LAMEZIA TERME Nell’offerta turistica e culturale calabrese rappresenta, di certo, uno degli elementi fondamentali e costitutivi essendo, d’altro canto, uno degli istituti museali archeologici più prestigiosi d’Italia. Il Museo di Reggio Calabria, ospitato in un palazzo tra i primi in Italia a nascere come struttura progettata sin dall’inizio per le esposizioni museali, è figlio della ferrea volontà di Paolo Orsi, primo Soprintendente agli scavi della Calabria e nome storico dell’archeologica italiana ed internazionale. Forse non tutti sanno che il museo reggino non solo ospita e rende visibili reperti che documentano in maniera mirabile la storia antica ed antichissima della regione ma è, esso stesso, un’area archeologica. Al suo interno, infatti, si trova un lembo della grande necropoli ellenistica scoperta durante la costruzione dell’edificio. Durante i lavori di costruzione affiorò infatti una necropoli relativa all’abitato della Rhegion di età ellenistica, un sepolcreto datato tra il IV e il II secolo a.C. Si è in presenza, dunque, di un luogo iconico, capace di essere allo stesso tempo contenitore e contenuto, centro propulsivo per la cultura (ed il turismo) regionale. L’ultima iniziativa in ordine di tempo la mostra “Gli Dei ritornano. I bronzi di San Casciano” che dal 5 agosto del 2024 fino a due mesi fa ha portato in riva allo Stretto l’affascinante universo degli antichi rituali etruschi e romani legati alle acque termali.
Una mostra che ha riscosso un prevedibile successo «è andata molto bene – dice al Corriere della Calabria il direttore del Museo, Fabrizio Sudano – abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo preposti all’inizio portando qui una esposizione che aveva avuto già un grande successo al Palazzo del Quirinale ed al Museo archeologico nazionale di Napoli. Abbiamo dato ai visitatori di Reggio Calabria e non solo la possibilità di ammirare i risultati di una scoperta eccezionale, se i Bronzi di Riace sono la scoperta più importante del secolo scorso, quelli di san Casciano lo sono di questo secolo». Quanto ai visitatori del Museo «i numeri – dice Sudano – sono in linea con quelli degli anni scorsi con un trend che è in crescita e che speriamo di mantenere per tutto il 2025». Circostanza quest’ultima che, probabilmente, gioverà dell’aumento complessivo di quanti si recano a Reggio Calabria, complice l’aumento esponenziale degli arrivi nell’aeroporto dello Stretto. «Questo – sottolinea Sudano – certamente si, riscontriamo il fatto che chi arriva da turista in città dedica una parte della permanenza al nostro Museo, è un riscontro che abbiamo direttamente grazie al fatto che all’ingresso ed in biglietteria facciamo una piccola intervista al visitatore per capire come ha scoperto il Museo, come è arrivato, da dove viene. I risultati ci raccontano di un interesse specifico dedicato proprio al Museo».
Uno degli elementi che caratterizza poi la struttura museale reggina riguarda la narrazione contenuta al suo interno, che ne fa – oggettivamente – un unicum. «Siamo a Reggio Calabria – aggiunge ancora Sudano – ma andiamo oltre i confini comunali, raccontiamo come nessun altro la Magna Graecia. L’idea di Paolo Orsi era quella di raccogliere qui i materiali degli scavi compiuti tra la fine del 1800 e i primi del 1900, venne a lui l’idea di fare qui il museo della Magna Graecia. Noi abbiamo raccolto questa eredità e, ripeto, raccontiamo la Magna Graecia come nessun’altra struttura in un allestimento che dal punto di vista cronologico e tematico fa fronte a tutte le tematiche di quell’epoca».
Il Museo, e questo forse spiega il suo successo, non è una realtà ferma, fissa attorno al suo centro narrativo ma programma, progetta, investe e ciò a reggio vuol dire anche recuperare la sua dimensione di area archeologica «è vero, stiamo lavorando alcune importanti attività. Abbiamo da poco finito lo scavo sulle tombe, erano inserite in un percorso che garantivamo grazie ad un accordo di partenariato con il Touring Club. Il Museo nasce sulla necropoli dell’antica Reghion di età ellenistica, una parte di tombe era stata scavata negli anni 30 e 40 del secolo scorso, dopo quasi un secolo abbiamo approfondito questo scavo ed ora siamo di fronte a risultati oggetto di studio. I Musei si occupano di strutture fisse e collezioni, abbiamo avuto l’opportunità di procedere con lo scavo e lo abbiamo fatto convintamente».
Ultimo aspetto, non certo in ordine d’ importanza visto il valore dell’argomento, i Bronzi di Riace sui quali «il lavoro è continuo, abbiamo finito il check up che è durato sei mesi, ora siamo nella fase in cui i dati raccolti, con la collaborazione dei nostri partner e cioè l’Istituto centrale per il restauro e l’Università di Genova, sono soggetti a verifica. Probabilmente saremo chiamati ad integrare i lavori fatti o a concretizzare un nostro intervento sulla sala Bronzi». Fin qui il racconto delle attività in corso per il futuro il direttore del museo scegli edi non sbilanciarsi «lavoriamo su fronti importanti ma non trascuriamo affatto esposizioni e mostre, non anticipo nulla ma stiamo guardando ad iniziative di rilievo nazionale». (redazione@corrierecal.it)
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