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Omicidio di Lorena Quaranta, i giudici: «Infondata la tesi sullo stress da Covid»

Rese note le motivazioni della sentenza del processo che ha portato alla condanna all’ergastolo del 32enne infermiere vibonese Antonio De Pace

Pubblicato il: 04/02/2025 – 14:10
Omicidio di Lorena Quaranta, i giudici: «Infondata la tesi sullo stress da Covid»

AGRIGENTO «Lo stress da Covid è stato un elemento al quale la difesa ha dato troppa enfasi». Con queste parole i giudici della Corte di assise di appello di Reggio Calabria hanno motivato il rigetto della richiesta dei legali del trentaduenne Antonio De Pace, infermiere del Vibonese, condannato all’ergastolo per l’omicidio della fidanzata Lorena Quaranta, 27 anni, di Favara, di concedere le attenuanti generiche e, quindi, ridurre la pena. I giudici hanno reso note le motivazioni del verdetto di condanna emesso lo scorso 28 novembre che ha confermato la massima pena stabilita in primo grado. L’omicidio della ragazza è avvenuto il 31 marzo del 2020, in piena pandemia, nell’abitazione di Furci Siculo, nel Messinese, che la coppia condivideva per lavoro e studio dato che Lorena stava completando il corso di laurea in medicina. De Pace, secondo quanto ha accertato il processo, ha ucciso la fidanzata, strangolandola e colpendola al volto con una lampada, dopo una lite dai contorni mai chiariti e del tutto improvvisa dato che i due, come è stato ricostruito, avevano visto assieme nel letto un film su Netflix prima che avvenisse l’omicidio. La difesa aveva insistito a lungo sulla circostanza che l’imputato aveva manifestato un forte stress per il Covid tanto che, la sera prima, aveva pensato (in maniera velleitaria perché gli spostamenti non erano consentiti) di rientrare nella casa dei genitori temendo di essere contagiato dato che la fidanzata pare accusasse dei sintomi influenzali. La Cassazione, pur stabilendo la colpevolezza definitiva, aveva disposto un secondo giudizio in appello per motivare l’eventuale concessione delle attenuanti generiche legate a questi elementi. «Troppa enfasi da parte della difesa su questo aspetto», sottolinea la Corte di assise di appello di Reggio Calabria, secondo cui, peraltro, in seguito De Pace ha contratto il Covid in carcere senza manifestare particolare preoccupazione.

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