‘Ndrangheta a Cetraro, gli spari al “Castello”. «Se aprite saranno buttate tre granate anticarro in mezzo la folla»
La circostanza emersa nell’inchiesta odierna della Dda di Catanzaro. Scoperta una presunta associazione «legittimata dalla cosca Muto»

CETRARO Una serie di reati hanno contribuito a generare a Cetraro e nell’hinterland un diffuso stato di «assoggettamento materiale e psicologico tale da indurre le vittime a subire passivamente vessazioni e soprusi». E’ uno dei passaggi più significativi dell’ordinanza di accoglimento delle misure cautelari personali eseguite nell’ambito di un blitz, coordinato dalla Dda di Catanzaro, e concluso – questa mattina all’alba – dagli uomini e dalle donne in servizio al Comando Provinciale Carabinieri di Cosenza. Sul Tirreno Cosentino, sono diversi gli episodi segnalati da chi indaga definiti di «rilevante allarme sociale» che appaiono «ampiamente dimostrative della sussistenza di un concreto e attuale pericolo di recidivanza».
I collegamenti con la cosca Muto
Gli investigatori, al termine di una intensa attività investigativa, ritengono di aver individuato un’associazione mafiosa capeggiata da Giuseppe Scornaienchi (per lui è stata disposta la misura cautelare in carcere), costituita ed operante con «l’assenso e in virtù della legittimazione proveniente dalla storica locale di ‘ndrangheta riferibile al clan Muto di Cetraro». Una derivazione per utilizzare un gergo investigativo. Ognuno avrebbe assunto uno specifico ruolo all’interno del presunto gruppo criminale. Scornaienchi, come anticipato, sarebbe «promotore e dirigente» impegnato a dettare regole e fissare obiettivi. Il presunto vertice del sodalizio si era reso irreperibile, al pari di un altro indagato nella odierna inchiesta: Giuseppe Antonuccio.
L’organizzazione si sarebbe avvalsa della collaborazione di Severino Caruso (ai domiciliari), uomo in grado di garantire la «base logistica» dove custodire il «materiale utile al gruppo criminale per la commissione dei reati».
La tentata estorsione al “Castello”
«Con l’aggravante dell’aver commesso il fatto per perpetrare il tentativo di estorsione pluriaggravato». E’ l’accusa nei confronti di uno degli indagati, finiti in carcere al termine dell’odierno blitz. L’accusa lo ritiene uno degli uomini che «in concorso con altri soggetti ancora non compiutamente identificati», avrebbe portato «una pistola semiautomatica, utilizzata per esplodere colpi d’arma da fuoco e danneggiare la porta di emergenza della discoteca “il Castello”», a Sangineto. L’azione perpetrata, sarebbe servita a costringere ad imporre ai gestori del locale «il servizio di sicurezza della discoteca e/o a corrispondere una quota parte dei profitti conseguiti». L’azione sarebbe stata conclusa con «un messaggio a contenuto minatorio e mafioso», recapitato ai destinatari, «scritto su una busta, lasciata all’ingresso del locale» con scritto “se aprite stasera saranno buttate 3 granate anticarro in mezzo la folla (…) e sarete responsabili della morte di innocenti. Siamo pronti allo scontro armato”. (f.b.)
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