Dalla latitanza di Strangio alla “bacinella” comune: la rete di droga e alleanze dei clan nel Cosentino
In aula, focus sui «gruppi criminali» guidati da Di Puppo e Illuminato. L’appoggio al latitante reggino e la gestione dei danari della Confederazione

COSENZA Si torna in Corte d’Assise a Cosenza per una nuova udienza del processo scaturito dall’inchiesta della Dda di Catanzaro denominata “Recovery”, una costola della maxi operazione “Reset”, che confermerebbe l’esistenza di una confederazione di ‘ndrangheta in terra bruzia. L’accusa in aula è sostenuta dal pm della Distrettuale Antimafia, Corrado Cubellotti.
I gruppi criminali
In aula, è ripreso l’esame del testimone Antonio Donato, sostituto commissario in quiescenza, all’epoca dell’inchiesta in servizio alla squadra mobile Cosenza. L’attenzione è stata rivolta ai due presunti gruppi criminali attivi nel Cosentino, uno farebbe capo a Michele Di Puppo e l’altro ad Antonio Illuminato mentre Mario Piromallo è «autonomo, non fa parte di nessun gruppo, riveste un ruolo partecipativo di vertice». Gli altri tre presunti clan gravitanti nell’orbita del crimine bruzio, secondo il commissario, sarebbero guidati da Adolfo D’Ambrosio, Roberto Porcaro e Salvatore Ariello. Quest’ultimo viene tirato in ballo dal teste quando fa riferimento ad una intercettazione in cui discute insieme a Michele Rende delle «difficoltà riscontrate nel trasporto di droga» e «si fa riferimento a Francesco». Che – come precisa il teste – è Patitucci.
L’arresto di Strangio, il collegamento con Di Puppo
La sera di San Valentino del 2019, in contrada Petraro a Rose – in provincia di Cosenza – alle 20.45 scatta il blitz dei carabinieri dei Comandi Provinciali di Cosenza e Reggio Calabria. L’obiettivo è Francesco Strangio (cl. ’80) sul quale pende un mandato di cattura in quanto colpito da un ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria. Secondo l’accusa, i clan di ‘ndrangheta nel Cosentino avrebbero «favorito la latitanza di un condannato di un’altra consorteria criminale», collaborando nella fornitura di sostanza stupefacente con l’associazione di narcotraffico. E’ il 20 febbraio 2019, un giorno dopo la cattura quando gli uomini della squadra mobile di Cosenza – a seguito di una segnalazione – si recano nei pressi del luogo del blitz e in un terreno adiacente rinvengono tre «pacchi di cocaina dal peso complessivo di 3 chilogrammi». Una notizia rilevante per quanto attiene l’indagine dedicata al narcotraffico, ma ancora più importanti sono gli indizi che consentirebbero di cristallizzare il rapporto esistente tra Strangio e Di Puppo. In particolare, gli uomini delle forze dell’ordine – come ricorda il teste in aula – analizzano «il telefono cellulare trovato nel covo» e segnalano alcune utenze sospette, memorizzate, e presumibilmente utilizzate per comunicare con l’esterno e con Di Puppo.
Il “gruppo” Illuminato e la “bacinella”
Il racconto fornito dal commissario si muove, alternando ricostruzioni legate alla figura di Di Puppo con riferimenti ed episodi che caratterizzano l’azione di Antonio Illuminato. Quest’ultimo è tra coloro che «si reca a casa di Francesco Patitucci» che, al proprio interlocutore, avrebbe mostrato «risentimento nei confronti della figura di Mario Piromallo, definito “Asso piglia tutto” perché non condivide alcune decisioni con i vertici, ad esempio quelle legate ai proventi illeciti». La discussione su Illuminato porta il commissario a soffermarsi sulla figura di Silvia Guido, ex moglie di Roberto Porcaro. Secondo il teste, infatti, sarebbe detentrice della “bacinella“, la cassa comune della mala dove confluivano parte degli introiti delle attività illecite. Sarebbero alcune discussioni, intercettate, a dare prova della ricostruzione proposta dall’investigatore. Silvia Guido «discute con Illuminato della disponibilità economica per l’acquisto di droga», ma non solo. Sono diverse le richieste di denaro che sarebbero giunte alla donna, provenienti anche da Salvatore Ariello. Quest’ultimo avrebbe richiesto in una occasione «30mila euro» e in un’altra circostanza «33mila euro».
L’arresto di Michele Rende e la partita di cocaina
Ritenuto uno degli «uomini di fiducia di Patitucci», Michele Rende viene arrestato il 30 luglio 2021 quando viene trovato in possesso di oltre 500 grammi di cocaina purissima. La droga viene sottoposta a sequestro e secondo gli investigatori la vendita avrebbe fruttato circa 25mila euro. Guido e Illuminato, intercettati commentano l’episodio e mostrano disappunto per il “colpo” ricevuto. Il presunto capo del gruppo scrive «io fortuna no ne ho, hanno preso al compare tuo piccolo», la reazione di Guido è netta: «mannaia quando?».
Tra le figure che Illuminato incrocia nel suo percorso criminale vi è Carlo Bruno, ritenuto dalla Dda «uno degli elementi particolarmente attivi nello spaccio delle sostanze stupefacenti». A lui – riferisce il teste – sarebbe demandato il compito di approvvigionare il gruppo di hashish e marijuana e sarebbe anche a capo di «un sottogruppo di spaccio». Tra le conversazioni intercettate, il testimone – in aula – riporta il resoconto di una captazione nella quale Bruno chiede ad Illuminato lumi sul reperimento di una quantità di droga. «Per l’erba abbiamo risolto?», la risposta è negativa. Bruno non si scoraggia e riesce a reperire un canale alternativo che potrebbe cedere «20 Kg al prezzo di 2.50 euro al grammo», ma prima di procedere con la trattativa chiede l’autorizzazione ad Illuminato che «prima voleva vederla». I due si danno appuntamento, ma da quanto è emerso la trattativa si sarebbe poi definitivamente arenata. (f.benincasa@corrierecal.it)
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