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inchiesta “pratì”

Soldi da investire e contatti con i narcos colombiani: la rete della ‘ndrangheta dalla Locride al Sudamerica

I gruppi con base a Platì erano tre. Una ripartizione di ruoli ben precisa e una «ampia disponibilità di risorse finanziarie»

Pubblicato il: 10/07/2025 – 18:52
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Soldi da investire e contatti con i narcos colombiani: la rete della ‘ndrangheta dalla Locride al Sudamerica

REGGIO CALABRIA Erano in possesso di ingenti capitali necessari a finanziare le compravendite di sostanze stupefacenti. Il Sudamerica, in particolare Colombia ed Ecuador, erano fonti di approvvigionamento di ingenti quantitativi di cocaina. Le trattative coi narcos colombiani ed ecuadoriani avvenivano mediante appositi intermediari. Sono i particolari, circa il modus operandi della rete criminale smantellata dall’inchiesta “Pratì” della Dda di Reggio Calabria. Tre i gruppi con a capo i vertici della ‘ndrangheta della Locride: 21 le misure cautelari tra Platì, Siderno e aree limitrofe. Secondo quanto emerge dall’ordinanza, l’organizzazione si occupava dell’importazione “in Italia di ingenti carichi di cocaina dal Sudamerica via mare a bordo di navi portacontainer attraverso l’occultamento della sostanza in container che trasportavano altro genere di merci”, mentre in Calabria e in altre regioni italiane si occupava di cercare “soggetti interessati all’acquisto e al commercio della sostanza stupefacente da loro fornita”.

L’organizzazione

I primi due gruppi si occupavano dell’importazione di cocaina, un terzo invece della produzione di marijuana. In particolare, il primo gruppo – operante principalmente a Platì – aveva al vertice Francesco Trimboli cl. 77, Domenico Trimboli cl. ‘81, Giuseppe Trimboli cl. 77 detto “papararo” e Franco Barbaro, impegnato nell’importazione di carichi di cocaina dal Sudamerica all’Italia attraverso il lavoro di intermediazione di Federico Starnone con i narcos colombiani ed ecuadoriani, e la collaborazione di Tonino Montalto e Mirella Rodà. Il secondo gruppo, sempre operante principalmente a Platì, era guidato da Giuseppe Trimboli detto “zuca”, impegnato principalmente nell’importazione di carichi di cocaina dal Sudamerica all’Italia attraverso il lavoro di intermediazione di Giuseppe Palermo e dello stesso Trimboli con i narcos colombiani.
Un terzo gruppo – come detto – si occupava della produzione. Con base a Platì, era guidato dai fratelli Francesco cl. ‘77, Domenico cl. ‘81 e Rocco cl. ‘73 Trimboli, ed era dedito alla coltivazione di piantagioni di canapa indiana nell’area jonica della provincia di Reggio Calabria e alla successiva commercializzazione della marijuana ricavata. 
Una ripartizione di ruoli ben precisa e una “ampia disponibilità di risorse finanziarie”. Emergono anche casi di importazioni non andate a buon fine, ma che dimostrano come l’organizzazione fosse in grado di anticipare grosse somme di denaro. In uno in particolare si parla dell’organizzazione di una spedizione in Italia di circa 100-150 kg di cocaina, da commerciare poi sul territorio nazionale italiano, “dopo aver già corrisposto ai fornitori sudamericani un “acconto” pari a circa 180mila euro sul prezzo di acquisto della sostanza”. (m.r.)

LEGGI ANCHE: Il mercato globale della ‘ndrangheta. Lombardo: «Dall’importazione alla produzione. Un approccio totalizzante»

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