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La Commissione a Ciambra di Gioia Tauro, Marziale: «Dispiace non essere stato audito»

«Forse sarebbe il caso anche il Garante fosse tenuto in massima considerazione»

Pubblicato il: 19/06/2025 – 7:38
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La Commissione a Ciambra di Gioia Tauro, Marziale: «Dispiace non essere stato audito»

REGGIO CALABRIA «Era il 2016, mi ero appena insediato nel ruolo di Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria, quando ricevetti un’accorata lettera dal presidente del Consiglio comunale di Gioia Tauro, Santo Bagalà, con la quale mi segnalava il degrado di circa 170 minori nel quartiere-ghetto Ciambra. Feci immediatamente un sopralluogo e da quel momento si accesero i riflettori dei mass media e delle istituzioni».: è quanto dichiara il sociologo Antonio Marziale, Garante per un secondo mandato legislativo, in seguito alla visita della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizione di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, sollecitata dal deputato Francesco Cannizzaro, «al quale, nel tempo, ho provveduto a segnalare documentalmente sullo stato dell’opera, estratto dalle mie corpose relazioni annuali, in quanto allora consigliere regionale e poi parlamentare della Repubblica, sempre attento alle problematiche sociali» aggiunge Marziale.
Il Garante giudica quindi «positivamente l’iniziativa partita dall’onorevole Cannizzaro, cui va il mio più sincero ringraziamento, di coinvolgere l’attenzione della Commissione sulla Ciambra, oltre che sul quartiere Arghillà di Reggio Calabria e lo ringrazio per aver tenuto in considerazione il lavoro nel tempo dell’Ufficio del Garante e delle altre istituzioni. Ma spiace, confesso, che il protocollo istituzionale redatto dalla Commissione, per come mi è stato riferito dagli uffici della Prefettura di Reggio Calabria, non abbia contemplato l’audizione del Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione, visto il lavoro pregresso e considerato che laddove ci sono centinaia di minori residenti forse sarebbe il caso anche il Garante fosse tenuto in massima considerazione. È un’istituzione, non il presidente del club delle giovani marmotte. Forse avrei potuto suggerire la sola soluzione possibile, ossia la contaminazione urbana di quei bambini e di quelle famiglie, perché anche rivestendola d’oro la Ciambra rimane un problema sociale, di mentalità che porta alla marginalizzazione».
Il sociologo ricorda che dal clamore mediatico sollevato nel 2016 «non fummo più soli. Il prefetto Michele Di Bari innescò, con grande sensibilità, un meccanismo virtuoso che portò alla Ciambra il primo manto stradale, le fogne, due container per la profilassi di bambini che giocavano ogni giorno su cumuli di immondizie con topi ed altri animali. Fummo supportati dal parroco Antonio Scordo, che attivò per i bambini il doposcuola nei locali della Chiesa, da associazioni di volontariato e dalle istituzioni locali, che senza distinzione di parte, cominciarono a fiancheggiare l’operato». «Riuscimmo nell’impresa storica – evidenzia il Garante – di ridurre dal 70% allo 0% la dispersione scolastica, perché ci venne in mente di attivare un pulmino con l’assistente sociale a bordo che registrasse le assenze, pena l’allontanamento dei piccoli dal nucleo familiare. E ricordo che fu il mio ufficio a pagare la retta dell’assicurazione del mezzo di trasporto, perché la commissione prefettizia versava in condizioni economiche precarie». «Andammo poi a Roma, convocati dal prefetto Di Bari – continua Marziale – che nel frattempo era divenuto Capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno e non aveva dimenticato i bambini della Ciambra, insieme all’allora sindaco Aldo Alessio, una delegazione amministrativa e il compianto presidente nazionale dell’Unicef Francesco Samengo. Parlammo di riqualificazione dell’aria, un progetto in linea con quanto prospettato dall’ex sindaco Giuseppe Pedà, che non andò avanti per ragioni politico-amministrative. Ed infine accompagnato dal prefetto Massimo Mariani, nel frattempo subentrato a Di Bari, durante il Covid portai libri ai bambini perché avevano problemi con il wi-fi e perdevano le lezioni scolastiche in DAD, ma almeno ovviavano in qualche maniera».

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