Le intercettazioni su tutti gli uomini e le donne del presidente, ma su Roberto Occhiuto non emerge quasi nulla, solo dei «presumibilmente»
La prova al momento in questo fluente troncone d’inchiesta manca e si limita a segnalare spesso il «verosimilmente»

Agosto calabrese del 2025 catapultato in campagna elettorale con inattesi tavoli di consultazione tra partiti e schieramenti, pratiche di scioglimento del Consiglio regionale, borsino di candidati da confermare e defenestrare.
Tutto determinato dall’inchiesta giudiziaria nei confronti dell’indagato presidente Roberto Occhiuto che ha proclamato lo sciogliete le righe indicendo nuove elezioni e chiedendo giudizio sul suo operato al popolo elettore.
E le notizie sull’inchiesta? Le novità, meglio dire informazioni di contesto, più rilevanti provengono da atti, resi noti, con la sintesi di diversi stralci, da due pubblicazioni del quotidiano “L’altravoce” che ha dato conto di dettagli e nominativi coinvolti in presunti reati, fatti, contesti e battute in libertà.
Per meglio capire testo e contesto abbiamo analizzato i documenti inviati al magistrato, che ha incrociato determine, delibere e intercettazioni ambientali e telefoniche nei confronti di diverse persone soprattutto Antonino Daffinà, commercialista e sub commissario alla depurazione su nomina della Meloni di concerto con i ministri Pichetto Fratin e Fitto. Una figura, quella di Daffinà, che emerge come spicciafaccende di vicende politiche e amministrative di Sanità regionale, nomine di parchi, edilizia popolare e forniture di servizi con società che transitano dal suo studio.
E il presidente Roberto Occhiuto quando compare sulla scena che ruolo ha negli atti? Afferma di non conoscere le vicende, chiede lumi a dirigenti di settore, invita a «guardare al settore». Oppone rifiuti a richieste di un partito alleato per una nomina all’Aterp («Ma quello è un mascalzone»), chiede informazioni su segnalati all’Unical, discute sull’opportunità e pone dubbi sulla procedibilità da parte del Consiglio regionale alla nomina alla Presidenza di un Parco, di un aspirante con ruolo di commissario, con inchieste pendenti sulla vecchia Rimborsopoli locale. E quando un suo assessore gli prospetta l’indicazione di Daffinà per la nomina di un dirigente regionale in una casella di vertice dell’Arpacal la risposta perentoria è: «Daffinà non c’entra niente con queste cose».
Roberto Occhiuto non è un estraneo ma sul suo conto in queste carte non esistono prove regine, solo supposizioni degli investigatori precedute spesso dall’avverbio «presumibilmente», qualcosa quindi di verosimile, il frutto di un’ipotesi investigativa che non ha certezza. La prova al momento in questo fluente troncone d’inchiesta manca e si limita a segnalare spesso il «verosimilmente».
Daffinà nella lente investigativa viene descritto come soggetto strettamente legato a Roberto Occhiuto, commercialista di fiducia (si è occupato in questa veste dello scioglimento della società con l’indagato Posteraro) e indicato come amico e confidente e sarà la terzietà del giudice a valutare la rilevanza di un rapporto non proprio stretto e condiviso.
Il gravame dell’inchiesta si riversa su Daffinà per rapporti e ingerenze su posti letti e convenzioni da dirimere, sulle sue società che crescono di fatturato durante l’ultimo governo regionale e sulle sue amicizie a Reggio Calabria e Crotone con privati che cercano guarentigie.
Si apprende di una famiglia titolare di una struttura sanitaria «da sempre vicina a Forza Italia» e con parentele con la moglie del solito Daffinà, il quale segue una delibera di loro interesse cruciale per il posizionamento sul mercato. E Daffinà chiama, cerca, si affanna affermando «Alla Montilla ci parlo io», oppure con un perentorio «Questo qua dovete farlo», e quando nei meandri della burocrazia si sono perse le carte si sente la mega dirigente dire: «Tutto a posto l’abbiamo trovata».
Si riportano anche le battute sulle «ricompense» per tanto interesse rubricate a salame buono di propria provvista e crociera con piaceri.
Non mancano le notizie a latere poco utili al magistrato come quella che vede alcuni dei coinvolti lamentarsi per 7 milioni di finanziamenti alle chiese di Cassano mentre a quelle di Reggio ne sono andati solo 3. Ci si lamenta anche dei compensi dell’assistente social del presidente, (indagata per essere stata presa in carico da Daffinà) e biasimata per non aver accettato il risarcimento di 300000 euro per l’incidente in cui ha rischiato la propria vita. Daffinà che si nega al telefono ad un politico «Così impara a parlare sempre male della Regione di Occhiuto. Quello è un quaquaraquà». Citazione sciasciana che non poteva mancare in una prosa di tal fatta.
A ciascuno il suo.
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