‘Ndrangheta negli appalti pubblici: l’allarme della Dia
La relazione della Direzione investigativa antimafia presentata oggi al Parlamento

ROMA «L’infiltrazione della ‘ndrangheta nel settore degli appalti pubblici e nel rilascio di autorizzazioni, licenze e concessioni è sempre più concreta e articolata». A lanciare l’allarme è la Direzione investigativa antimafia nella Relazione al Parlamento sull’attività svolta nel 2024, presentata stamane nella sede della Stampa estera. «Le cosche hanno evidenziato un crescente interesse nel controllo delle grandi opere pubbliche – rileva il report – e nella gestione delle risorse economiche degli enti locali, come nel caso delle aziende ospedaliere o dei servizi di raccolta rifiuti». Indagini e inchieste giudiziarie «delineano con chiarezza l’immagine di una ‘ndrangheta “proteiforme”, che si distingue per la pervicace vocazione affaristico-imprenditoriale e per il ruolo di protagonista di rilievo nell’ambito del narcotraffico internazionale. In contesti socioeconomici caratterizzati da crisi, la ‘ndrangheta ha saputo intercettare, nel tempo, le misure di sostegno economico-finanziario varate da istituzioni europee e nazionali, diversificando i propri investimenti secondo una logica di massimizzazione dei profitti, in particolare nei settori maggiormente vulnerabili».
Lo scambio politico-mafioso
Nel 2024, sono stati adottati almeno 208 provvedimenti interdittivi antimafia, di cui oltre 138 emanati da prefetture al di fuori della Calabria, alcuni in aree d’origine di altre matrici criminali quali Sicilia, Puglia, Campania, Lazio e Basilicata: misure che «testimoniano la marcata propensione delle cosche a infiltrarsi e a condizionare, in maniera preponderante, i settori agroalimentare, la produzione e il commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari, l’edilizia, il turismo e la ristorazione, nonché il settore estrattivo e dei trasporti nelle province calabresi; mentre, in ambito extraregionale, l’intervento si concentra nei settori agricolo, turistico-ricettivo, della raccolta dei rifiuti, delle costruzioni edili, del trasporto». Non solo: «la diffusione di fenomeni corruttivi in aree territoriali economicamente depresse facilita ulteriormente il condizionamento dei processi decisionali degli enti locali, permettendo alle cosche di ricavare indebiti vantaggi non solo nell’accaparramento di fondi destinati a opere o servizi pubblici, ma anche nel piegare la gestione della cosa pubblica a proprio vantaggio, incidendo sulle competizioni elettorali comunali. Recenti inchieste hanno evidenziato come lo scambio elettorale politico-mafioso per la ‘ndrangheta sia uno strumento in grado di garantire utilità a prescindere dai soggetti eletti poiché, mediante il sostegno a candidati di schieramenti diversi, in maniera diffusiva riescono a godere dell’appoggio trasversale all’interno dell’assemblea eletta».
48 “locali” di ‘ndrangheta attivi tra Centro e Nord Italia
«Il fenomeno mafioso della ‘ndrangheta – evidenzia sempre la Dia – è ormai consolidato e riconosciuto fuori dalla regione di origine in Italia e all’estero. Le più recenti risultanze giudiziarie attestano l’operatività di almeno 48 locali di ‘ndrangheta tra il Centro e il Nord Italia, non solo insediando quelle realtà economico- imprenditoriali, ma replicando anche i modelli mafiosi originari che si fondano sui valori identitari posti alla base delle loro strutture». «Per favorire l’espansione territoriale anche nelle regioni del Centro e del Nord Italia – spiega la Relazione – le cosche hanno fatto leva sulla capacità di instaurare rapporti con clan appartenenti ad altre organizzazioni mafiose di diversa estrazione e origine».
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