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l’analisi

Corrado Alvaro, l’anima letteraria e la forza del narrare

I tantissimi scritti lasciati mostrano non soltanto straordinarie opere completate, ma anche opere immaginate, progettate e abbozzate

Pubblicato il: 04/05/2025 – 10:32
di Domenico Talia*
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Corrado Alvaro, l’anima letteraria e la forza del narrare

«Tra le carte di un grande artista, alla fine dei suoi giorni, si ritrova spesso il progetto d’un’opera di fronte alla quale quella già svolta non sarebbe che il principio». Questo scriveva Corrado Alvaro nel primo articolo di una serie pubblicata sulla terza pagina del quotidiano “La Stampa” tra il 4 luglio e il 31 ottobre del 1939. Si tratta di una delle tante riflessioni che Alvaro in quegli articoli brevi ma densi di concetti, ha fatto sulla letteratura e che valgono anche per egli stesso, per lo scrittore che è stato. Infatti, i tantissimi scritti lasciati dall’autore nato a San Luca nella primavera di 130 anni fa, mostrano non soltanto straordinarie opere completate, ma anche opere immaginate, progettate e abbozzate che avrebbero trovato un compimento se la sua vita non si fosse arrestata nel 1956, sulla soglia dei sessant’anni.

La raccolta degli articoli del 1939 che prende il nome di “Dodici libri di cento pagine: sintesi del pensiero umano”, sono state ripubblicate nel 1993 dall’editore Monteleone a cura di Vito Teti che ha lavorato sui manoscritti conservati da Massimo Alvaro, il figlio dello scrittore. Si tratta di articoli dove la passione giornalistica di Alvaro incrocia l’altra sua passione, quella letteraria, e mostra come lui abbia saputo essere anche un saggista e un critico letterario dotato di grande profondità di analisi.
Alvaro scrive quegli articoli, che hanno per oggetto la scrittura e il romanzo, tra l’estate e l’autunno del 1939. Un anno dopo la pubblicazione di “L’uomo è forte” e proprio mentre la Germania nazista sta per invadere la Polonia, facendo così esplodere l’immensa tragedia della Seconda guerra mondiale.
La motivazione dei suoi scritti, lo scrittore calabrese la fornisce nel primo articolo: «Comincerò con dodici libri di cento pagine. Poiché viviamo in un tempo di enormi trasformazioni, e per esperienza che abbiamo fatta in pochi anni possiamo dire di capire come forse nessun’altra generazione alcuni fenomeni, anche i vecchi libri possono dire cose nuove a chi, trovandosi in mezzo a un’esperienza fondamentale della storia, può leggerli con occhi più acuti che nei tempi semplici e tranquilli».

Da queste poche frasi, si intuisce come lo scrittore calabrese non è fuori del suo tempo. Anzi, avverte la tragicità del momento storico e si rivolge ai classici delle letteratura (“i vecchi libri”) per cercare risposte, vie d’uscita che la cronaca quotidiana di quegli anni non riusciva a dare. Tra le diverse opere discusse nei dodici articoli per “La Stampa”, Alvaro scrive del “Fedone” di Platone, della “Poetica” di Aristotele, del “Commentario della guerra delle Gallie” di Giulio Cesare, delle “Lettere” di San Paolo, del “Principe” di Macchiavelli, dei “Dialoghi delle Scienze Nuove” di Galileo Galilei e dei “Canti” di Leopardi.
Per Alvaro si tratta di una biblioteca minima, ideale, di libri brevi ma fondamentali per la cultura occidentale, per «dare una storia dello spirito umano», perché «molte parole d’ordine che hanno colorato di loro un tempo storico sono partite da uno di questi brevi libri». E anche perché questi classici sono stati imitati più volte e tante altre opere letterarie sono state originate da essi. Si tratta di opere delle quali è stato difficile riconoscere la grande originalità quando erano apparse, perché un’arte nascente è sempre difficile da comprendere «ed essi appariranno anzi nel loro vero valore quando vi sarà passata sopra la turba degli imitatori e dei mestieranti». Oggi possiamo dire che queste considerazioni valgono certamente anche per l’intera opera letteraria di Corrado Alvaro che è riuscita a sopravvivere al trascorrere del tempo e anche dopo un secolo dimostra la sua grande capacità narrativa e la particolare suggestione letteraria nell’affrontare i temi fondanti dell’esistenza umana.
Nei “Libri di cento pagine” Corrado Alvaro unisce la sua arte giornalistica, fatta anche di grande sintesi, con il suo spessore di critico analitico della letteratura. Insomma, uno scrittore-giornalista che conosce l’importanza della forma romanzo e la analizza con la profondità necessaria e la sa descrivere in poche frasi che rimangono come esempi di acume saggistico. Gli bastano, ad esempio, poche parole per definire cosa è il romanzo in una maniera convincente e straordinaria al tempo stesso: «quella operazione propria del grande scrittore, che è la creazione d’una vita, che non è verità e neppure menzogna, che è fantasia e intanto si fa realtà dando un significato alla vita stessa.»

