innovative tecniche di indagine medica, impiegate nello svolgimento dei loro accertamenti. «All’udienza del 29.11.2017 – riporta il documento – nell’ambito dell’incidente probatorio, la dott.ssa Buonomo chiariva gli impieghi della glicoforina, un anticorpo avente la funzione di riconoscere le cellule del sangue e, prevalentemente, globuli rossi e residui di globuli rossi. Il trend di letteratura interazionale considera, infatti, la presenza di gemizio ematico, quale residuo del globulo rosso su margine fratturato, come indice rilevante di vitalità. Dalle analisi svolte, i periti riscontravano che le sezioni relative al tessuto osseo, topograficamente in sede ala iliaca sinistra dopo il trattamento decalcificante, non rilevavano positività alla glicoforina. Il medesimo fenomeno si verificava anche rispetto alla sezione destra dell’ala, a dimostrazione del fatto che, al momento dell’investimento, non si fossero verificati segni di reazione vitale. Alla luce dell’impiego della glicoforina ai fini dell’accertamento della vitalità delle lesioni – anche sulla base di una letteratura scientifica che considera possibile non solo un’analisi della cute, ma anche dei traumi del tessuto osseo – i periti ritenevano difficilmente compatibili tali risultanze con un investimento avvenuto “intra vitam”. «Sulla base degli elementi di tipo anatomopatologico e istopatologico, oltre che morfologico», sottolinea la Corte, i periti «concludevano nel senso di una “elevata probabilità” che, al momento dell’investimento Bergamini fosse morto e che, di conseguenza, la causa della morte fosse da ricondurre all’asfissia così come descritta. Come sottolineato dalla dott.ssa Buonomo, la difficoltà a raggiungere uno standard di certezza tecnica circa la vitalità delle lesioni si legava al lungo lasso di tempo intercorso tra la morte del calciatore e l’esecuzione di tale secondo accertamento autoptico». «A detta dei periti – si legge ancora nella motivazioni in un successivo passaggio – nell’ipotesi in cui il calciatore si fosse “tuffato”, si sarebbero riscontrate importanti lesioni dovute alle parti meccaniche del mezzo, nel caso di specie completamente assenti. Inoltre, in dinamiche del genere, secondo l’esperienza dei periti, le prime parti del corpo che impattano sul manto stradale sono le mani e i polsi, seguiti dalle ginocchia e, infine, dal viso. Nel caso in esame, i periti ribadivano che tutte le parti del corpo in questione apparivano perfettamente integre e pulite. Il perito Crisci giustificava tale evenienza, affermando che, a suo avviso, “il cadavere era stato appoggiato al suolo”. Le conclusioni rassegnate e le chiarificazioni offerte nel corso dell’esame svolto dinanzi al Gup garantiscono pregio scientifico al loro elaborato, i cui risultati sono totalmente condivisi dalla Corte, soprattutto nella lettura congiunta di quelli sostanzialmente conformi cui sono pervenuti i consulenti del pm, i testi qualificati escussi e di quelli difformi della consulente della difesa».


Fineschi

Tornando a Fineschi e alla sua testimonianza nell’udienza del 25 ottobre 2022, il medico legale «escludeva – scrive la Corte – che, al momento del sormontamento, il corpo si trovasse in posizione prona, sia per la presenza delle viscere intestinali sull’asfalto, sia per l’assenza di una lesività imponente sulle vertebre. Inoltre, tale evenienza era esclusa anche dall’assenza di abrasioni nell’emilato sinistro destro del volto, circostanza difficilmente ipotizzabile nell’ipotesi di un trascinamento del corpo in posizione prona. Quanto alla causa della morte, concordava con le conclusioni di tutti gli esperti per il meccanismo asfittico violento con mezzo soft che ricavava da una serie di indici univoci». (f.v.)

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