Inchiesta Petrini, Manna: «Indagine non esente da vizi, errori e forzature»
La replica dell’ex primo cittadino di Rende

L’ex sindaco di Rende Marcello Manna risponde al giornalista del Corriere della Calabria Paride Leporace in merito all’articolo dal titolo: “Reset e Rimborsopoli, sulla criminalizzazione della politica e del trarre vantaggio delle sventure altrui“.
«La tua è una penna brillante – scrive Manna – e non si può non cogliere, nel tono e nel ritmo, una certa finezza analitica che va apprezzata. La tua domanda o, sarebbe forse più corretto dire, la sua suggestione, velatamente retorica sul “caso Petrini”, sfiora una zona scivolosa: quella del complottismo strisciante, di cui, per fortuna, non ti dichiari esplicitamente fautore. Certo, ammettiamolo: il modo in cui poni la questione tradisce un intuito giornalistico non banale. Hai in parte colto il nodo o meglio, hai accarezzato un filo interpretativo che, se ben seguito, potrebbe davvero condurre a una lettura più lucida dei fatti. Tuttavia, sarebbe stato auspicabile, lo dico con il massimo rispetto che un giornalista che sceglie di trattare temi tanto delicati quanto profondi, come quelli in cui giustizia e politica si intersecano, si concedesse almeno il garbo di una verifica documentale più attenta.
La verità, quella che emerge dalla lettura oggettiva e non condizionata degli atti giudiziari è che il processo di Salerno rappresenta il preludio, e non un’appendice marginale, ai procedimenti poi conclusi con assoluzione. Ma è proprio su questo snodo che occorre soffermarsi, perché sono le dinamiche processuali più che le letture emotive a offrire la chiave per comprendere il senso (e i limiti) dell’impianto accusatorio.
Perché gli inquirenti collegano i tre procedimenti?
Gli inquirenti hanno cercato, fin dall’inizio, di unificare le vicende giudiziarie di “Reset”, “Malarintha” e “Petrini” sotto una presunta regia comune. L’idea era quella di ricondurre le diverse indagini a un disegno sistemico di corruzione diffusa. Il punto, però, è che questo sforzo interpretativo non ha trovato riscontro solido nelle risultanze probatorie. Le stesse ordinanze parlano di “spunti investigativi” che non evolvono mai in elementi dotati di autonoma forza dimostrativa.
Come sono stati usati gli atti di Reset e Malarintha per giustificare Salerno?
I procedimenti “Reset” e “Malarintha” sono stati sfruttati come contenitori di accuse e suggestioni, poi “travasati” nel processo di Salerno per dare fondamento alla misura cautelare a mio danno. Ma il problema sta a monte: i dati provenienti da quelle inchieste, intercettazioni, dichiarazioni, contesti non sono stati rielaborati criticamente, né verificati nella loro effettiva attendibilità. Sono stati “utilizzati”, più che “dimostrati”, a sostegno di ipotesi già costruite.
Perché la pubblica accusa si sostituisce alla voce del giudice?
In più passaggi degli atti emerge un fatto anomalo: è la pubblica accusa a guidare la narrazione processuale, talvolta anticipando giudizi o attribuendo significati univoci a dichiarazioni ancora tutte da contestualizzare. È come se si fosse saltata la fase del contraddittorio, quella in cui i fatti devono essere sottoposti alla verifica del dibattimento. Invece, sembra che il teorema accusatorio abbia trovato spazio e voce prima ancora della prova.
Perché le trascrizioni non corrispondono alle intercettazioni?
Questo è forse il punto più grave. Le trascrizioni usate nei procedimenti di Salerno non corrispondono fedelmente alle intercettazioni originarie. Parole attribuite, contesti alterati, omissioni significative: tutto questo non è una teoria, ma un dato accertato anche da perizie tecniche richieste dalla stessa procura. In più casi, ciò che viene verbalizzato negli atti è diverso da quanto effettivamente detto nelle registrazioni, con effetti evidenti sulla costruzione delle accuse.
Da dove parte dunque l’indagine di Salerno?
Non è irrilevante notare che l’indagine di Salerno nasce da trascrizioni già trasmesse anche dalla Procura di Catanzaro. Anche questo elemento meriterebbe, almeno, un approfondimento. Se vogliamo davvero parlare di metodo e di garanzie, allora non possiamo ignorare che gli atti trasmessi a Salerno partivano già da una lettura selettiva e orientata delle intercettazioni, poi smentita da analisi successive.
Complotto? No, grazie. Ma nemmeno rimozione critica. Caro Paride e’ vero che ci sono due sentenze sfavorevoli ma è pur vero che il capo di imputazione è nel mentre totalmente modificato. Io sono ancora in attesa di leggere le motivazioni, se ti aggrada tra un tuo giudizio e l’altro possiamo condividerne la lettura.
Lasciamo pure le “trame oscure” a chi fa della cronaca giudiziaria un feuilleton da Novella 2000, trasformando l’approfondimento in populismo penale d’accatto. Qui, però, il problema è più serio: è la tendenza, ormai diffusa, a voler dimostrare l’indimostrabile a ogni costo, costruendo impalcature narrative più dialettiche che probatorie, con una logica da fiction più che da processo.
Il rischio, allora, non è solo quello di cedere alla suggestione del complotto, ma anche e forse peggio di tradire il metodo: quello severo, paziente e silenzioso di Falcone e Borsellino. Un metodo in cui non era l’ipotesi a guidare la prova, ma la prova a guidare l’ipotesi.
Dunque, nessun complotto. Ma neppure un’indagine esente da vizi, errori e forzature. E questo, permettimi, è già un punto da cui ripartire. Forse proprio con quello spirito critico e quella curiosità profonda che la tua penna, se lo vorrai, potrà restituire alla cronaca giudiziaria: senza timori reverenziali, ma anche senza scorciatoie suggestive».
Cordialità
Marcello Manna
La controreplica di Paride Leporace
Caro avvocato Manna rispondo da via D’Amelio dove mi trovo per commemorare Paolo Borsellino. Il riferimento non è banale per un cronista come me che ha sempre cercato di andare oltre le veline e le verità precostituite. Da decenni cerco di comprendere e spiegare a chi mi legge alla luce dei documenti e dei ragionamenti. Continuerò a farlo anche nei suoi confronti. Lo devo a lei e a chi mi legge restando terzo e animato sempre da ogni ragionevole dubbio.
Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato