Da Bologna a Palermo, passando per Piscopio: il viaggio della droga tra «basi logistiche e corrieri»
Anche «custodi e ausiliari» a disposizione: la Cassazione conferma «l’organizzazione articolata» del gruppo dedito al narcotraffico legato ai Piscopisani

VIBO VALENTIA Un’entità «autonoma» rispetto al clan dei Piscopisani, fortemente articolata tale da estendersi in tutta Italia, da Palermo a Bologna. Ma il cui fulcro centrale risiedeva sempre nella piccola frazione vibonese. La Cassazione, nello scrivere le motivazioni del processo Rimpiazzo contro il clan di Piscopio, non solo ne riconosce e certifica l’esistenza, ma si concentra anche sull’«articolata organizzazione» del gruppo dedito al traffico e allo spaccio di droga, confermando le principali condanne inflitte dai giudici d’appello. Tra questi Rosario Battaglia, ritenuto tra i promotori dell’associazione e già al vertice dei Piscopisani e condannato a 28 anni, mentre tra i «sodali» dediti allo spaccio l’accusa includeva anche Nazzareno Galati, condannato definitivamente a 13 anni e 8 mesi, stessa pena ottenuta da Benito La Bella, per il quale la Cassazione ha disposto annullamento con rinvio per un solo capo.
L’organizzazione collaudata del gruppo
Per i giudici l’autonomia del gruppo è dovuta sia alla «propagazione in altri territori» sia per l’adesione di soggetti diversi e non per forza legati al clan dei Piscopisani. La sentenza certifica l’esistenza di un’organizzazione ben collaudata, che prevedeva «la gestione di più piazze di spaccio», i trasporti dello stupefacente, soprattutto cocaina e hashish, «tramite lo stabile apporto di corrieri e custodi delle sostanze», questi ultimi anche slegati dal clan di Piscopio. Il gruppo, per i giudici, era dotato di vere e proprie «basi logistiche» con tanto di «sottogruppi» (uno bolognese, uno vibonese, uno siciliano) che avrebbero collaborato per «la custodia e il trasporto della sostanza stupefacente».
Corrieri da Bologna a Palermo, passando per Vibo
Per la Cassazione regge la sentenza d’appello, rigettando i ricorsi di che reputava carenti le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Raffaele Moscato, che aveva descritto le modalità di spaccio e traffico di droga del gruppo. Per gli ermellini però alle versioni del pentito si aggiungono anche le intercettazioni, gli appunti della polizia giudiziaria e «l’accertamento di plurimi reati fine». Tre le città coinvolte nel traffico di stupefacenti, legate da un filo che da Bologna arriva a Palermo, passando per Vibo. La droga viaggiava «da e per la Calabria» grazie a una fitta rete di «custodi e corrieri». Per questo, scrivono i giudici, si tratta di «un’organizzazione articolata, con ripartizione di ruoli, che agiva attraverso gli organizzatori, a monte, preposti a individuare canali di approvvigionamento e di smercio all’ingrosso». In seguito, sempre gli organizzatori elargivano in base al lavoro svolto la ricompensa. Tanto che i vertici dell’associazione, secondo il pentito Moscato, tenevano «un libro di tutte le entrate e di tutte le uscite». (ma.ru.)
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