Maurizio Guido: «Abbiamo fatto circa 140 interventi e formato cinque medici palestinesi»
Il direttore dell’unità operativa complessa di Ginecologia ed è ordinario all’Unical: «La Palestina mi manca»

Il suo viaggio della salute l’ha fatto dalla Cisgiordania in Calabria. Daren ha 29 anni ed è un’avvocatessa palestinese. È riuscita ad ottenere un permesso di breve soggiorno per raggiungere Cosenza. È qui che adesso lavora il ginecologo a cui deve tanto. Daren ha già subito quattro interventi per una patologia che condiziona la vita di molte donne e non poteva più rimandare i controlli di routine. Maurizio Guido è il direttore dell’unità operativa complessa di Ginecologia ed è ordinario all’Unical. Alle spalle trentuno anni di attività scientifica e assistenziale all’università Cattolica del Sacro Cuore. Prima del 7 ottobre 2023, data spartiacque per il Medio Oriente, andava ogni tre mesi in Cisgiordania. «Sarei dovuto partire il 12 ottobre di quell’anno, ma naturalmente non è stato possibile».
Training per medici palestinesi
La mission è quella di formare giovani medici in chirurgia laparoscopica ginecologica, nell’ospedale governativo Suleiman. Un progetto ideato dalla “Palestine for childrens relief foundation”, organizzazione umanitaria che opera in quei territori martoriati. È stato contattato dalla ong nel 2018, come team leader delle spedizioni mediche. All’epoca era primario all’ospedale “Miulli” di Acquaviva delle Fonti, su incarico della Cattolica. Alla proposta della Pcrf, non ci ha pensato due volte a fare i bagagli. Daren è arrivata a Cosenza qualche giorno fa, proprio da quel lembo di terra reso quasi inabitabile, dove le macerie e i blitz dello Shin bet, il servizio di sicurezza israeliano, non risparmiano i presidi sanitari. «Abbiamo fatto circa 140 interventi e formato cinque medici palestinesi. Il team in missione era sempre composto da me, un collega, Federico Romano, professore associato a Trieste – racconta il ginecologo cosentino, – e un gruppo di specializzandi. Io ho imparato molto, a iniziare dal valore profondo dei rapporti umani. Là ho capito cos’è veramente un campo profughi e ho conosciuto una realtà complessa, incredibile. La Palestina mi manca». Sono tanti i frame che tornano in mente. «Ogni mattina trovavo il caffè con il cardamomo», sorride. «Le testimonianze di amicizia sono indimenticabili. Durante una missione abbiamo operato una ragazza di vent’anni, con un carcinoma alle ovaie. Aveva un bimbo di sei mesi. Terminato l’intervento non riuscivo a staccarmi la gente addosso. Erano riconoscenti, mi abbracciavano, suo padre prendeva le mie mani nelle sue e le baciava». Racconta dei check point, dei momenti di tensione in aeroporto, delle provocazioni dei giovani soldati. «Quello che sta succedendo è terribile e la contesa tra palestinesi e israeliani, che vogliono quella terra a tutti i costi, per loro sacra, non sembra avere soluzioni purtroppo. Eppure una cosa è certa, io non ho mai percepito un’atmosfera d’astio quando camminavo per strada, negli anni dei miei viaggi». Il West Bank, come da quelle parti chiamato l’ovest del Giordano, è la parte a più alta concentrazione islamica, anche se dappertutto sorgono, in pochi mesi, nuovi insediamenti dei coloni, con le sinagoghe, il supermercato, le scuole. «Le donne di Jenin hanno, quindi, un certo tipo di cultura, non puoi dare loro neanche la mano, è chiaro che il rapporto con un ginecologo uomo non è facile». Eppure i numeri del bilancio delle missioni restituiscono una realtà diversa. «Sì, sembra incredibile. La sera in cui arrivavo, generalmente un giovedì, visitavo circa ottanta donne; poi si decideva, in base alle diagnosi, chi di loro doveva essere operata nei dieci giorni successivi».

