REGGIO CALABRIA Il settore del narcotraffico legato «inevitabilmente ed indissolubilmente» al potere dei clan di ‘ndrangheta. Divenuta la principale attività economica in cui risulta impegnata la criminalità organizzata e la principale fonte di introiti, tale da essersi creata una vera e propria «interdipendenza tra narcotraffico e ‘ndrangheta». In tal senso, gli enormi proventi derivanti dall’acquisto e dallo spaccio di sostanze stupefacenti costituiscono «la principale entrata” del locale di attivo a Platì. Un’analisi che emerge nell’ambito dell’inchiesta “Millennium” della Dda di Reggio Calabria che ha portato all’arresto di 97 persone, tra cui esponenti di spicco dei clan di Sinopoli, Platì, Locri, Melicucco e Natile di Careri, nonché di quelli dei locali di Volpiano, in provincia di Torino, e Buccinasco (Milano).
Tra le consorterie più colpite proprio quella dei Barbaro di Platì, la cui principale fonte di guadagno risulta essere costituito dal business del narcotraffico.
A Platì – emerge nell’ordinanza – quello che dovrebbe essere solo uno dei «vari rami d’azienda» assurge «a ramo principale e necessario» in grado di determinare il controllo e la gestione del clan, e dove la gestione del narcotraffico avviene in maniera «unitaria e centralizzata». Una circostanza confermata dal collaboratore di giustizia Domenico Agresta che sul punto rende agli investigatori importanti dichiarazioni. Un modus operandi, quello dei clan di Platì, utile anche a «prevenire eventuali malcontenti ed evitare così possibili faide». «A Platì – spiega Agresta – si è cercato di creare una gestione unitaria del narcotraffico per non scontentare nessuno e per evitare ulteriori faide ed ulteriori omicidi. Chi ha una strada per importare grosse quantità di cocaina, deve permettere agli altri appartenenti di investire (ovvero di fare puntare con la propria cassa): è per questo che a Platì oggi non ci sono più faide o omicidi. Tutti vengono messi nella possibilità di guadagnare e di sfruttare le varie strade».
E il collaboratore, durante gli interrogatori, fornisce dettagli anche sulle modalità di importazione e distribuzione della droga. Dal Sud America a Platì, per arrivare alle piazze di spaccio della Lombardia, dove il clan ha radicato i propri interessi criminali. Lo stupefacente una volta giunto a Platì veniva immesso nell’hinterland Milanese e Pavese da soggetti originari di Platì che vivevano al Nord. Attraverso «contatti diretti in Sud America» «la cocaina giunge nel porto di Gioia Tauro», da dove esce «tramite i Pesce e i Piromalli. Questi ultimi due gruppi da quello che so io – afferma Agresta – non partecipano alla raccolta del denaro ma si occupano di far uscire la cocaina da porto e si prendono una percentuale che non sono in grado di dirvi a quanto ammonti ma so che vengono pagati con la cocaina e non in contanti». Cocaina purissima: «La cocaina di questo gruppo è quella marchiata con lo scorpione (trattasi di cocaina pura, la migliore, acquistata a un prezzo che non sono in grado di riferire)».
(m.r.)
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