‘Ndrangheta, i Bellocco di Rosarno e l’ambizione del boss Umberto “Chiacchiera”. «Alla prima virgola fuori posto vuole la guerra»
Nelle motivazioni firmate dal gup distrettuale di Reggio, la figura del “giovane” boss che ragionava secondo «vecchie regole di ‘ndrangheta»

REGGIO CALABRIA Un boss recluso che predicava l’unità della famiglia mafiosa e la comunione di intenti tra i leader storici della cosca, tenendo conto del tracciato segnato dal giovane reggente con l’obiettivo di tornare a essere l’aggregazione dominante. Un’ambizione mai nascosta che riguardava il futuro della famiglia Bellocco di Rosarno, una delle consorterie di ‘ndrangheta più potenti di sempre. E Umberto Bellocco (cl. ’83) lo sapeva bene. Era lui, infatti, il «fautore delle regole del passato» e aveva preteso «la compattezza della propria consorteria», ponendo già le basi per capire l’indirizzo e la prospettiva della cosca alla luce della sua azione di comando messa in atto una volta tornato in libertà.
Le motivazioni
È quanto riporta il gup distrettuale di Reggio Calabria, Margherita Berardi, nelle centinaia di pagine di motivazioni del processo “Blu Notte” che, a settembre dello scorso anno, aveva portato alle condanne pesanti dei presunti appartenenti alla cosca Bellocco di Rosarno. Scattata nel dicembre 13 dicembre 2022, l’operazione era stata eseguita dai Carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria. Tra quei nomi anche diverse donne, alcune delle quali colpite dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere, come Emanuela Bellocco, sorella di Umberto classe ‘83, condannata a 14 anni, 8 mesi e 10 giorni.
Il cognato Palaia, le estorsioni e le “guardianie”
Per i giudici che lo hanno condannato – accogliendo la tesi accusatoria – Umberto Bellocco è coinvolto nell’estorsione ai danni di Artuso ma ha anche istigato il cognato, Francesco Benito Palaia (quest’ultimo condannato a vent’anni) a «riscuotere i proventi delle estorsioni sul territorio di contrada Romano», sottoposto storicamente alla loro “guardiania” – scrivono i giudici – chiedendo informazioni sui singoli proprietari ed incitandolo ad intervenire con pesanti danneggiamenti ai danni dei proprietari terrieri non accettando la corresponsione di cifre irrisorie «per non perdere il controllo del territorio». Il boss detenuto veniva «costantemente informato sul contrasto con i Laureanesi ed i Giffonesi per lo sfruttamento delle risorse boschive nel territorio tra Galatro e Giffone».
Le dichiarazioni dei pentiti
Il materiale probatorio a carico del boss di Rosarno trova conforto – sempre secondo i giudici – nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Come, ad esempio, Vincenzo Albanese che ha «riferito della sua appartenenza alla cosca con carica elevata, della dedizione ad azioni criminali contro il patrimonio ed in materia di traffico di stupefacenti, precisando l’origine del soprannome “Chiacchiera” in ragione della spavalderia che lo caratterizzava perché, se commetteva tre rapine in fila, lo diceva senza remore», scrivono i giudici nelle motivazioni. Il collaboratore Giuseppe Cacciola riferiva sinteticamente che Umberto Bellocco (cl. ’83) era «uno dei componenti della cosca più violenti, erede del prestigio criminale del padre e destinato a reggere la cosca in assenza del fratello e dei cugini».
E, infine, i giudici citano una intercettazione il cui protagonista è ancora il cognato, Francesco Benito Palaia, nel corso di una lunga conversazione intercettata. «(…) di qua a tre mesi esce uno, mi pare che si possono chiudere davvero tutti… quello là esce dal carcere che è da 14 anni che è dentro, è uscito sei mesi nel 2014… come questo esce alla prima virgola fuori posto vuole guerra perché ragiona come cinquant’anni fa». (g.curcio@corrierecal.it)
La precisazione dell’avvocato Cianferoni
«Per il sign. Umberto Bellocco cl.91 figlio di Carmelo, per significare come il medesimo non sia coinvolto nel processo Blu Notte e pertanto errata la pubblicazione della sua fotografia in epigrafe all’articolo “Ndrangheta: i Bellocco di Rosarno e l’ambizione del boss Umberto “Chiacchiera”. Alla Prima virgola fuori posto vuole la guerra”».
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