Il rientro a Cosenza per una nuova Ginecologia
Il dottore Guido è andato via da Cosenza a diciotto anni ed è tornato nella sua città natale lo scorso ottobre. Ha risposto all’invito del rettore Nicola Leone e del progetto “rientro dei cervelli”. «A un certo punto – dice, – si sente la necessità di pensare che prima o poi si torna a casa. E in maniera forse un po’ utopistica, molto romantica ho visto il mio rientro a Cosenza come una possibilità di poter restituire alla mia terra ciò che lei mi ha dato». Ha lasciato l’Aquila, dove è stato primario al “San Salvatore” e professore ordinario dell’ateneo per quattro anni, fino alla scelta cosentina. «Ginecologia e Ostetricia è una specialità molto ampia, si occupa di endocrinologia, oncologia, medicina interna. All’ospedale dell’Annunziata stiamo creando un’attività ambulatoriale divisa secondo le sub specialità». Si aprono nuove frontiere per la cura dell’endometriosi, «una patologia praticamente sconosciuta e che richiede competenze specifiche». Un’altra novità introdotta è la terapia laser di ringiovanimento per la mucosa vaginale. Una piccola grande conquista per chi ha questo tipo di problema, causato da patologie oncologiche o semplicemente dalla menopausa. Se le Darin riescono ad arrivare dall’inferno della Cisgiordania, pur di continuare il percorso di cure, significa che le donne calabresi possono ritenersi molto fortunate. Anche per il prolasso uterino non c’è più bisogno di prendere treni. «È una patologia molto presente, visto il prolungamento della vita. Siamo i primi in Calabria a fare questo tipo di intervento in laparoscopia, che è molto meno invasivo rispetto alla vecchia chirurgia e, inoltre, ha un indice molto basso di recidività. Le soluzioni di chirurgia che si possono trovare qui – continua, – oncologiche o di altra natura, sono probabilmente superiori a tanti altri posti. Però questo la gente non la sa». C’è ancora tanto da organizzare, da migliorare, da mettere a regime. Intanto è già al lavoro un gruppo di specialisti dedicato alla medicina fetale e a tutte le problematiche della gravidanza. Il prossimo novembre partirà la scuola di specializzazione in Ginecologia, in seno alla neonata facoltà di Medicina. La rete formativa, al momento, include anche «gli ospedali di Cetraro, Corigliano, Castrovillari, Lamezia Terme e un centro pubblico di procreazione medicalmente assistita di Conversano, in provincia di Bari».

Una prossima missione appena sarà possibile
È quando racconta dei suoi viaggi nel West Bank che si percepisce nella voce la commozione. Ma Jenin, a pochi chilometri d’automobile dal territorio israeliano, oggi è un girone infernale. È da questa città che è partita l’operazione “Muro di ferro”; è tra il campo profughi e gli ospedali, che la caccia israeliana alle cellule terroristiche è incessante. Mostra un messaggio arrivato sul suo telefono. È di Suhail, il responsabile della Prcf a Gaza, adesso sfollato in Egitto. Gli sta chiedendo di iniziare a pensare a una prossima spedizione. «In questo momento la situazione è più che drammatica. L’ospedale è stato bombardato, l’Idf (le forze di difesa israeliane, n.d.r.) girano continuamente intorno. Si lavora soltanto sulle emergenze, è impossibile fare altro. Il personale vive da due anni con uno stipendio ridotto del cinquanta per cento». Il training in chirurgia laparoscopica ha funzionato fino a quando è stato possibile. «Oggi i neolaureati di quella zona della Cisgiordania possono accedere alla specializzazione. Anni fa, per completare la formazione dovevano andare a studiare nei “paesi amici”, come: l’Italia, l’Egitto, il Marocco, la Russia, l’Ucraina». A Jenin vuole tornare. E presto. Intanto altre Daren cercheranno di raggiungere Cosenza, dove la ginecologia potrebbe abbattere le frontiere. (redazione@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato