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l’estate rossoblù

Cosenza calcio: una piazza “fredda”, la cessione rinviata (?) e Micheli in panchina

Dalla manifestazione poco partecipata dei tifosi alle voci poco rassicuranti sulla trattativa tra Guarascio e Oliva. Il consulente finanziario del club tutto solo nel centro cittadino

Pubblicato il: 26/06/2025 – 10:58
di Francesco Veltri
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Cosenza calcio: una piazza “fredda”, la cessione rinviata (?) e Micheli in panchina

COSENZA A Cosenza, mentre le temperature rasentano l’insostenibile, è l’umore dei tifosi a restare tiepido. Una piazza Carratelli stranamente quieta, quasi assopita, nella serata di ieri ha fatto da cornice a una manifestazione di protesta che, più che una ribellione popolare, è sembrata un comizio estivo interrotto dalla calura e dall’apatia. Nel giorno in cui i sostenitori rossoblù avevano deciso di far sentire la propria voce contro la gestione della società, le assenze pesanti si sono fatte notare più dei presenti. I gruppi organizzati delle due curve? Spariti. Le istituzioni cittadine? Disperse, se si eccettua la timida comparsata di un paio di consiglieri comunali, evidentemente scambiati per semplici passanti. Il sindaco? Irreperibile. La provincia? In gita, forse.
E così, mentre la città si mobilitava solo a metà, iniziavano a trapelare indiscrezioni ben più incandescenti del termometro. La trattativa per la cessione del Cosenza Calcio da Eugenio Guarascio all’imprenditore Vincenzo Oliva sembrerebbe aver subito uno slittamento. O una sospensione. O un intoppo burocratico vestito da “chiarimenti sul bilancio”, che suona tanto come “stiamo cercando di capire quanti scheletri ci sono realmente nell’armadio contabile”. Il fatto che la notizia abbia cominciato a circolare proprio durante la protesta è solo uno dei tanti dettagli che profumano di regia distratta e tempi comicamente inopportuni. Così come le stesse indiscrezioni di due giorni fa sulla cessione ormai imminente (qualcuno sostiene malignamente, fatte circolare ad arte) pare abbiano placato gli animi in vista della manifestazione di ieri.

La manifestazione e l’unità che manca anche nella protesta

A dare voce al malcontento, ci ha pensato il giornalista Giuseppe Milicchio, volto oggi de “L’Altro Corriere tv”, che ha moderato gli interventi con la convinzione di chi sa di essere uno dei pochi a crederci ancora. Milicchio ha ricordato le critiche e soprattutto l’indifferenza, di fronte alle intimidazioni subite, che ha ricevuto negli anni. Poi, con toni pacati ma fermi, ha rivolto un appello alla città: «Rimaniamo uniti, senza divisioni né omertà». Un invito, questo, che è suonato quasi come una preghiera laica per una tifoseria da troppo tempo frammentata, disillusa e, peggio ancora, rassegnata. Ma è stato l’intervento di Claudio Dionesalvi – insegnante, attivista, penna del Manifesto e volto storico del tifo rossoblù – a illuminare la serata come una torcia nel buio dell’apatia civica. «Vogliamo delle risposte, in maniera civile, ma le vogliamo», ha detto con la sobrietà del veterano e la passione del tifoso irriducibile. Poi, una riflessione più profonda: «Forse si è perso l’obiettivo comune che in questo caso è il Cosenza. A livello sociologico, un’analisi bisognerebbe farla sul popolo bruzio, che si divide per natura». Una frase che pesa come una diagnosi non richiesta, ma terribilmente accurata. Il campanilismo genetico cosentino: quella capacità tutta locale di azzuffarsi su tutto, calcio incluso, mentre la barca affonda tra i coriandoli della polemica.

L’uomo solo sulla panchina

E mentre calava il sipario su una manifestazione che ha lasciato più amarezza che entusiasmo, ecco arrivare l’immagine simbolo della serata: Luigi Micheli, consulente finanziario del Cosenza Calcio, seduto in perfetta solitudine su una panchina di via Arabia. L’uomo chiamato a rimettere a posto i conti in vista dell’iscrizione al prossimo campionato, con auricolari ben piantati nelle orecchie, forse intento a parlare con Guarascio. O con il suo avvocato. O con se stesso.
Micheli, per chi avesse poca memoria, è lo stesso che al fianco di Massimo Cellino gestiva le finanze del Brescia, prima che tutto finisse in un’inchiesta per truffa e autoriciclaggio. I conti, in quel caso, non tornarono affatto. E oggi, nella più surreale delle coincidenze, lo ritroviamo qui, nella città dei bruzi, a pochi metri da una protesta che non lo riguarda ufficialmente, ma che lo sfiora con la delicatezza di un promemoria.
Cosenza, ieri sera, sembrava divisa in due anime parallele: da un lato i tifosi delusi, dall’altro – a poche centinaia di metri – un presidio a sostegno della causa palestinese. Due manifestazioni distinte, ognuna con la propria identità e le proprie ragioni, ma unite da un senso comune di frustrazione e di richiesta di attenzione che fatica a trovare ascolto.
La città pallonara, dunque, si trova davanti a uno snodo cruciale: vendere o non vendere a Vincenzo Oliva? E con quali conti? Con quanto Guarascio all’interno della società? E poi ancora, con quale tifoseria, ormai spenta o frammentata? A rendere tutto più paradossale è il silenzio della politica, l’assenza, almeno in una piazza non scelta da loro, del cuore pulsante del tifo, e una classe dirigente che pare vivere su un altro piano narrativo, dove la realtà non entra mai in campo.
Se il calcio è lo specchio della società, Cosenza riflette oggi un’immagine stanca, divisa e in attesa. Ma in attesa di cosa? Di chiarezza? Di un cambio di proprietà? Di un’altra estate torrida da trascorrere tra voci di corridoio e mezze verità.
Intanto, qualcuno siede su una panchina, altri abbandonano una piazza mezza vuota, e il Cosenza calcio, a luglio ormai alle porte, resta in bilico (a proposito, nell’attesa la Salernitana è piombata prepotentemente su Daniele Faggiano, fino a ieri dato per certo nel “nuovo” Cosenza). Un limbo che somiglia più a un déjà-vu che a una novità. (f.veltri@corrierecal.it)

Foto di copertina di Stefania Lecce

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