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‘Ndrangheta, il sogno (fallito) di scansare i Mancuso: la parabola dei Piscopisani

La Cassazione cristallizza l’esistenza del clan nato nella piccola frazione vibonese. Dalla faida con i Patania all’alleanza con i Bonavota

Pubblicato il: 12/08/2025 – 19:30
di Giorgio Curcio
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‘Ndrangheta, il sogno (fallito) di scansare i Mancuso: la parabola dei Piscopisani

VIBO VALENTIA In principio era l’inchiesta “Crimine”, poi a suggellarne definitivamente l’esistenza è stata la Corte di Cassazione, al termine del processo nato dall’inchiesta “Rimpiazzo” celebrato con rito ordinario. Il locale di ‘ndrangheta di Piscopio c’è, esiste. Non è il frutto di una narrazione giudiziaria o una invenzione criminale. Dopo il riconoscimento da parte delle organizzazioni di ‘ndrangheta del comprensorio ionico-reggino, sono dunque gli ermellini a scrivere la parola fine ad una capitolo sanguinario della lunghissima storia dei clan calabresi. Secondo la tesi accusatoria, dunque, dalla piccola frazione di Vibo Valentia la cosca è riuscita ad affermarsi nel settore delle estorsioni, anche (e soprattutto), in posizione di contrasto con le più potenti cosche mafiose operanti del comprensorio Vibonese: dagli egemoni Mancuso di Limbadi ai Lo Bianco di Vibo Valentia, dei Tripodi di Vibo Marina e dei Patania di Stefanaconi, con i quali, peraltro, la contrapposizione era sfociata in una faida sanguinosa.

Scansare i Mancuso

A proposito di “Crimine”, la sentenza irrevocabile aveva già messo un punto sui contatti e le trattative tra i promotori del gruppo dei Piscopisani, individuati in Salvatore Giuseppe Galati, Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo, con esponenti della ‘ndrangheta reggina, appartenente alla cosca Commisso di Siderno. Trattative che, secondo la Cassazione, erano state accertate anche nella sentenza del procedimento denominato “Minotauro” dalla Corte d’Appello di Torino. E poi “Zain” e “Lybra” e in quello relativo all’omicidio di Fortunato Patania, avvenuto nell’ambito della faida tra i Piscopisani e la cosca rivale dei Patania di Stefanaconi. Secondo la Cassazione, dunque, i Piscopisani hanno sempre avuto come obiettivo principale quello di esercitare il controllo delle attività economiche e imprenditoriali, attraverso la commissione «reiterata e sistematica di un numero indeterminato di estorsioni, danneggiamenti e minacce nei confronti degli operatori economici della zona», sempre contrapponendosi in maniera anche violenta ai gruppi già operativi sul posto, come i Mancuso di Limbadi e i Tripodi di Vibo Marina.

La faida con i Patania

Per gli ermellini è altrettanto significativa l’operazione “Romanzo criminale” avente ad oggetto la faida intrapresa contro la famiglia Patania di Stefanaconi. La sentenza impugnata segnala che, in quel procedimento, centrale è risultata la deposizione del collaboratore di giustizia Raffaele Moscato, intraneo alla cosca dei Piscopisani, reo confesso dell’omicidio Patania, da lui indicato come boss di Stefanaconi con competenza estesa su tutta la zona della valle del Mesima, legato al clan Mancuso e a Giuseppe Mancuso, del quale aveva coperto la latitanza negli anni 90, in ottimi rapporti con Rosario Battaglia e i Piscopisani. Come è emerso, a causare la rottura dei rapporti era stato l’omicidio di Michele Mario Fiorillo, ucciso da Fortunato Patania per dissidi sorti per lo sconfinamento di animali nella proprietà del primo. Altre dichiarazioni fondamentali quelle di Andrea Mantella «elemento di spicco della criminalità organizzata vibonese, alleato dei Piscopisani e in contrasto con la cosca Mancuso di Limbadi», sottolinea la Cassazione. E poi le dichiarazioni di Loredana Patania e dagli altri collaboratori esaminati nel processo di primo grado.

Piscopisani & Bonavota

Altro spunto giudiziario sottolineato dalla Cassazione è l’esito del processo “Grigia” nel quale veniva fatto riferimento alla cosca dei Piscopisani appoggiati dalla cosca dei Bonavota, considerando prove dichiarative le dichiarazioni dei collaboratori Moscato, Mantella, Bartolomeo Arena, Daniele Bono e Loredana Patania, i quali hanno descritto, secondo i giudici di merito, in maniera convergente la nascita della locale di Piscopio, nella seconda metà del 2009, promossa da Giuseppe Salvatore Galati, detto “Pinu ‘u ragioniere”, Nazzareno Fiorillo, Rosario Fiorillo, Michele Fiorillo (giudicati separatamente) e da Rosario Battaglia. Si tratta di sodalizio che coinvolgeva le più potenti consorterie di ‘ndrangheta del reggino e che si avvaleva del sostegno militare delle altre consorterie operanti sul territorio, contrapposta al sodalizio egemone dei Mancuso e, in particolare, la fazione della famiglia capeggiata da Luni Mancuso (Pantaleone Mancuso) che si avvaleva dell’alleanza con i Patania. (g.curcio@corrierecal.it)

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