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Pino Grillo il “Cinghiale”: il re dei bunker al servizio dei Barbaro di Platì

Dotato della “Corona”, 51 anni il prossimo 2 agosto, è cognato di Rocco Barbaro “U Sparitu”. Per Domenico Agresta «ha enormi capacità, non è secondo a nessuno»

Pubblicato il: 03/06/2025 – 18:33
di Giorgio Curcio
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Pino Grillo il “Cinghiale”: il re dei bunker al servizio dei Barbaro di Platì

REGGIO CALABRIA Per ben tre volte, in altrettante abitazioni, sono stati trovati dei bunker. In altre occasioni, invece, è stato sorpreso in compagnia di soggetti latitanti, tutti comunque legati alla cosca di ‘ndrangheta di Platì. Insomma, quello di Giuseppe Grillo è un curriculum criminale di assoluto spessore, peraltro riconosciuto non solo da numerose inchieste, ma anche da autorevoli collaboratori di giustizia. Pino Grillo, classe 1974, coinvolto nell’ultima maxi inchiesta “Millennium”, è per tutti noto come il “Cinghiale”, ma la definizione di “re dei bunker” non sarebbe una esagerazione.
Per gli inquirenti della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria è anche qualcosa i più ovvero «dirigente ed organizzatore della Cosca Barbaro», avrebbe ricoperto la carica di “Capo Locale” essendosi fregiato della dote della “Corona”. Giuseppe Grillo è peraltro il cognato di Rocco Barbaro “U Sparitu” perché ha sposato la sorella della moglie, Anna Papalia, figlia di Michele, appartenente alla cosca di Platì.

L’uomo di punta dei Barbaro a Platì

Diversi i compiti svolti per la cosca di appartenenza e i ruoli ricoperti negli anni. Tra cui, appunto, fornire assistenza ai latitanti. Quella di Rocco Barbaro (cl. ‘65) dal 23 gennaio 2016 all’8 maggio 2017, quella di Rocco Trimboli (cl. ’67), latitante dal 2 ottobre 1993 al 10 ottobre 2001 e Pasquale Barbaro (cl. 61), latitante dal 19 dicembre 2000 al 10 ottobre 2001. Tra i suoi compiti, sempre secondo gli inquirenti, controllare i movimenti delle forze dell’ordine monitorando gli spostamenti – anche privati – dei Carabinieri in servizio a Platì, bonificare le autovetture degli altri affiliati, gestire la Cassa Comune della cosca “Barbaro-Castani” e mantenere i contatti con il boss capo cosca Rocco Barbaro mentre era detenuto, «portando ‘mbasciate e ricevendo direttive». Grillo il “Cinghiale”, inoltre, si sarebbe occupato anche dello specifico ramo d’azienda costituito dalle operazioni di narcotraffico, interno ed internazionale, per conto dell’associazione mafiosa, mantenendo contestualmente i contatti con le persone addette al recupero e alla fuoriuscita dello stupefacente dai porti di Gioia Tauro e quello di Anversa.

«Ha enormi capacità, non è secondo a nessuno»

Ad “inchiodare” Grillo il “Cinghiale”, poi, ci sono anche i racconti del collaboratore di giustizia Domenico Agresta “Micu Mc Donald”. «Era responsabile e capo Locale a Platì sino alla data della mia collaborazione (ottobre 2016). Il Capo Società era Pasquale Barbaro dei “Rosi”. Sono sicuro che ha quantomeno la stessa dote di mio padre e cioè la “Corona”», ha raccontato Agresta agli inquirenti della Dda. «Come ‘ndrangheta e come narcotraffico non è secondo a nessuno. È temuto e rispettato, ricordo che, quando parlava, nessuno lo contraddiceva. Ha le capacità e non è lì per meriti familiari, ma è serio ed ha testa, ha enormi capacità». E ancora: «Mi fu detto di un omicidio commesso da Rocco Barbaro e Pino Grillo: vestiti da carabinieri, hanno ucciso il padre di Domenico Trimboli detto “Micu i Senoli” per questioni di droga. La cosa mi fu detta da Domenico Agresta, figlio di Natale, detto il “Professore”, mi raccontò che finsero un controllo, rispose la moglie del Trimboli e le chiesero di far scendere il marito. Quando scese, gli spararono. Trimboli era legato ad Antonio Spagnolo di Ciminà. Mio cugino sapeva con certezza che Pino Grillo e Rocco Barbaro erano stati gli esecutori materiali e che la decisione era stata presa da tutti i Castani».

Il “re” dei bunker

Come detto, Pino Grillo il “Cinghiale”, come emerso dalle indagini della polizia giudiziaria, sembra avere «una certa consuetudine con i bunker ed i latitanti». Il 25 aprile del 2013, infatti, nella sua abitazione fu rinvenuto un bunker il cui accesso era consentito tramite lo scorrimento su binari in ferro di un blocco in cemento, azionabile con un telecomando mediante sistema elettromeccanico. Lo stesso giorno, inoltre, presso l’abitazione disabitata dei defunti nonni materni, è stato trovato un altro bunker al cui interno le forze dell’ordine trovarono tre giubbotti antiproiettile, modello “Combat – Soft Body Armor” privi di numeri seriali complete di placche interne in Kevlar Aramidica e borse di trasporto in nylon. Nel primo caso i controlli furono eseguiti dal Comando Stazione dei Carabinieri di Platì insieme ai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria di Vibo Valentia e dalle Unità Cinofilo di Vibo, e il bunker fu ritrovato in un locale adibito a cantina e ripostiglio. Nel secondo caso, sempre a Platì, il bunker fu ritrovato al primo piano dello stabile, in una stanza rustica adibita a ripostiglio, il cui accesso era stato occultato alla base di uno scaffale in ferro ancorato alla parete. (g.curcio@corrierecal.it)

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