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«La ’ndrangheta è cresciuta mentre guardavamo altrove»: l’allarme di Gratteri sul Nord

Il procuratore di Napoli a Positano ha raccontato come le cosche si siano radicate silenziosamente in Liguria e Genova negli anni ‘90, sfruttando 800 miliardi di lire da riciclare

Pubblicato il: 20/06/2025 – 12:41
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«La ’ndrangheta è cresciuta mentre guardavamo altrove»: l’allarme di Gratteri sul Nord

«La ’ndrangheta è cresciuta all’ombra di Cosa Nostra, mentre noi eravamo concentrati su altre emergenze. E quando ci siamo accorti della sua potenza, era già troppo tardi». È con questa constatazione amara ma lucida che Nicola Gratteri, procuratore di Napoli, ha aperto il suo intervento di ieri a Positano, nel corso della XXXIII edizione della rassegna letteraria Mare, Sole e Cultura.
Nel dibattito l’ex procuratore di Catanzaro ha messo da parte le metafore per parlare con chiarezza di un nemico che ha smesso da tempo di essere solo “calabrese”. La ’ndrangheta, ha spiegato, si è espansa con metodo e discrezione: ha scelto il Nord Italia come terra di conquista, si è presentata con valigie piene di contanti e ha comprato tutto ciò che era in vendita. Il primo segnale fu in Liguria, ma solo recentemente a Genova è stato riconosciuto ufficialmente il reato di associazione mafiosa. «È successo negli anni Novanta – ha ricordato – mentre Cosa Nostra era impegnata nello stragismo, loro avevano 800 miliardi di lire da ripulire. E lo hanno fatto in silenzio, investendo e insediandosi».La ’ndrangheta oggi è una holding criminale che si muove nei mercati globali, investe in America Latina, Europa, Africa, Asia. Gestisce flussi di denaro, sfrutta paradisi fiscali, maneggia criptovalute. Gratteri ha raccontato un’operazione clamorosa: «Abbiamo sequestrato 34 milioni di euro in bitcoin a un hacker che controllava un dominio del Ministero della Giustizia. Oggi quei soldi sono entrati nel Fondo Unico di Giustizia e hanno già coperto anni di lavoro investigativo».
Una dimostrazione, per il magistrato, che gli strumenti tradizionali come le intercettazioni sono tutt’altro che superati
. Anzi, restano indispensabili: «Ogni anno si spendono 170 milioni di euro in intercettazioni in Italia, e Napoli è la procura che ne usa di più. Ma quei soldi sono nulla rispetto ai patrimoni recuperati. Eppure c’è chi vuole indebolire questi strumenti».

«Le riforme rallentano, non aiutano»

Accanto al racconto investigativo, Gratteri ha lanciato un atto d’accusa contro le riforme giudiziarie degli ultimi anni, definite più come un ostacolo che come un aiuto. «Dal governo Draghi in poi – ha detto – sono state introdotte norme che rallentano l’acquisizione delle prove e rendono più fragile l’istruttoria. Con l’introduzione dell’improcedibilità, metà dei processi d’appello rischiano di essere cancellati». Secondo Gratteri, così facendo si mina la credibilità della giustizia e si aprono varchi enormi per la criminalità organizzata.

Il fallimento del processo penale telematico

Non sono mancate critiche anche alla digitalizzazione della giustizia: «Abbiamo aziende informatiche che sono eccellenze all’estero. Com’è possibile che non riusciamo a far funzionare un processo penale telematico?», si è domandato. La lentezza e i malfunzionamenti del sistema hanno infatti portato diversi Tribunali a sospendere l’uso dell’applicativo, bloccando o rallentando migliaia di fascicoli.
Gratteri ha chiuso il suo intervento con un monito: «La mafia non è forte solo per le armi che ha, ma per le debolezze che trova. Se ci priviamo di strumenti efficaci, se rendiamo inutilizzabili i processi, se abbassiamo la guardia, allora sarà sempre un passo avanti a noi. E la ’ndrangheta questo lo ha già capito da tempo». (f.v.)

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