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Museo di Alarico a Cosenza, polemica sui lavori in zona a rischio idrogeologico

Sindacati, associazioni e partiti segnalano violazioni normative nella ricostruzione, con rischio di sanzioni e procedimenti penali

Pubblicato il: 02/08/2025 – 12:46
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Museo di Alarico a Cosenza, polemica sui lavori in zona a rischio idrogeologico

COSENZA I lavori in corso per la realizzazione del Museo di Alarico sul Lungo Crati finiscono nuovamente nel mirino. A denunciarne la presunta irregolarità urbanistica e ambientale sono sindacati, partiti e associazioni locali che, in un comunicato congiunto, pongono l’accento su presunte violazioni delle norme del Piano di Assetto Idrogeologico (Pai) e su un possibile reato edilizio, già oggetto di un esposto alla Procura della Repubblica.
Nel comunicato, firmato da Usb di Cosenza, Partito della Rifondazione Comunista (Provincia di Cosenza), Forum Ambientalista Calabria, Circolo di Sinistra Italiana dell’area urbana, Cgil Cosenza e Radio Ciroma, si legge: «I sottoscritti sindacati, partiti e associazioni rilevano che il Comune di Cosenza ha ancora in corso i lavori del museo di Alarico, nell’edificio già delle Case Popolari e che prima ancora era il Jolly Hotel, sul Lungo Crati De Seta. L’area in cui si svolgono tali lavori è a rischio idrogeologico R3, secondo la delimitazione del PAI (Piano di Assetto Idrogeologico) della Calabria, attualmente in vigore. Nella sopradetta detta area – per le Norme di Attuazione e Misure di Salvaguardia del PAI, art. 22 – Disciplina delle aree a rischio di inondazione R3 – sono vietate tutte le opere di trasformazione dello stato dei luoghi e quelle di carattere urbanistico ed edilizio, ad eccezione di un certo numero di opere dettagliatamente elencate, tra cui gli “interventi di demolizione senza ricostruzione”. Il principio ispiratore della norma è assai chiaro: nelle aree a rischio non devono sorgere delle nuove costruzioni, anche se si fanno corrispondenti demolizioni».
Il documento prosegue con il richiamo alla gestione precedente e all’attuale variante progettuale: «La precedente amministrazione aveva approvato un progetto che prevedeva di demolire i piani superiori dell’edificio e conservare solo il piano terra. Il progetto veniva approvato come intervento di demolizione senza ricostruzione e come tale non era soggetto al parere dell’Autorità di Bacino (AB). Ma quel progetto si è rivelato non praticabile e la nuova Amministrazione ha dovuto procedere a formulare una variante, che comprende la costruzione di una struttura interna in cemento armato, la demolizione anche del solaio tra piano terra e primo piano oltre a una parete esterna, la loro ricostruzione e la costruzione di una nuova copertura».
I firmatari si soffermano poi sulla situazione attuale del cantiere, documentata da una foto datata 31 luglio 2025: «La foto, del 31 luglio 2025, permette di vedere chiaramente qual è la situazione attuale. Le demolizioni sono state eseguite secondo la norma, perché dell’edificio esistente sono stati demoliti tutti i piani, tranne tre delle pareti esterne del piano terra; sono stati demoliti anche il solaio tra piano terra e primo piano e la parete esterna occidentale, quella prospiciente Piazza dei Valdesi. Il problema è la ricostruzione, perché in aderenza a tre delle pareti è già stata realizzata la nuova struttura in cemento armato e presto si procederà alla ricostruzione della parete demolita, del solaio e della copertura, oltre ad opere accessorie come, per esempio, la tanto enfatizzata terrazza. Tutto ciò platealmente al di fuori di quanto previsto dalla Legge che ammette soltanto “interventi di demolizione senza ricostruzione”». Infine, le organizzazioni richiamano la giurisprudenza in materia e denunciano il rischio di illegittimità amministrativa e responsabilità penale: «Si può aggiungere, da ultimo, che, mancando il parere dell’Autorità di Bacino, è illegittimo il procedimento autorizzativo, come da sentenza della Corte di Cassazione sez. III n. 50500 del 19 settembre 2023; inoltre si configura un reato penale ai sensi dell’art. 44 lett. a) D.P.R. 380/2001, secondo la sentenza della Corte di Cassazione sez. III n. 36397 del 7 ottobre 2011, come già messo in evidenza da un esposto presentato dai sottoscritti alla Procura della Repubblica di Cosenza in data 11 aprile 2025». (redazione@corrierecal.it)

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