‘Ndrangheta, tradizione e modernità imprenditoriale: i clan alla conquista del Lazio
Dalle più importanti famiglie calabresi agli affari con la camorra: un panorama delinquenziale «articolato e multiforme» reso possibile da una «cooperazione strategica»

ROMA «In trent’anni di presenza stabile sul territorio laziale, hanno maturato la capacità di integrarsi in maniera organizzata e strutturata con gruppi di criminalità autoctona», in un collaudato sistema capace di «individuare gli obiettivi da aggredire ed al tempo stesso di assorbire sovrapposizioni, tensioni e frizioni». Così i sodalizi di camorra, ‘ndrangheta, e cosa nostra sono stati in grado perseguire nel Lazio e a Roma, nello specifico, i propri interessi illeciti, «in alcuni casi anche mediante la creazione di articolazioni di proprie strutture criminali, interagendo con gruppi autoctoni e formazioni straniere, riconducibili alle cosiddette mafie etniche, in progressiva evoluzione e adattamento». Il quadro è tracciato all’interno della relazione della Dia riferita all’attività svolta nel 2024, nella quale si parla di un panorama delinquenziale «articolato e multiforme» reso possibile da una «cooperazione strategica» tra le variegate entità criminali che «si conferma strettamente connessa a sofisticate dinamiche di riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita, in particolare rivenienti dai traffici di sostanze stupefacenti, che continuano a rappresentare una delle principali fonti di reddito delle organizzazioni mafiose». Nella relazione viene rilevato che, dopo le regioni storicamente dominate dalle consorterie mafiose tradizionali, il Lazio emerge come uno dei territori più esposti alla convergenza di interessi illeciti di diversa natura: «La presenza criminale appare radicata non solo nella Capitale, ma anche nelle altre province, delineando un contesto estremamente complesso. La coesistenza di strutture mafiose tradizionali, gruppi autoctoni e organizzazioni criminali straniere ha generato un modello multilivello per la gestione del traffico di stupefacenti e per il reinvestimento dei proventi illeciti». Un contesto in cui «il narcotraffico si configura come la minaccia più insidiosa».

Le infiltrazioni della ‘ndrangheta
Fortissima l’influenza e la pervasività della ‘ndrangheta che «si configura, allo stato attuale, come l’organizzazione criminale con la maggiore spiccata capacità di coniugare tradizione e modernità imprenditoriale». L’organizzazione mafiosa calabrese – si legge nella relazione – si dimostra «consapevole che le antiche regole di condotta, il rigido rispetto delle gerarchie e i vincoli di mutua cooperazione costituiscono elementi imprescindibili non solo per la coesione interna, ma anche per l’efficace gestione delle proprie attività illecite». E ancora: «La sua abilità nel preservare riti arcaici, pur adattandosi alle logiche del mercato contemporaneo, consente a questa organizzazione criminale di massimizzare i profitti, consolidando al contempo la propria influenza nei contesti economici e finanziari». Una pervasività «le cui ramificazioni sul territorio laziale, soprattutto nell’area metropolitana di Roma, hanno dimostrato un’elevata capacità di infiltrazione nel tessuto economico e in alcuni comparti della Pubblica Amministrazione».
Le proiezioni della ‘ndrangheta nel Lazio
Sono diversi i clan le cui proiezioni hanno da tempo raggiunto il territorio romano. Fra i sodalizi originari di Comuni in provincia di Reggio Calabria si segnalano le ‘ndrine Alvaro-Carzo di Sinopoli, seppur indebolite dalle recenti attività di contrasto, Gallico di Palmi, Pelle- Vottari, Pizzata, Nirta e Strangio di San Luca, Marando di Platì, Bellocco di Rosarno, Morabito di Africo Nuovo (i cui tentativi di ingerenza si concentrano prevalentemente nell’area a Nord di Roma e in particolare nei Comuni di Morlupo, Rignano Flaminio, Riano, Castelnuovo di Porto e Capena), Bruzzaniti di Africo, Mammoliti di Oppido Mamertina e Castellace, Piromalli e Molè di Gioia Tauro, e Mazzagatti di Oppido Mamertina (nella zona dei Castelli Romani).
Alcune consorterie egemoni nell’area di Vibo Valentia, e in particolare i Fiarè di San Gregorio di Ippona, a loro volta legati ai Mancuso di Limbadi, hanno inoltre manifestato, nel tempo, interessi per attività di reinvestimento nella Capitale, mentre un locale di ‘ndrangheta, facente capo principalmente ai gruppi Gallace-Novella, Madaffari, Tedesco e Perronace, aveva di fatto assunto il controllo di alcune ampie aree del litorale a Sud di Roma, quale proiezione delle ‘ndrine di Santa Cristina d’Aspromonte e di Guardavalle.
Il contrasto ai clan
A fronte di tale scenario, – viene rilevato – per arginare i tentativi di penetrazione mafiosa nelle attività economiche lecite e contrastare il condizionamento della governance aziendale, il Prefetto di Roma ha emesso 31 provvedimenti interdittivi antimafia, principalmente riconducibili alle risultanze probatorie delle operazioni di polizia denominate “Tritone” , “Eureka” e “Assedio”, nei confronti di società operanti nei settori della ristorazione, turistico-alberghiero, del commercio e noleggio di autoveicoli, dell’edilizia, dell’intermediazione immobiliare e del trattamento delle acque. Analogamente, il Prefetto di Latina ha disposto 17 interdittive nei confronti di imprese attive nei settori della ristorazione, della commercializzazione di prodotti agricoli, delle costruzioni e dei trasporti pubblici. Infine, il Prefetto di Viterbo ha emesso 7 provvedimenti nei confronti di aziende operanti nel comparto agricolo, turistico, della logistica e della lavorazione di metalli ferrosi.
L’operazione “Tritone”, in particolare, aveva disvelato l’esistenza di un’articolazione di ‘ndrangheta attiva nell’area di Anzio e Nettuno e di due distinti gruppi criminali, distaccamenti delle ‘ndrine di Santa Cristina d’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria e di Guardavalle in provincia di Catanzaro.
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