MILANO «Mi piace capire la ‘ndrangheta come lavora. Io sono un esperto di ‘ndrangheta», io o fino al 2010 «fino a quando non sono andato via dalla omicidi, ho fatto le relazioni per la Dda di Milano». Quindi a me piace studiare la ‘ndrangheta, «dicevo ai miei clienti “se io vi dico che Carmine Gallo non è collegato alla ‘ndrangheta è sicuro”, perché a costo di chiedere ai miei informatori in giro lo facevo».
È l’11 dicembre del 2024 quando l’indagato Carmine Gallo si presenta ai pm della Dda di Milano per l’interrogatorio. Il verbale, insieme ad una mole enorme di documenti, è stato depositato insieme agli altri già in parte desegretati.
Da queste dichiarazioni emerge la passione che, per decenni, ha animato la vita di Carmine Gallo, stroncato da un infarto lo scorso 9 marzo mentre si trovava ai domiciliari. Una carriera illustre messa in ombra dalla recente inchiesta sui presunti dossieraggi e cyber spionaggio della Dda di Milano e la “Equalize”.
Le domande dei pm Francesco De Tommasi e Antonello Ardituro si concentrano su temi precisi, mirano a far luce su alcuni degli aspetti emersi dall’inchiesta, con particolare riferimento alla nota vicenda Eni e sul report che sarebbe stato redatto su commissione della società petrolifera nei confronti di Piero Amara, Vincenzo Armanna, il primo ex avvocato esterno e il secondo ex manager licenziato da Eni ma entrambi grandi accusatori nel processo Eni/Shell-Nigeria finito con tutte assoluzioni nel 2021, e l’imprenditore calabrese, Francesco Mazzagatti. I pm chiedono a Gallo come è iniziato il rapporto con la società petrolifera, l’ex superpoliziotto parla di un uomo, il titolare di una società, che lo avrebbe messo in contatto con l’avvocato Speroni. «Quando lo vedo lui sa già il mio background, e mi dà l’incarico e mi dice: “Tramite lo studio va bene? Dentons, vi vorrei dare un incarico di una ricostruzione patrimoniale di Amara e Armanna». Tutto perché, come illustrato ai pm da Gallo, «erano stati assolti, credo, e volevano chiedere i danni patrimoniali ad Amara e ad Armanna. Quindi ci chiedono una ricostruzione patrimoniale e i collegamenti che possono avere» e in più una «ricostruzione patrimoniale di entrambi, i collegamenti che hanno loro con personaggi che abbiano potuto ruotare intorno alla vicenda Eni», quella per intenderci legata all’inchiesta sulla Nigeria.
A questo punto l’ex superpoliziotto spiega ai pm: «Nella ricostruzione patrimoniale di Amara inserisco pure il filone che più mi intrigava a me, il filone Mazzagatti». Il perché? Lo spiega ai pm proprio Gallo. «Mi intrigava dal punto di vista ex professionale, perché dico: io ho lavorato a Oppido Mamertina, se il signor Mazzagatti nasce lì e senza né arte né parte costituisce una società di succhi di frutta nel porto di Gioia Tauro, a 22/23 anni. La costituisce lì e viene anche arrestato per truffa, riconducibile al gruppo Piromalli, e poi viene assolto, eh! E così via…». E ancora: «Improvvisamente la società si trasforma da succhi di frutta in commercio prodotti petroliferi. La società cambia sede da Gioia Tauro si trasferisce a Londra… la cosa mi intriga». I sospetti di Gallo, infatti, lo inducono a fare degli accertamenti e «verifico che a Oppido Mamertina esiste un clan, ma già lo sapevo però, una ‘ndrina che si chiama ‘ndrina Mazzagatti» e questi, spiega ancora ai pm «sono cugini di secondo grado di questo Mazzagatti qua, e quindi dico “c’è qualcosa che non va”».
Carmine Gallo parla del «famoso carico di greggio iraniano, fatto passare per iracheno». Ed è in questo frangente che il pm si concentra sull’accusa di Gallo nei confronti dell’imprenditore calabrese. «Io acquisisco l’ordinanza del gip di Palmi, e vedo che tutti gli esponenti di questa organizzazione sono Piromalli o legati al loro», pagine e pagine di ordinanza che spingono Gallo a concentrarsi su un elemento, per lui, chiave: «Chi ha trattato ‘ndrangheta lo sa: se i Piromalli organizzano una truffa non si portano in casa gente che non è legata a loro» e «uno di questi ha pure collaborato, dopodiché è stato assolto, devo dire, Mazzagatti», ammette Gallo che comunque non cambia la sua posizione rispetto all’imprenditore calabrese.
Conclusioni che, racconta ai pm, Gallo ha tratto «attraverso un collaboratore di giustizia, un cugino di Saverio Morabito, l’avevo convinto negli anni ‘90 a collaborare e ha collaborato con la giustizia, uno che bene o male mi dava informazioni prima». Secondo Gallo, dunque, questo collaboratore di giustizia gli fornisce dettagli compromettenti per ricostruire il profilo di Mazzagatti, «ma non l’ho inserito nel rapporto, no». Lo stesso Gallo, rispondendo ai pm, ammette di aver fatto ricerche sullo SDI (…) ho acquisito tramite Eni degli atti depositati della Guardia di Finanza che aveva fatto già le indagini, dove c’era scritto che era stato fermato insieme ai Piromalli e dico: “Porco Giuda!”», con un certo rammarico per non essersi “fidato” delle proprie conoscenze. Sebbene alla fine Mazzagatti verrà comunque assolto da tutte le accuse. (g.curcio@corrierecal.it)
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