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‘Ndrangheta, l’omicidio Mormile e i dubbi dei giudici: i Servizi “deviati”, la Falange e la difesa di Pace

Nelle motivazioni sull’assoluzione del collaboratore Salvatore Pace, la Corte affronta i diversi aspetti sollecitati dalla difesa

Pubblicato il: 15/04/2025 – 18:38
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, l’omicidio Mormile e i dubbi dei giudici: i Servizi “deviati”, la Falange e la difesa di Pace

MILANO «Il diritto alla verità è ormai un fondamento pacifico a livello normativo e giurisprudenziale, sia nazionale che sovranazionale…». Questo incipit dell’avvocato di parte civile, Fabio Repici, pronunciato davanti ai giudici della Corte d’appello di Milano durante il processo contro il collaboratore di giustizia Salvatore Pace, classe 1956 di Petilia Policastro, imputato dopo la riapertura delle indagini sull’omicidio di Umberto Mormile, l’educatore del carcere di Opera ucciso dalla ‘ndrangheta, nel Milanese, l’11 aprile del 1990. Gli stessi giudici che, il 12 marzo, hanno ribaltato la sentenza di primo grado, assolvendo Pace perché «il fatto non sussiste». Per i giudici «il diritto alla verità non è incompatibile con la cultura delle garanzie processuali ed il rispetto delle regole», replicano, di fatto, nelle motivazioni del processo.

L’assoluzione

Come si legge nelle oltre 70 pagine, infatti, la Corte «non avrebbe esitato – pur a fronte della manifesta tardività della sollecitazione istruttoria – a fare uso dei poteri officiosi» compiendo rinnovazione probatoria (di prove nuove o già acquisite), a condizione che questa «fosse necessaria e decisiva alla definizione processuale di Salvatore Pace; non di altri o di altro». Per i giudici «non può esservi concorso morale né quale contributo istigatore ovvero rafforzativo del proposito criminoso» né quale «contributo agevolatore causalmente efficiente» vista «l’assoluta ignoranza in capo a Pace» del piano criminoso. Pace, come asserito dai giudici, «non era a conoscenza della consegna da parte di Cassaniello a Schettini «della moto enduro risultata poi non marciante», venendone a conoscenza successivamente. In ogni caso, si legge nelle motivazioni, anche una eventuale e pregressa conoscenza dei propositi criminosi dei gruppi criminali Papalia-Coco-Trovato «non basterebbe a fare di Salvatore Pace un concorrente».

L’esistenza dei Servizi “deviati”

La Corte fa poi riferimento agli ignoti autori dei Servizi “deviati” emersi nella fase dibattimentale. Per i giudici della loro «esistenza e corresponsabilità» non sono stati cercati e «non si sono potuti identificare». Inoltre, secondo la Corte, è un dato storico inoppugnabile che «l’omicidio Mormile sia stato il primo omicidio rivendicato dalla sigla Falange Armata» ma è altrettanto inoppugnabile che lo sia stato a distanza di sei mesi (ottobre ‘90) dalla sua consumazione (aprile ‘90) e che, nel frattempo, precisamente nel maggio 1990, «erano già pervenute alle carceri di Milano-San Vittore e Milano-Opera alcune telefonate con le quali, per la prima volta, si faceva riferimento (in termini intimidatori) alle “F.A.C. – Falangi Armate Carcerarie”, senza alcun accenno alla morte» di Mormile, così da non poter raggiungere (almeno per ora) «la certezza che si sia trattato di una rivendicazione autentica, proveniente dagli autori “veri” del delitto e non piuttosto un ex post “di convenienza”, ovvero ancora di un depistaggio».
Il perimetro della possibilità, secondo la Corte, «è ben più ampio di quello della probabilità», ragion per cui sarà sufficiente prospettare che il rinvio a giudizio di soggetti mai potuti identificare prima «rientri nell’esito possibile del procedimento da riaprire, e questo verrà aperto senza alcun limite» ma, altrettanto certamente, senza alcuna interferenza o ricaduta «sulla posizione processuale di Salvatore Pace», scrivono i giudici nelle motivazioni.

L’indagine “Equalize”

I giudici, inoltre, affrontano uno degli aspetti chiave su cui l’avvocato Repici aveva puntato fortemente ovvero le ultime risultanze investigative emerse dall’inchiesta “Equalize” della Dda di Milano contro il sistema di dossieraggio abusivo da parte dell’azienda dell’ex poliziotto – defunto – Carmine Gallo. «Se dalle investigazioni attualmente in corso – scrivono – dovessero emergere indizi di reità» che l’omicidio dell’educatore Mormile «fu voluto non solo dai mandanti già condannati ma da sinergiche volontà criminose di segmenti deviati degli apparati statuali oltre che dall’intero “consorzio mafioso”, la competente Autorità Inquirente non mancherà di procedere nei confronti dei responsabili, se identificati o identificabili.

La difesa di Pace

Altro aspetto ritenuto cruciale dalla parte civile, la scelta da parte dell’imputato Pace dell’avvocato Verdoliva – indagato proprio nell’inchiesta “Equalize” – che sarebbe stata «suggerita da Carmine Gallo per veicolare la “ritrattazione” dell’imputato», così da porre «l’ennesima pietra tombale su eventuali corresponsabili». Per i giudici «i criteri di scelta di un professionista in luogo di un altro da parte di un indagato/imputato, sono insindacabili» tanto da costituire «grave violazione deontologica per il giudice», definendola una connessione fra procedimenti tale da far insorgere incompatibilità difensive «per ora talmente labili da non riuscire a coglierle». (g.curcio@corrierecal.it)

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