Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 23:51
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 3 minuti
Cambia colore:
 

inchiesta call me

‘Ndrangheta, smartphone e Wi-Fi in carcere: fino a 2mila telefonate a settimana. «Emergenza allarmante» – VIDEO

Nel mirino della GdF il clan La Rosa e gli ordini impartiti all’esterno. «Ci confrontiamo con professionisti del crimine»

Pubblicato il: 08/04/2025 – 11:40
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
‘Ndrangheta, smartphone e Wi-Fi in carcere: fino a 2mila telefonate a settimana. «Emergenza allarmante» – VIDEO

CATANZARO «Abbiamo colpito l’attività criminale della cosca La Rosa di Tropea e Ricadi, una costola dei Mancuso, operativa già dal 1990 come accertato dalle sentenze. La peculiarità di questa operazione è un allarme sociale nazionale ovvero la disponibilità da parte di detenuti di cellulari, smartphone e anche connessione Wi-Fi. Un allarme che ha indotto il legislatore a prevedere un reato ad hoc, ma questo evidentemente non ha risolto il problema se è vero che secondo dati della amministrazione penitenziaria nel 2024 sono stati sequestrati oltre 2.500 strumenti nelle carceri». Così il procuratore capo della Distrettuale antimafia di Catanzaro, Salvatore Curcio, in conferenza stampa stamattina in Procura dove ha illustrato alcuni dei tratti salienti della nuova inchiesta “Call Me” condotta all’alba di oggi e che ha portato all’arresto di 10 persone.

«Notevole vulnus nella sicurezza pubblica»

Per il procuratore della Dda di Catanzaro è un fatto allarmante perché «la comunicazione dalle carceri è un notevole vulnus nella sicurezza pubblica». «Abbiamo dimostra l’ultrattività criminale dei La Rosa attuata con questo sistema di comunicazione per impartite direttive e consumare reati contro il patrimonio, poi abbiamo acquisito gravi indizi di colpevolezza in particolare di un soggetto che si comportava da boss anche in carcere». Il procuratore Curcio ha parlato di “contromisure” come schermature o dissuasori che creano una sorta di nebbia elettronica, «i jammer utilizzati in Francia e Germania che creano rete di cellulare fittizia che filtra ogni dispositivi con una sorta di “autorizzazione”: ben venga ogni soluzione perché la situazione è ormai allarmante».

«Mogli e compagne fondamentali»

Come spiegato dal colonnello Manno della Guardia di Finanza di Catanzaro, «un elemento investigativo importante che emerge dall’operazione è poi il ruolo delle donne di ‘ndrangheta, perché erano loro, mogli e compagne soprattutto, ad assicurare il collegamento tra detenuti e il mondo esterno». «Gli apparati radiomobili e le schede SIM erano intestati soprattutto a extracomunitari», hanno spiegato i finanzieri del Nucleo di Polizia economica e finanziaria. «Sul ruolo delle donne, inoltre, ne spiccano in particolare oggi ristrette al 41bis. I proventi estorsivi – definiti con nomi in codice come “arancina” – finivano nella bacinella della cosca». E, inoltre, «abbiamo monitorato 30mila conversazioni, soggetti che facevano 2000 telefonate in una settimana».

«Ci confrontiamo con professionisti del crimine»

Per il procuratore Curcio, «una delle possibilità è che all’interno delle carceri ci sia qualcuno che agevoli ingresso dei dispositivi, ma può anche non essere così». Per il capo della Dda, infatti, «basta anche mettere un cellulare di 7cm in una ‘nduja, poi certo dipende anche dalle abilità di chi controlla. Quindi non pensiamo necessariamente alla complicità, la tecnologia ormai è così avanzata che tutto può essere. La verità è che ci misuriamo con gente scaltra e furba, sono professionisti del crimine».  «Sulle estorsioni – invece – abbiamo già accertato le pressioni de La Rosa su attività turistiche e commerciali». (c. a.)

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato  

Argomenti
Categorie collegate

x

x