Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 6:57
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 3 minuti
Cambia colore:
 

maestrale

‘Ndrangheta, l’ergastolo a Domenico Polito “custode” della cosca di Mileto e «braccio destro» del boss Galati

La condanna emessa nei confronti del 51enne alias “Ciota” dai giudici del Tribunale di Catanzaro, coinvolto anche nell’omicidio Corigliano del 2013

Pubblicato il: 16/09/2025 – 11:39
di Giorgio Curcio
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
‘Ndrangheta, l’ergastolo a Domenico Polito “custode” della cosca di Mileto e «braccio destro» del boss Galati

VIBO VALENTIA Figura di riferimento della ‘ndrina di Paravati nonché «uno dei più stretti fiduciari del capo ‘ndrina Michele Galati con un ruolo centrale all’interno del “locale” di Mileto». Ad inchiodare Domenico Polito alias “Ciota” (cl. ’74) sono i giudici del Tribunale di Catanzaro che lo hanno condannato all’ergastolo al termine del processo “Maestrale”, celebrato con rito abbreviato.

I rapporti e il ruolo di vertice

A Polito, dunque, i giudici hanno riconosciuto la capacità di intrattenere rapporti diretti e continuativi con altri esponenti della criminalità organizzata attivi nella provincia vibonese mentre – sotto la direzione di Michele Galati – contribuiva alla definizione degli obiettivi del sodalizio, alla pianificazione delle azioni delittuose e agli equilibri tra i diversi gruppi criminali della zona.
In particolare – sempre secondo i giudici – Polito era incaricato della «gestione della cosiddetta cassa comune della cosca», nonché del supporto a Galati nella cura delle relazioni con i sodali detenuti, «provvedendo alla trasmissione delle comunicazioni tra questi ultimi e gli affiliati in stato di libertà». Un ruolo di vertice, quello di Domenico Polito, cristallizzato anche dalle vicende estorsive.

Lettere e telefonate

I giudici richiamano, poi, un altro episodio ovvero la lettera di Salvatore Pititto, il quale scriveva a Polito «manifestandogli stima e rispetto, chiedendogli di porgere i saluti al “Massaro” (soprannome di Michele Galati) e a suo fratello Domenico». E poi la telefonata (intercettata) risalente al 15 maggio 2018, nel corso della quale lo stesso Polito riferiva a Michele Galati di aver ricevuto da Fortunato Galati l’ordine di «provvedere all’allontanamento dalla Calabria di Fortunato Mangone, reo di essersi comportato in maniera sconveniente nei confronti del proprio suocero».

L’omicidio Corigliano

«C’ero io là, Michele, quel giorno! Hai capito? (…) io ho guardato che non passassero i Carabinieri… hai capito?!». Dall’inchiesta della Dda e dal processo è emerso, inoltre, il ruolo di assoluto protagonista di Polito anche nell’omicidio di Angelo Antonio Corigliano, avvenuto il 19 agosto 2013 a Mileto.
Nel corso di una conversazione intercorsa con Michele Galati, Polito forniva un dettagliato racconto dello svolgimento e della successione degli eventi, «identificando i soggetti esecutori dell’azione criminosa e ammettendo la propria presenza al momento dell’esecuzione del piano delittuoso», annotano i giudici nelle motivazioni. Oltre alla sua presenza sul luogo dell’omicidio, Polito ha dichiarato anche di «aver preso parte al summit nel quale era stata decisa la morte di Corigliano», annotano ancora i giudici. «(…) lo dovevano fare qua! Come parcheggiava qua… che la mattina veniva a prendersi il cafre… Eh! E me lo dici a me…». «Poi è venuto Turi e mi ha detto “la mattina ehhh… lo facciamo qua… come si allontana qua… davanti a quella traversa… hai capito!? E io gli ho detto “no, qua no!”».
Per i giudici, dunque, «da tali dichiarazioni emerge non solo la partecipazione materiale di Polito all’esecuzione dell’omicidio di Angelo Antonio Corigliano, ma anche la sua presenza al summit mafioso in cui era stato deciso e pianificato l’evento criminoso» e ciò «smentisce espressamente la tesi difensiva secondo cui Polito non avrebbe mai preso parte a riunioni di natura criminale». (g.curcio@corrierecal.it)

Argomenti
Categorie collegate

x

x