La Calabria è una regione che può crescere
Perché la nostalgia qui ha poco senso

Lo avvertivo ma ne ho avuto la certezza qualche giorno fa. Dovendo prenotare un albergo a Trebisacce (siamo a maggio anche se dentro vari ponti) non solo ho trovato gli alberghi aperti ma ho avuto modo di verificare che l’offerta era anche sostenuta economicamente. È il mercato che fa i prezzi, dunque se questi sono più alti di quello che ci si aspetta qualcosa significherà.
È, paradossalmente, un buon segno (beninteso se non si esagera). Un indizio di vitalità. Una vitalità che può fare bene alla Calabria anche perché è una regione che ha poche nostalgie da custodire e molto futuro da costruire. Uno slancio che il Paese in questo momento non ha, piegato a recriminare sul passato e scarsamente capace di guardare avanti. È un sentimento umano la nostalgia che incautamente, però, per un meccanismo di protezione mentale, ci rappresenta il tempo sempre come elaborazione eroica e straordinaria. Anche nei giornali la nostalgia è di moda, una cosa diversa dalla memoria. Ogni giorno paginate di interviste a figli, nipoti, vedove/i che raccontano storie che non ci sono più. In genere l’intervista inizia con una domanda sul primo ricordo.
E il futuro? Chi ha il coraggio di guardare al futuro?
L’altro giorno, all’indomani delle celebrazioni del funerale del Papa, Claudio Velardi faceva un parallelo tra la Chiesa e il Paese, più giovane la prima per la capacità di guardare avanti, a differenza dell’Italia che negli stessi giorni ancora una volta si è divisa sul 25 aprile. Un paese vecchio, non solo anagraficamente.
È come se, scriveva il direttore del Riformista, la Chiesa di dividesse sul Concilio di Trento. E invece morto un papa se ne fa un altro, è un vecchio detto, non è blasfemia, significa che bisogna avere gli strumenti, come comunità al di là dello sforzo dei singoli più o meno piegati da vicende individuali, di immaginare un domani. Alternative non ce ne sono.
Può sembrare ardito, ma in quest’Italia mummificata, che si consola o si divide volgendosi indietro, chi “desidera” ha una possibilità in più. La Calabria in questo momento desidera ed è in movimento. Potrebbe mai rimpiangere gli scempi del saccheggio edilizio? Potrebbe mai rimpiangere la stagione dei sequestri? Potrebbe mai rimpiangere stragi come quella di Duisburg? Qui non parliamo di politica, che pure ha il suo valore. Perché sarebbe ingiusto e semplicistico concentrare “il desiderio” solo sull’azione politica, polverizzando altre stagioni o negando, ad esempio, molti deliri giudiziari che ci sono stati. Bisogna però a un certo punto sfuggire alla trappola della recriminazione permanente, dell’aspettativa risarcitoria e della percezione dell’assoluta bellezza del tempo che fu. Bisogna immaginare cose nuove e questo la Calabria lo sta facendo anche se è difficilissimo. Non si può azzerare la follia del passato abbattendo un parco mondo come quello di Diamante, per dirne una. Ma come è stato possibile? Non che le cose siano messe bene altrove ed ora. A me piace Palizzi così com’è ma vi sembra presentabile? Persino Scilla, fuori dall’obiettivo ristretto, ha da archiviare. Questo per dire che bisogna ardentemente desiderare il nuovo, e ben vengano dunque le rotte aeree e la metropolitana di Catanzaro, possono avere effetti ultronei sull’intera comunità regionale, sui cittadini cioè, sui calabresi con un istintivo adeguamento a ciò che sta cambiando. È una specie di contagio, indipendente dall’adesione a questa o quella politica. È come quando hai una strada pulita e ti autocensuri, ti trattieni dall’inciviltà. Poi i problemi restano, e sono tanti. Ma intanto a Trebisacce gli alberghi sono aperti e costano pure parecchio. (redazione@corrierecal.it)
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