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la sentenza

‘Ndrangheta, Rimpiazzo: condanne definitive in Cassazione – NOMI

Sono cinque i verdetti sigillati dagli ermellini. L’indagine fu condotta contro i componenti della cosiddetta “Società” di Piscopio

Pubblicato il: 09/07/2025 – 23:57
di Giorgio Curcio
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‘Ndrangheta, Rimpiazzo: condanne definitive in Cassazione – NOMI

ROMA Verdetto sostanzialmente confermato anche in Cassazione per gli imputati coinvolti nel processo “Rimpiazzo” , con il giudizio emesso dalla Quinta Sezione Penale nella tarda serata di oggi che ha reso definitive le condanne per 5 soggetti che hanno scelto il rito abbreviato. Processo da rifare in Appello, invece, per Sasha Fortuna.

Il verdetto

Diventano quindi definitive le pene a carico di Giovanni Battaglia (9 anni di reclusione); Nazzareno Fiorillo (11 anni); Rosario Fiorillo (19 anni, un mese e 10 giorni); Michele Fiorillo detto Zarrillo (12 anni); Nazzareno Felice (8 anni e 4 mesi).  
Annullamento senza rinvio per: Gaetano Rubino (6 anni in appello); Giovanni Giardina (6 anni in appello) limitatamente all’aggravante in materia di sostanze stupefacenti, e per il solo Rubino per un capo di imputazione e conseguente rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Catanzaro per la rideterminazione della pena per entrambi.
Nuovo giudizio di secondo grado anche per Raffaele Moscato – collaboratore di giustizia (7 anni e 2 mesi in appello) – limitatamente al diniego della continuazione dei reati a lui ascritti in altri procedimenti penali e quindi anche per lui si renderà necessario una rideterminazione della pena. Infine, la Cassazione ha disposto un nuovo processo d’Appello a Catanzaro anche per Sasha Fortuna (17 anni e 4 mesi era stata l’entità del precedente giudizio d’Appello) a seguito dell’esclusione del capo associativo.

Rimpiazzare i Mancuso

L’operazione “Rimpiazzo” – ritenuta il prologo di “Rinascita Scott” – è stata condotta contro i componenti della cosiddetta “Società” di Piscopio, dal nome del piccolo centro alle porte di Vibo Valentia, riconosciuta dal “Crimine di Polsi”. Al centro delle indagini, riguardanti gli anni a cavallo del 2010, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Raffaele Moscato, elemento di vertice della consorteria e ritenuto colui che era spesso chiamato per commettere estorsioni, danneggiamenti e omicidi. Le accuse contestate sono associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione, danneggiamento, armi e spaccio di droga. I magistrati della Dda di Catanzaro – rappresentati in aula dal pm Andrea Mancuso – e gli investigatori della Polizia hanno ricostruito durante l’indagine circa 26 estorsioni, 9 danneggiamenti e 32 episodi di spaccio. I Piscopisani puntavano a scalzare i potenti Mancuso di Limbadi dal capoluogo vibonese e dalle frazioni marine sfruttando il fatto che molti rappresentati dei Mancuso fossero in carcere. Inizialmente i Piscopisani sceglievano le vittime delle estorsioni e delle intimidazioni individuandole tra coloro che sapevano essere sottoposti al controllo dei Mancuso. (g.curcio@corrierecal.it)

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