‘Ndrangheta e il “capodanno della cocaina”: l’impero della droga gestito come un’azienda dalle cosche
Cocaina, crack e Fentanyl: i “manuali di marketing” dei pusher reggini

REGGIO CALABRIA Analisi sul “mercato” del traffico di sostanze stupefacenti a Reggio Calabria e provincia, con la constatazione del fatto che sul territorio della Piana di Gioia Tauro ci fosse «troppa concorrenza». Le conoscenze nell’ambito da parte degli indagati dell’inchiesta “Oikos” della Dda reggina sembrano varie e approfondite, come emerge dalle conversazioni che secondo gli investigatori dimostrano “estrema perizia nel settore”. Indagati che analizzavano anche come le vendite potessero incrementare di molto in un periodo ben preciso dell’anno. Tutte informazioni preziose per l’organizzazione smantellata, dedita a una capillare attività di spaccio di cocaina, crack, hashish, marijuana (nelle conversazioni si fa anche riferimento al fentanyl), realizzata attraverso una fitta rete di clienti abituali e fornitori. Una organizzazione diretta dalla provincia reggina, da San Roberto, con proiezioni anche in Sicilia. Al vertice, secondo le indagini, c’era Antonio Caracciolo, per l’accusa, con il ruolo di «promotore, dirigente, organizzatore e finanziatore dell’associazione».
L’analisi del mercato della droga
Un mercato, quello degli stupefacenti, che come emerge dalle conversazioni, gli indagati conoscevano bene, tanto da discutere sulla provenienza, lavorazione e tipologia dello stupefacente, indicato in “Peruviana” e “Boliviana”. In uno stralcio di conversazione, Antonio Caracciolo e Domenico Laganà, in particolare, si confrontavano proprio sulle tipologie di cocaina oggetto di trattativa e sulla relativa qualità, dimostrando, secondo gli investigatori, estrema perizia nel settore e non lasciando, ancora una volta, alcun dubbio sulla tipologia della sostanza – cocaina -, in virtù delle relative modalità di assunzione: «è lenta a pippare ma è forte a fumare la Peruviana».
I grandi affari a Capodanno e la «concorrenza spietata» nella Piana
«Sai quando sì spaccano?». «La vigilia di Capodanno». «Bravo!». «Dal giorno venti alla vigilia di Capodanno”, c’è quello che gli indagati definiscono «il macello (u pizziu)». I due si dicevano particolarmente entusiasti per l’approssimarsi del periodo natalizio, periodo in cui di registrava un incremento delle vendite di droga. Un periodo ottimale, insomma, per fare affari. E “l’analisi di mercato” va avanti quando i due evidenziano come a Reggio Calabria fosse possibile piazzare anche sostanza stupefacente non proprio di ottima qualità. Secondo Laganà, lo stesso non poteva essere fatto sul mercato della Piana di Gioia Tauro, una strategia commerciale che poteva rivelarsi un grave errore che avrebbe favorito la «spietata concorrenza». «Non siamo a Reggio qua, a Reggio gli puoi calare i pacchi come vuoi, qua c’è troppa concorrenza (…) io a Reggio gliela puoi dare come vuoi, qua c’è troppa concorrenza».
Ed era ancora Laganà, ascoltate le difficoltà incontrate da Caracciolo a Reggio Calabria nel riscuotere i crediti da alcuni clienti, a dare sfogo al suo «ego “imprenditoriale”», sostenendo, tra le altre cose, di saper usare all’occorrenza la «mazza da baseball» per farsi pagare lo stupefacente dai clienti insolventi: «Li prendo con il legno, ho una mazza da baseball».
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