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‘Ndrangheta, gli affari al nord dei Gaglianesi: la società «vuota» di Novara e le truffe ai fornitori

Nell’inchiesta ricostruita la parabola della Alipadania Srl, una «scatola vuota» con cui si gestiva un supermercato nel Milanese

Pubblicato il: 01/03/2025 – 11:33
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‘Ndrangheta, gli affari al nord dei Gaglianesi: la società «vuota» di Novara e le truffe ai fornitori

CATANZARO Una società destinata a fallire ancora prima di nascere. È l’accusa mossa nei confronti di Giuseppe Rijitano, Salvatore Corea, Pietro Procopio e il figlio Giuseppe, tutti indagati nell’inchiesta Clean Money scattata giovedì contro la ‘ndrangheta catanzarese. Sarebbero loro i promotori di un piano criminoso che prevedeva la creazione di una società, intestata fittiziamente a un soggetto “pulito” e utilizzata come strumento di truffe e riciclaggio. Tra le accuse anche bancarotta fraudolenta, essendo la società finita in liquidazione nel novembre del 2022. Non una semplice «crisi imprenditoriale» ed «economica», come sottolinea il gip Gilda Romano, dal momento che fin dall’inizio gli indagati avrebbero ordito «la costituzione di una società vuota e fittizia».

La società con sede a Novara

La vicenda ruota attorno alla Alipadania srl, società con sede a Borgo Ticino a Novara e impegnata nel settore dei supermercati. È intorno al 2021 che viene captata una conversazione in cui si discute di «un affare al nord circa un supermercato da attivare in provincia di Novara». Un progetto, di cui ideatori sarebbero Rijitano, Corea e Procopio, già a buon punto, ma per il quale mancava ancora l’individuazione di un intestatario fittizio. Nel valutare i “papabili” candidati viene sottolineata l’importanza della scelta perché «spesso si sbaglia e dopo un periodo di tempo i sodali “iniziano a prendere vizi”, cioè ad avanzare pretese». Anche Antonio Anello, originario di Curinga e indagato, avrebbe partecipato alla discussione, suggerendo di di creare «un contratto costitutivo della società facilmente fallimentare». Un passaggio per gli inquirenti esplicativo di come già in partenza la società fosse destinata a fallire. Il tutto «sotto la regia di Pietro Procopio», tramite la quale sarebbero stati avviati una serie di rapporti commerciali con varie ditte, per poi interrompere i pagamenti una volta ottenuto il materiale dai fornitori e portare «fraudolentemente la società alla procedura fallimentare».

Il modus operandi: prima pagamenti regolari, poi la truffa

Per il gip emerge il piano degli indagati di «creare una scatola vuota con un fittizio amministratore». Un «mero fermacarte», come definito dagli inquirenti, che sarebbe stato individuato in un soggetto, poi nominato come amministratore unico, «testa di legno della realtà societaria di nuova creazione». La società, dopo l’effettiva costituzione, porta alla nascita di un supermercato a Pogliano Milanese nel 2021. A gestire gli affari al posto dell’intestatario fittizio sarebbero stati invece Procopio padre e figlio, Rijitano e Corea, unitamente a Michele Maccherone (indagato). I soci avrebbero gestito in prima persona «la contrattazione con i fornitori», dalla valutazione delle merci alla rivendita nelle loro imprese, tutto con lo stesso modus operandi: pagando regolarmente i primi ordini per poi «non pagare più, rispondendo falsamente ai creditori, inventando scuse verosimili, fino a sparire dalla circolazione». La merce “acquistata” sarebbe stata poi trasportata a Catanzaro e destinata ad altre imprese riconducibili, secondo gli inquirenti, sempre a Pietro Procopio.

La pressione dei creditori e la liquidazione

Un meccanismo che sarebbe presto imploso, come dimostrano le numerose richieste di pagamento dai fornitori che iniziano ad arrivare, tanto che Maccherone avrebbe detto a Rijitano di «essere con la lava sotto i piedi, ovvero pressato dai creditori». Gli inquirenti ricostruiscono così, anche grazie alle denunce delle imprese stesse, le decine di ditte che sarebbero state truffate in questo modo, fino alla procedura di liquidazione giudiziale della Alipadania srl. «Singolare» secondo gli inquirenti è poi il modus operandi utilizzato dal gruppo per comunicare senza correre il rischio di essere intercettati, ovvero garantendo «l’accesso a una cartella comune di posta elettronica» con la scrittura di email mai inviate, «così evitando eventuali monitoraggi», ma lasciate in bozza in modo che ognuno potesse accedervi. (ma.ru.)

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