Un’analisi di questi dodici articoli permette di indagare il rapporto vitale per Alvaro tra l’uomo e la scrittura, tra la vita e la finzione, tra il viaggio e il romanzo, tra l’individuo e il senso del narrare tramite la forma libro: «che è il tentativo vero e proprio d’inventare un mondo», e per farlo «allo scrittore rimane una risorsa: rispecchiarvi la sua essenza profonda di uomo». Ogni articolo è la rivelazione di aspetti capitali per l’essere umano, attraverso l’indagine di opere fondamentali per la cultura occidentale. In quegli scritti appare evidente una forte critica alla “letteratura d’ozio”, a quella letteratura prodotta come forma di intrattenimento che ha un ruolo simile a quello di un dessert in un menu.
La narrazione trova fondamento tecnico nel linguaggio e Alvaro si preoccupa di spiegare, anche tramite i consigli di Aristotele, che il linguaggio «deve essere accuratissimo e ricco dove il dramma stagna e ridotto all’indispensabile dove il dramma ha rilievo e procede serrato». E, ancora sulla letteratura, l’analisi delle principali opere della narrativa europea gli permette di descrivere trasformazioni storiche come quella del passaggio da una narrazione di grandi personaggi, di santi ed eroi, al racconto della piccola umanità, del complesso della società che diventa motore delle storie e della Storia. La letteratura esce fuori dai luoghi nobili e osserva il mondo, descrivendolo nelle sue vite minime. Non è più soltanto narrazione dei miti, dei superuomini, racconta il reale con i suoi personaggi ‘minuti’, con l’elemento personale, con i limiti e le capacità dell’essere umano. Queste capacità si presentano come elementi fondamentali di trasformazioni storiche. Questo è un aspetto che Alvaro evidenzia nell’articolo sul “De bello Gallico” di Cesare, mostrando come la potenza tecnica dei romani, messa a servizio dell’impero, abbia cambiato l’Europa. «I popoli primitivi prendono la natura quale essa è, considerandola immutabile … Il passaggio da questo stato a quello in cui l’uomo prende il sopravvento sulla natura, non è un fatto dell’istinto …». Dietro questo passaggio, che gli antichi romani hanno saputo realizzare, c’è la tecnica che ha permesso loro di conquistare tanti popoli e immensi territori. La tecnica sviluppata dai romani ha trasformato le società primitive in società nuove nelle quali la potenza dell’intelligenza umana si è materializzata nelle invenzioni tecniche e così ha costruito una nuova storia. Alvaro scrive: «Con la guerra delle Gallie comincia la storia d’Europa».

Negli articoli sulle scritture di Virgilio, di Dante, di Leopardi e di Goethe, Alvaro riflette sui linguaggi letterari e le epoche in cui questi si realizzano. L’analisi sul linguaggio dei romanzi è presente anche nell’ultimo articolo della serie dedicato a Tolstoj e in particolare alla sua novella psicologica “La sonata a Kreutzer”, pubblicata nel 1889. L’articolo contiene anche una breve descrizione di alcuni colloqui tra Alvaro e Tatiana, la figlia del grande autore russo. Il linguaggio del realismo in Tolstoj serve ad Alvaro per spiegare la responsabilità dello scrittore che non deve lusingare il lettore, servire i suoi desideri, ma raccontare l’essenza dei fatti e delle persone provando a penetrare il mistero della vita.
Sono tanti altri i temi discussi da Alvaro in quei ‘vecchi’ articoli per “La Stampa” sui libri di cento pagine. Tutte questioni che indagano la letteratura con una visione critica, attenta a legarla alla vita. Brevi saggi che analizzano il senso del raccontare come strumento per ricercare il senso dell’esistenza. Cosa che Corrado Alvaro ha fatto fin da giovanissimo e ha portato avanti in tutta la sua vita fatta di parole scritte e di ricerca del senso della realtà, tramite l’indagine narrativa. È anche per queste ragioni che l’opera di Alvaro rimane un valido contributo artistico e culturale anche dopo 130 anni dalla sua nascita.

Domenico Tàlia (Sant’Agata del Bianco1960) è un informatico italiano, professore ordinario di sistemi di elaborazione delle informazioni presso l’Università della Calabria. È autore di diversi libri a carattere scientifico o divulgativo su tematiche di cloud computingHigh Performance Computingdata miningmachine learningcalcolo parallelo. Si è occupato di cultura e di letteratura “calabrese” (in particolare di Saverio Strati, suo compaesano che ha avuto modo di conoscere, e di Corrado Alvaro) ed è autore di racconti, saggi e del romanzo autobiografico L‘inventario delle ombre, Rubbettino, 2023, dove racconta l’universo economico, sociale, culturale del suo paese nel periodo del boom e del grande esodo.

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