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tra presente e futuro

Il Cosenza calcio e il restyling di uno stadio vuoto

Domani si inaugura il progetto da 7 milioni, ma il “Marulla” è deserto da tempo. Il pallone è diventato metafora di una città disillusa e stanca

Pubblicato il: 23/10/2025 – 10:26
di Francesco Veltri
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Il Cosenza calcio e il restyling di uno stadio vuoto

COSENZA Avete presente quelle grandi inaugurazioni, i rendering patinati, le conferenze stampa con tanto di assessori e architetti col sorriso da showroom? Ecco, mentre la Cosenza pallonara affonda nella frustrazione generale, a Palazzo dei Bruzi ci si appresta a tagliare nastri in vista di uno stadio San Vito-Marulla più splendente.
Venerdì 24 ottobre, alle 11 in punto, il sindaco Franz Caruso presenterà il concept del nuovo stadio San Vito-Gigi Marulla. Un progetto – è stato annunciato – «pensato non solo per il calcio, ma come volano di riqualificazione urbana». Parole importanti, come piace alla politica. Di quelle che suonano bene nei titoli, ma che oggi si sbriciolano alla prima folata di vento rossoblù.
Perché mentre si discute di curve che si avvicinano al terreno di gioco, la verità è che le curve – quelle reali, quelle del tifo – sembrano oggi più lontane che mai. Non per indifferenza, ma per una scelta consapevole, coraggiosa e dolorosa. Una forma di dissenso verso anni di gestione discutibile, culminata in un rapporto ormai lacerato con la proprietà del Cosenza calcio.
Lo stadio, oggi, è una cattedrale deserta. Nessun tifo, nessuna passione. Solo silenzi eloquenti e proteste mute. Sette milioni e rotti – stanziati dal Cipess, con il bollino Fsc 2021-2027 – serviranno per la prima fase: avvicinare le due curve. Una manovra chirurgica (anche se alla struttura, costruita negli anni ’60, servirebbe molto di più – ma di questi tempi bisogna accontentarsi), forse anche utile in prospettiva, ma che suona come un maquillage su un corpo che soffre da tempo.
Il progetto è firmato da Gau Arena, nome noto per impianti moderni. Il sindaco Caruso ci crede. O almeno ci prova. E dopo aver tuonato, il 29 settembre scorso, in un’assemblea pubblica al cinema San Nicola a dir poco turbolenta («porterò in Consiglio comunale la revisione della concessione dello stadio a Guarascio»), oggi si ritrova a fare il presentatore di un’opera senza pubblico.
Sì, perché da allora è passata un’elezione regionale e un mese esatto. Ma di quella «revisione» – almeno simbolica, perché nella realtà sarebbe complesso attuarla – nemmeno l’ombra. Eugenio Guarascio, intanto, è ancora lì. Immobile come solo certi presidenti sanno essere. Avvolto dalle sue promesse sulle trattative per la cessione del club da (non) portare a termine «a brevissimo» e dai fischi sonori ricevuti proprio al cinema San Nicola.
Tutto questo mentre la squadra si trova in un limbo sportivo: qualche lampo, altrettante ombre e una rosa da “vorrei ma non posso“.

Una città in rottura

Il problema, oggi, non è tanto lo stadio, ma è la frattura tra città e proprietà. E non lo dice solo la tifoseria: lo ha detto lo stesso sindaco, con parole scolpite nella pietra («rottura insanabile»). Lo dicono le presenze casalinghe: “Marulla” vuoto e due sconfitte su quattro partite.
Non c’è entusiasmo intorno a quella che in città è sempre stata la passione principale. Non c’è progetto tecnico, non c’è visione. E soprattutto, non c’è l’intenzione di prenderne atto, non esiste alcun segnale reale da parte di chi guida la società, nonostante il fragile spot – “Cosenza Identity” – lanciato lo scorso 3 ottobre dal dg Salvatore Gualtieri: da allora, non pervenuto come prima di lui i vari Lupo (scappato dopo neanche tre mesi «perché non c’erano le condizioni per andare avanti»), Micheli e Roma.
Guarascio sembra impermeabile a tutto questo. Cammina baldanzoso tra le macerie e intanto il tempo passa, le stagioni pure, mentre la passione rischia di essere archiviata tra i ricordi meno felici.
Intendiamoci, il nuovo stadio – o meglio, il restyling delle curve – non è una cattiva notizia. In un altro momento storico sarebbe stata accolta con partecipata curiosità e le solite immancabili polemiche per ciò che manca nel progetto (denaro in più compreso). Ma oggi non sembra in grado di risvegliare una tifoseria che ha scelto il silenzio come forma estrema di protesta per esprimere la propria stanchezza, il proprio dolore. Una tifoseria che ha deciso di non esserci, perché non può più riconoscersi in ciò che c’è.
La domanda da fare, allora, non è come sarà il nuovo San Vito-Marulla. Ma cosa si vuole fare, stavolta seriamente, per restituire dignità al calcio cosentino e ricucire uno strappo che va ben oltre i risultati sul campo.
Finché questa risposta non arriverà, si potranno anche avvicinare le curve al prato verde. Ma a restare, sarà solo il cemento. (f.veltri@corrierecal.it)

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