Un sasso dialettico “Vergogna”: il libro che racconta e spiega la contesa del seggio tra Scutellà e Gentile
La sindaca finita a sua insaputa tra i sottoscrittori di Irto e la morte di Nino Marazzita principe del foro

COSENZA Vergogna con ben tre punti esclamativi è il titolo che ha scelto l’ex parlamentare pentastellata calabrese Elisa Scutellà affidandosi ad un libro denuncia per non far decantare quello che dal suo punto di vista considera, come recita il sottotitolo, “Il caso che ha lacerato la democrazia italiana”. Ci si riferisce alla insolita vicenda elettorale che l’ha vista sostituire da Andrea Gentile, figlio di Tonino, di Forza Italia per un pugno di voti contestati in punto di diritto e di scontro parlamentare per il seggio conteso. Risalta che un esponente storica grillina, movimento tutto Rete e social, si affidi ad uno strumento novecentesco come un libro in uscita nei prossimi giorni per Pellegrini editore nella forma d’intervista curata da uno specialista di questa tecnica affidata al giornalista Francesco Kostner, il quale con caparbia investigativa si confronta con la parlamentare defenestrata il 12 marzo di quest’anno in una seduta che ha concluso un ciclopico e controverso accertamento della Giunta delle elezioni di Montecitorio. Materia ostica e tecnica non ne manca nell’intervista ma è appassionante per comprendere quello che è accaduto e potersi fare un’idea dei torti e delle ragioni.

Oltre a documenti parlamentari il libro si avvale di una prefazione molto politica di Federico Cafiero De Raho, già magistrato prima di diventare esponente apicale dei 5 Stelle il quale scrive che è stato violato il voto nell’urna di chi ha voluto: “la rivincita di chi si è sentito continuamente vessato dalla prepotenza del ricatto di chi ha il potere” esercitato attraverso “il ricatto del posto di lavoro, della visita in ospedale, dell’autorizzazione per avviare la propria impresa”.
Nel collegio della contesa il confronto era stato tra Andrea Gentile e Anna Laura Orrico che, eletta anche nel proporzionale, aveva lasciato il suo seggio al flipper del Rosetellum a favore di Elisa Scutellà. Uno storia di bipolarismo politico tra una deputata (che ha iniziato la sua attività politica in un met-up grillino di Rossano entrando due volte a Montecitorio) e un figlio d’arte di Forza Italia spesso alla ribalta di celebri polemiche che ha schierato i maggiorenti del suo partito in uno scontro durissimo che ha registrato una retroattività della norma elettorale resa ancora più divisiva dalle 83 persone che hanno consegnato una loro dichiarazione giurata all’avvocato di Andrea Gentile il quale trasferisce tutto alla Giunta delle elezioni evitando di ricorrere alla Procura della Repubblica.
Un sasso dialettico questo “Vergogna!!!” che merita attenzione.
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Il Pd calabrese ha sospeso la sua balcanizzazione presentando una mozione unica a favore del segretario uscente, il senatore Nicola Irto. Apprendiamo che tra i 160 sottoscrittori è stata inserita a sua insaputa la sindaca di Casali del Manco, Francesca Pisani, la quale non ha neanche rinnovato la tessera del partito. Abbiamo ricostruito che la richiesta di adesione al Pd era stata rifiutata dalla sindaca quando è stata interpellata per i dissensi politici che l’amministratrice ha nei confronti del partito e della gestione congressuale. Eppure, il suo nome è stato allineato comunque. Una sorta di vicenda pirandelliana della politica contemporanea che sarebbe meglio spiegare nelle sue tortuose evoluzioni. Così è se vi pare.
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All’uscita del film “Us Palmese” mi sarebbe piaciuto conoscere il parere e le sensazioni del grande avvocato Nino Marazzita. Per due motivi. Nino Marazzita era il figlio di Giuseppe, fondatore dello studio di avvocato aperto a Palmi negli anni Venti, ma anche presidente della Palmese oltre che sindaco della città e senatore socialista tra il 1958 e il 1963. L’altra questione legata al film di Papaleo è che l’avvocato Nino Marazzita da giovane aveva pensato di lavorare nel cinema, al punto di aver superato l’esame per accedere al Centro sperimentale di cinematografia a Roma e di aver seguito per un anno il prestigioso corso di regia vivendo quell’esperienza insieme ad un giovane Bernardo Bertolucci. Sarà l’incontro con il grande penalista Giuseppe Sotgiu attraverso la rivista giuridica “L’Eloquenza” a far diventare Nino Marazzita uno dei più celebri penalisti italiani, ma quella componente cinematografica del suo immaginario si contaminerà molto con la sua professione. Un principe del foro assoluto, avvocato di famosi e poveracci protagonisti dei processi più celebri nella storia d’Italia.
Nell suo studio alla Collina Fleming di Roma dove Nino trasferisce l’attività che il padre già a Palmi svolgeva nei tribunali di tutt’Italia, è passata la storia giudiziaria tricolore dalla lotta armata alla criminalità organizzata, ai reati di corruzione. Da figlio di socialista si è distinto per aver sempre difeso la libertà di stampa, del diritto alla critica e alla satira. Ha difeso Pietro Pacciani e fu leonino nel sostenere la parte civile della sventurata Rosaria Lopez massacrata dai fascisti del Circeo. Parte civile a favore di Pier Paolo Pasolini per l’omicidio all’Idroscalo, Marazzita ha rappresentato un baluardo democratico nella ricerca e nell’accertamento alla verità di uno dei più grandi misteri italiani. Diventerà un personaggio televisivo nazionale su Raidue con la rubrica “L’avvocato risponde” aumentando la sua popolarità quando passa a Mediaset per i finti processi di Forum.
Esperto di letteratura gialla, fama di seduttore, un flirt accertato con la show girl Carmen Di Pietro che non gli risparmia critiche da parte di colleghi avvocati e di magistrati cui sardonico lui rispose: “Tutta invidia”. Collezionista compulsivo di automobili, dalla 500 alle Ferrari, apprezzava molto anche gli orologi preziosi che sfoggiava al polso. Marazzita si affianca ai Francesco Cilea e Leonida Repaci che nascono a Palmi e vanno alla conquista del mondo nei propri campi. Aveva 87 anni. Un grande calabrese che merita molto ricordo a futura memoria.
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Saluto anch’io l’elezione di Papa Leone XIV e segnalo che il giornalista calabrese di Repubblica, Andrea Gualtieri, è stato il primo a dare in diretta la fumata bianca. Complimenti a chi ha iniziato la sua bella carriera nel giornale della parrocchia di San Vito a Cosenza. Premio fake invece al giornalista reggino che nel primo discorso del Pontefice ha ritenuto che i riferimenti ai ponti riguardassero il costruendo Ponte sullo Stretto. (redazione@corrierecal.it)
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