MILANO «Pino, mi serve un parcheggio», «Pino, ho bisogno di un posto». E in cambio? Magliette, biglietti dello stadio e pass, in una logica di favori e di contatti, spesso anche molto confidenziali con i calciatori dell’Inter, alcuni ex, e dirigenti della Figc. È ciò che emerge dagli sviluppi dell’indagine “Doppia Curva” della Dda di Milano, l’inchiesta per intenderci che avrebbe svelato quella che gli inquirenti non hanno esitato a definire una «organizzazione criminale» nella gestione delle curve, dell’Inter e del Milan, ma anche dello stadio “San Siro”. A cominciare dai parcheggi, in mano – secondo l’accusa – a Giuseppe Caminiti, classe ’69 di Gioia Tauro, e Gherardo Zaccagni (cl. ’71).
Secondo gli inquirenti Caminiti «è quindi personaggio dal rilevante trascorso criminale». Sulla sua testa , infatti, pende anche l’accusa dell’omicidio, avvenuto nel 1992 a Milano, di Fausto Borgioli, considerato un esponente del gruppo criminale facente capo al defunto Francis Turatello, ucciso, a colpi d’arma da fuoco, mentre si trovava per strada. Caminiti – secondo i pm della Dda – si trovava sul luogo dell’incontro del 12 settembre scorso e, accertata la presenza delle forze dell’ordine, «si sarebbe velocemente allontanato dal posto» dopo aver dialogato con altri ultras nerazzurri. I pm della Dda, inoltre, avrebbero ricostruito anche i rapporti tra Pino Caminiti e Giuseppe Calabrò, da decenni intraneo negli ambienti della mala milanese legati alla ‘ndrangheta calabrese. Secondo gli inquirenti, «i loro rapporti iniziavano tra la fine degli anni ’80 ed i primi anni ’90, quando cioè il giovane Caminiti muoveva i primi passi all’interno dell’organizzazione criminale diretta dallo zio Salvatore Papandrea». Grazie allo zio – sempre secondo l’accusa – il giovane Caminiti si «sarebbe avvicinato a Giuseppe Calabrò con cui il sanlucota aveva stretti rapporti», un legame che gli avrebbe consentito negli anni una certa rispettabilità e protezione «per tutelare i propri interessi economici, in particolare quelli derivanti dalla gestione dei parcheggi dello stadio “San Siro” di Milano», annotano i pm.
In una nuova informativa firmata dagli uomini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, infatti, sono state allegate centinaia di messaggi scambiati tra Pino Caminiti e alcuni volti noti della Serie A. Favori in cambio di altri favori, nulla di penalmente rilevante, ma che consente agli inquirenti di mettere tutti insieme i pezzi di un puzzle il cui risultato è sempre più chiaro: tutti dovevano passare da Pino Caminiti. Anche Tommaso Inzaghi, figlio dell’allenatore dell’Inter, Simone, particolarmente riconoscente per averlo sostenuto in alcuni momenti difficili. È a lui che il calabrese chiede un biglietto di Inter-Lazio, ottenendolo non senza difficoltà. Altri messaggi “confidenziali” sono emersi con il numero 10 nerazzurro ed ex Milan, Hakan Calhanoglu oppure Frattesi, preoccupato per ottenere un parcheggio per la madre in cambio di una maglietta firmata, «la firmi per me, Pino». Altre chat sono emerse, poi, con Davide Bastoni: a quest’ultimo Caminiti chiede delle maglie e dei video per alcuni bambini, ottenendo sempre riscontri positivi dal giocatore nerazzurro. In cambio: un posto per l’auto del padre e “braccialetti hospitality”. Messaggi simili, inoltre, con un altro calciatore dell’Inter, Nicola Barella. Le chat estrapolate con quest’ultimo contenevano molti messaggi nei quali il calciatore chiedeva, in più occasioni, di far passare suoi conoscenti o parenti a piedi dalla rampa. In cambio, come al solito, Pino Caminiti chiedeva magliette autografate e video di auguri da donare a bambini malati. In altre chat dal contenuto speculare, ci sono anche ex giocatori dell’Inter come Radja Nainggolan e Stefano Sensi, ma anche Marcelo Brozovic, al quale Caminiti aveva inviato foto di due donne che avrebbero voluto conoscerlo di persona. E poi dirigenti dell’Inter, intermediari, alcuni calciatori del Monza, Daniele Bonera, allenatore di Milan Futuro, squadra primavera del club rossonero e contatti con esponenti della FIGC.
Tra le migliaia di messaggi estrapolati dal telefono di Caminiti, anche le chat con un altro indagato, Gherardo Antonio Zaccagni, di fatto datore di lavoro del calabrese. Dopo la pubblicazione di un articolo di giornale, legato proprio alla gestione dei parcheggi dello stadio Meazza, Zaccagni invita Pino Caminiti a «mantenere un basso profilo», mentre a gennaio dell’anno scorso quando Zaccagni, a suo dire, asseriva di aver presentato querela contro il giornale, fatto in realtà non riscontrato dagli inquirenti. Dall’analisi delle 222.283 immagini presenti sul dispositivo, nell’informativa, infine, sono state riportate quelle ritenute più significative, come le foto ritraenti buste ritirate dai parcheggi e contenenti il “nero”, il conteggio contanti e foto con soggetti di interesse. (g.curcio@corrierecal.it)
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